Diritti umani,
diritto umanitario ed Unione Europea
Nicoletta
Giganti
Thomas
International University
In questo articolo, mi concentrerò sulla graduale
trasformazione dell’Unione Europea da comunità economica a
comunità politica. In tale processo evolutivo il riconoscimento
dei diritti umani è stato una svolta decisiva. Per ragioni che
poi spiegherò, esso ha dato vita ad una relazione, seppur
minimale, di amicizia politica tra i singoli membri della
comunità europea sulla quale si è costruita l’identità della
comunità ed il senso di appartenenza ad essa.
Mi soffermerò su alcune riforme istituzionali che hanno reso più
coesa la comunità e sulla politica europea di aiuto umanitario
che ne rispecchia i valori e l’identità.
Purtroppo, nonostante i progressi compiuti, la legislazione
europea resta contraddittoria ed incoerente. Questo è un punto
di forte debolezza che mina le fondamenta della comunità
politica europea.
1. Diritti umani e Unione europea
I Trattati istitutivi delle Comunità Europee non contenevano
nessun riferimento alla tutela dei diritti umani. Al contrario,
nel Trattato di Roma (1957) la Comunità Europea era qualificata
quale Comunità Economica. Essa si formava inizialmente per
perseguire un obiettivo specifico: la creazione di un mercato
unico. Era, tuttavia, chiaro che questo tipo di interazione non
fosse adeguato alla formazione di una «comunità profonda»,
basata sulla «solidarietà»,
cui i Padri fondatori si erano ispirati.
Questo aspetto era chiaro, invece, alla sensibilità della Corte
di Giustizia che, fin da subito, pose le premesse per la
creazione di una comunità più matura, dotata di proprie regole e
di capacità autonoma di decisione, fondata sul bene comune. La
Corte di Giustizia, portando l’attenzione da settori specifici
dell’economia ai diritti dei cittadini, anticipava i futuri
sviluppi della Comunità Europea.
Dopo avere affermato, da una parte, l’efficacia diretta delle
norme comunitarie, rendendole così idonee a creare posizioni
giuridiche soggettive per i cittadini,
e, dall’altro, il primato di tali norme sul diritto nazionale,
la Corte poneva la necessità della tutela dei diritti
fondamentali. Con la celebre sentenza Stauder,
la Corte di Giustizia inaugurava una serie di decisioni nelle
quali essa stessa si faceva garante di tali diritti.
Con l’adozione dell’Atto Unico, i diritti umani fanno il loro
ingresso ufficiale nel sistema comunitario. Con esso, gli Stati
membri dichiarano di essere decisi a «promuovere insieme la
democrazia basandosi sui diritti fondamentali sanciti dalle
Costituzioni e dalle leggi degli Stati membri, dalla Convenzione
per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali e della Carta sociale in particolare la libertà,
l’uguaglianza e la giustizia sociale. Con il Trattato di
Maasticht (1992), poi, la CEE diventa semplicemente la
«Comunità europea» (CE). Inoltre, il nuovo Trattato crea
l’Unione Europea (UE) e impartisce agli Stati membri una serie
di ambiziosi obiettivi. Esso riconosce la cittadinanza europea e
rende effettiva la tutela dei diritti umani all’interno
dell’ordinamento comunitario. Il Trattato di Amsterdam (1997)
rafforza in misura considerevole lo status di cittadino europeo
fondando l’Unione «sui principi di libertà, democrazia, rispetto
dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dello stato
di diritto, princìpi che sono comuni agli Stati membri».
Cosa ancor più importante, tale trattato fissa nel rispetto dei
diritti umani il limite per l’adesione all’Unione di altri Stati
come membri.
Più recentemente, la Carta dei diritti fondamentali, proclamata
a Nizza (2000), e l’inserimento di essa nella Costituzione
europea confermano che la via seguita per lo sviluppo della
Comunità Europea è l’affermazione dei diritti umani.
Il fine della Comunità Europea si focalizza, oggi, non più su
un interesse particolare ma sulla condivisione del bene comune.
Il graduale riconoscimento dei diritti umani, infatti, ha
allontanato l’Unione Europea dal suo originario assetto
economico e ha dato vita ad una relazione di amicizia politica
tra i singoli membri della comunità europea: una relazione che
trova la sua radice nella natura dell’uomo.
Il rapporto tra amicizia e comunità politica è più chiaro nel
pensiero classico che in quello moderno. Mentre, infatti,
secondo alcune teorie contrattualiste, la comunità politica si
fonda su un atto di volontà, nel pensiero classico essa si fonda
sulla natura umana e sulla sua inclinazione all’amicizia.
«Nessuno sceglierebbe di vivere senza amici anche se fosse
provvisto in abbondanza di tutti gli altri beni».
L’uomo, infatti, non può bastare a se stesso. Secondo questa
prospettiva, la comunità politica nasce e si sviluppa per il
conseguimento della piena realizzazione umana, materiale e
spirituale. Ciò implica il riconoscimento di una serie di beni
umani che sono tali, cioè beni, per tutti i membri della
comunità. «L’amicizia, infatti, è comunione […]. Tutti gli
uomini […] volendo, infatti, vivere con gli amici, fanno e
mettono in comune le cose in cui, secondo loro, consiste la
vita».
Questa forte condivisione crea un rapporto di amicizia su cui si
edifica e si struttura la vita politica per il perseguimento del
bene comune.
Identità e senso di appartenenza distinguono la comunità
politica dalle altre forme di comunità.
2. Unione Europea e diritto umanitario
Il diritto internazionale umanitario viene usualmente definito
come «l’insieme dei princìpi generali, delle norme e
consuetudini dirette a proteggere tutti quanti gli esseri umani
che si trovano in situazioni di grave emergenza dovute ai fatti
dell’uomo o ad eventi naturali».
Benché il diritto umanitario si applichi in condizioni di
emergenza, esso, al pari dei diritti umani, si fonda
sull’esigenza di favorire gli aspetti fondamentali della
fioritura umana, primi fra tutti la salvaguardia della vita e
dell’integrità fisica e morale di tutte le persone. L’amicizia
si fonda sul desiderio di aiutare l’amico a realizzare gli
aspetti fondamentali della vita umana. Da questo punto di vista,
la politica europea di aiuto comunitario rispecchia quei valori
sui quali si fonda l’identità politica europea e che sono
dichiarati nella stessa Costituzione: il diritto alla vita e
alla tutela della dignità, la solidarietà e l’uguaglianza.
Ne seguiremo brevemente gli sviluppi, senza nessuna pretesa di
completezza, sino al regolamento comunitario 1257/96 che
istituisce l’Ufficio umanitario della Comunità Europea: un
ufficio alle dirette dipendenze della Commissione europea.
L’UE ha gradualmente fatto dei diritti umani una questione di
primo piano nelle sue relazioni con altri paesi e altre regioni,
tanto da farne un elemento essenziale di tali relazioni. Ciò è
particolarmente evidente nel caso dell’accordo di Cotonou,
l’accordo in materia commerciale e di aiuti che lega l’Unione
europea a 78 paesi in via di sviluppo dell’Africa, dei Caraibi e
del Pacifico (il gruppo ACP). Il mancato rispetto dei diritti
umani da parte di uno di questi paesi può comportare la
sospensione delle concessioni commerciali e la riduzione dei
programmi di aiuto.
La tutela dei diritti umani è da sempre stata al centro della
PESC (Politica estera e di sicurezza comune) e della PESD
(Politica per lo sviluppo). Tuttavia, la Comunità Europea ha
incontrato un ostacolo nella difficoltà di coniugare le
politiche nazionali dei singoli Stati membri.
Un esempio è dato dalla profonda frattura tra gli Stati membri
dell’UE rilevata nella primavera 2003 sull’opportunità che il
Consiglio di sicurezza dell’ONU autorizzasse la guerra condotta
dagli americani in Iraq.
Da questo punto di vista, il regolamento 1256/96 è stato un
punto di svolta decisivo. Esso, istituendo un ufficio umanitario
alle dirette dipendenze della Commissione europea, ha reso
unitaria la politica europea e ha creato una maggiore
coordinazione dell’azione comunitaria per l’attuazione dei
diritti umani, ritenuti universali ed indivisibili.
In particolare, tra le azioni comunitarie di aiuto umanitario
condotte tramite ECHO, ricordiamo quelle per il terremoto e per
l’inondazione in India, nel 2001, quelle in soccorso dei popoli
coinvolti nei conflitti bellici nei Balcani, in Africa e in
territorio palestinese. È stato anche prestato aiuto alle
popolazioni in Medio Oriente e in Afghanistan.
La Comunità Europea, tramite l’ECHO, si volge al di fuori dei
proprio confini con un’unica voce, rispecchiando un’unica
identità in cui i singoli membri si riconoscono. La Comunità
Europea parla con autorità.
3. Unione europea e comunità politica
Anche da un punto di vista istituzionale, alcune riforme hanno
reso la comunità politica europea più coesa.
L’ampliarsi delle competenze europee ha reso necessaria una
maggiore coordinazione delle azioni dei singoli in vista del
bene comune.
Ad ogni tappa che ha segnato l’integrazione europea, infatti,
la questione della legittimità democratica si è imposta
all’attenzione in modo sempre più forte. Sotto questo punto di
vista, due eventi sono particolarmente significativi: da un
lato, l’elezione diretta dei deputati europei e la formazione di
veri e propri partiti politici in seno al Parlamento europeo,
che ne hanno fortemente accresciuto la democraticità;
dall’altro, il riconoscimento del principio di sussidiarietà,
che, accolto per la prima volta nel Trattato di Maastricht, ha
reso più unitaria l’azione politica europea. Può essere
interessante notare, a questo proposito, il ruolo sempre
maggiore assunto dai Comitati rappresentativi dei singoli
interessi dei cittadini nella definizione e nella presentazione
delle politiche europee. Mi riferisco al Comitato delle Regioni,
al Comitato economico-sociale ed alle varie associazioni sociali
e religiose, che oggi trovano un riconoscimento ufficiale nella
Costituzione Europea.
Alla luce delle riforme a cui ho brevemente accennato, può
essere ragionevole dire che lo sviluppo politico della comunità
è andato di pari passo con il formarsi della sua autorità.
In ogni comunità, la coordinazione dei singoli membri si può
avere tramite l’unanimità o tramite l’autorità.
In una comunità complessa come quella europea l’unanimità
sarebbe impraticabile. L’autorità nasce e si sviluppa, dunque,
per la realizzazione del bene comune e rispecchia i valori della
comunità. Si può dire, in questo senso, che l’autorità consente
ad ognuno di perseguire il proprio bene.
Ciò implica due considerazioni. Prima di tutto che l’autorità
politica non può essere neutrale nei confronti del bene e,
secondo, che essa è riconosciuta tale solo sulla base di questo
rapporto di riconoscimento e guida: «Quando invece tali rapporti
sono determinati non in questo modo, ma solo in forza della
legge e della violenza, è tutto il contrario».
Queste considerazioni sollevano la questione del rapporto tra
comunità ed autorità e di cosa si debba occupare l’autorità
politica. In questa sede, basti ricordare che il dibattito
filosofico politico assume posizioni diverse.
Da un lato, vi è la posizione, riconducibile al pensiero
liberale moderno, di chi è scettico riguardo alla possibilità
che esistano beni universali e che ritiene che l’autorità
politica debba solo garantire a ciascuno di trovare il proprio
bene individualmente. D’altro lato, vi è la posizione
riconducibile alla tradizione classica, che fonda il suo
pensiero sull’esistenza di beni umani intelligibili e
desiderabili da ogni individuo per la propria fioritura. Da
questo punto di vista, l’autorità deve guidare i singoli nella
realizzazione di ciò che è bene per ciascuno.
L’aborto o la clonazione di esseri umani sono un bene? Il
matrimonio tra coppie omosessuali favorisce il benessere
dell’uomo? Queste sono solo alcune delle domande con cui si deve
confrontare oggi l’autorità politica. Se accogliamo, infatti,
l’autorità come guida della comunità nella realizzazione del
bene, essa deve occuparsi di ogni aspetto della fioritura umana.
Vita, morte, educazione, religione e famiglia sono aspetti
fondamentali cui l’azione politica deve essere orientata.
Conclusioni
Uno sguardo al dibattito contemporaneo ci mostra quanto l’Europa
oggi sia divisa sulle questioni cui ho accennato e quanto la
stessa azione politica europea ne risulti confusa. Basti
confrontare i valori espressi nella Costituzione con la
legislazione europea ordinaria per ravvisarne la
contraddittorietà. Un esempio per tutti: la proposta della
Commissione
sul finanziamento della ricerca sulle cellule staminali
embrionali, da una parte, ed il diritto alla vita ed il
principio di non discriminazione tra esseri umani, proclamati
nel Preambolo della Costituzione, dall’altra.
In realtà, occorrerebbe una legislazione più lineare rispetto ai
valori comuni perseguiti, che sono indicati nel Preambolo della
Costituzione.
Il senso di appartenenza, il sentirsi europei, infatti, nascono
proprio da questa coscienza culturale comune. Il bene comune,
infatti, va letto alla luce di quei beni fondamentali per la
fioritura umana.
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