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Recensioni
G.
Fornero, Bioetica cattolica e bioetica laica,
Bruno Mondadori, Milano 2005, pp. 210
Nessuno, in Italia, aveva ancora tentato di ricostruire il
dibattito bioetico, in modo puntuale e concettualmente
articolato, alla luce della grande distinzione tra
prospettiva cattolica e prospettiva laica. Lo ha fatto
Giovanni Fornero con il suo Bioetica cattolica e
bioetica laica, Bruno Mondadori, 2005. Il testo offre
una diligente ricognizione storica di alcune delle più
influenti teorie della bioetica contemporanea, leggendo
queste teorie alla luce dell’idea, da alcuni decisamente
contestata, secondo cui la distinzione tra “bioetica
cattolica” e “bioetica laica” sia “quanto mai valida e
attuale” (p. X) e non possa ridursi a una mera
contrapposizione ideologica priva di significato
teoretico.
Storicamente, in Italia una contrapposizione formale tra
bioetica laica e bioetica cattolica nasce con la
pubblicazione, nel giugno del 1996, del “Manifesto di
bioetica laica”. Da allora gli studiosi cattolici
impegnati in bioetica non hanno mai smesso di respingere
la qualifica di “bioetica cattolica” utilizzata per
designare la loro prospettiva. La tesi di questi studiosi,
infatti, è che la formula “bioetica cattolica” è spesso
utilizzata a scopo riduttivo e polemico, laddove la
bioetica sarebbe sempre laica, se per laica si intende una
bioetica che non ricorre direttamente alla rivelazione per
fondare la plausibilità delle sue tesi. Secondo Fornero,
invece, pur nel variegato quadro della bioetica
contemporanea, “si possono individuare due grandi modelli
teorici”: uno di matrice “religiosa” e l’altro di matrice
“laica” (p. 15). Il primo sarebbe rappresentato
principalmente (anche se non esclusivamente) dalla
bioetica cattolica della sacralità della vita, il secondo
dalla bioetica laica della qualità della vita. Non si
tratta, come Fornero tiene a precisare, di una banale
contrapposizione tra fede e ragione (p. 131) ma di una
dicotomia filosofica tra concezione della sacralità della
vita (analizzata nel cap. III) e concezione della qualità
della vita (analizzata nel cap. IV), che poi, per
esprimere in modo più articolato e rispettoso della
pluralità delle posizioni in campo (analizzate nei cap.
VII e VIII), Fornero inserisce come dicotomia specifica
della più generale dicotomia tra etica
dell’indisponibilità della vita ed etica della
disponibilità della vita (cap. IX).
Mentre
la bioetica cattolica è facilmente identificabile con la
bioetica degli studiosi che si trovano in sintonia con il
magistero della Chiesa Cattolica, per la bioetica laica il
discorso è più complesso. Fornero propone una distinzione
tra senso forte e senso debole
dell’aggettivo “laico”. In senso debole la laicità indica
un atteggiamento critico e antidogmatico, ispirato ai
valori del pluralismo e della tolleranza reciproca. Da
questo punto di vista la laicità non si identifica con una
particolare filosofia o teoria, ma con un metodo aperto al
dialogo e al confronto tra diverse filosofie e teorie. In
un senso forte, invece, la laicità indica la dottrina di
coloro che non si limitano a una generica adesione ai
valori dello spirito critico e della tolleranza, ma
ragionano etsi Deus non daretur, come se Dio non ci
fosse. Laico, in bioetica, è insomma chi non fa “un uso
strategico-normativo dell’idea di Dio, né in senso
teologico-confessionale, né in senso metafisico razionale”
(p. 71), non tenendo conto, nelle sue argomentazioni, “né
della possibile esistenza e ‘volontà’ di Dio, né di un
eventuale ‘progetto divino sulla vita’ (comunque
accessibile: sia tramite la parola rivelata sia in virtù
della ragione filosofica” (p. 72). Questo non significa,
precisa Fornero, che la laicità in senso forte equivalga
all’ateismo o all’agnosticismo, dal momento che essa può
essere praticata anche da quei credenti, come dimostra il
caso di Hugo T. Engelhardt, che ritenendo filosoficamente
indimostrabile l’esistenza di Dio propendono “per
la sua programmatica estromissione dai discorsi
etici e bioetici” (ibidem).
Da qui
una più precisa definizione del cattolico in bioetica, il
quale, a differenza del laico, “facendo un uso
strategico-normativo dell’idea di Dio (inteso come
sorgente dell’essere, legge eterna del mondo e norma
ultima del bene), postula una metafisica razionale in
grado di cogliere il disegno divino delle cose e di
fungere da piattaforma universale del discorso bioetico”
(p. 73). Secondo Fornero a monte di parecchi
fraintendimenti nell’attuale dibattito bioetico vi è il
rifiuto di prendere atto che questa differenza di fondo
tra impostazione laica e impostazione cattolica esiste, e
che i presupposti teorici di questa differenza, una volta
esplicitati, rendono problematico, se non impossibile,
ogni tentativo di mediazione. La conclusione alla quale
giunge l’Autore è che tutti coloro che minimizzano
l’esistenza di una contrapposizione tra bioetica cattolica
e bioetica laica sono “vittime di una sorta di equivoco
teorico e storiografico provocato dalla loro
(inconsapevole) tendenza a confondere i propri
desideri (soggettivi) di mediazione con la realtà
(oggettiva) dello scontro in atto” (p. 200).
Il
merito principale del saggio di Fornero, in un contesto
che tende a vedere nella mediazione dialogica una sorta di
panacea, consiste probabilmente in questo franco e
realistico riconoscimento delle inconciliabilità tipiche
dei dibatti etici: “quando si approfondiscono i problemi,
a un certo punto le mediazioni (e i compromessi) non sono
più possibili e si impone una scelta (di campo)”
(p. 137). Questo non comporta, secondo Fornero, che in
mancanza di ogni possibile mediazione si debba rinunciare
al dialogo. E infatti, proprio nella misura in cui sono
strutturalmente inconciliabili, bioetica cattolica e
bioetica laica “non possono fare a meno di coesistere
e di dialogare” (p. 203), nel quadro di quella che
Fornero auspica come “una bioetica planetaria strutturata
nei termini di un postmoderno laboratorio del dialogo e
del pluralismo” (p. 204).
Ci si
potrebbe tuttavia domandare se questo accenno finale al
dialogo e al pluralismo, inteso come valore e non come
semplice fatto, non finisca per vanificare non solo la
tesi dell’inconciliabilità tra bioetica cattolica e
bioetica laica ma anche l’affermazione “laica”, che
Fornero non fa mistero di condividere, secondo cui in
bioetica non può mai esistere una soluzione universalmente
valida. In effetti, la “bioetica planetaria” di Fornero
finisce per far prevalere la tesi laica del pluralismo
(come valore) sulla tesi cattolica del giusnaturalismo,
identificando la bioetica con una particolare visione
morale, quella liberale e pluralista, a spese di tutte le
visioni morali alternative. Insistendo sul dialogo,
inoltre, si rischia di dimenticare che in etica, e dunque
anche in bioetica, l’oggetto del discorso è la prassi
umana, il cui presupposto è la libertà. E quando due
libertà scelgono diversamente non c’è principio dialogico
che tenga. Non rimane altro, dunque, che riconoscere il
pluralismo di fatto (ovvero l’esistenza della libertà
umana) senza rinunciare tuttavia a domandarsi non tanto se
le varie scelte siano cattoliche o laiche, ma se siano
moralmente giuste. Senza rinunciare, dunque, a fare
bioetica tout court, ovvero a esercitare una
riflessione razionale capace di fondare adeguatamente i
nostri giudizi morali. Nell’esercizio di questa
riflessione razionale la distinzione tra cattolici e laici
è senz’altro innegabile, ma, a nostro modo di vedere, non
è decisiva come sembra ritenere Fornero.
Luciano Sesta |
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