Home About International University Project Conferences Courses Lectures Projects Publications Readings Contribute Contact      

home \ associazione thomas international \ questioni di bioetica \ maggio 2007 \ editoriale

Home

Redazione

Presentazione

Numero in corso

Archivio

Informazioni bibliografiche

Rassegna stampa

Contatti

Link utili

 

ISSN 1970-7932

Associazione Thomas International
Num. 3 - Maggio 2007 
     
 

 Editoriale

Aborto a nascita parziale:

finalmente vietato!

 

Il 18 aprile scorso la Corte Suprema degli Stati Uniti d’America – sentenza Gonzales, Attorney General v. L. Carhart et al. e v. Planned Parenthood et al. – ha respinto tutti i rilievi di incostituzionalità che si erano da tante parti levati contro il Partial-Birth Abortion Ban Act: una legge promossa da Bush per vietare il cosiddetto aborto a nascita parziale e approvata dal Congresso nel 2003.[1] Secondo molti studiosi e osservatori, lo scandalo dell’aborto a nascita parziale ha negli ultimi anni causato una rilevante diminuzione del numero di aborti e ha fortemente influenzato, almeno a partire dal 1996, la politica americana e le ultime elezioni presidenziali.[2] Ma che cos’è l’aborto a nascita parziale e qual è la sua storia?

Brevemente: L’aborto a nascita parziale è una variante del metodo “Dilatazione ed Evacuazione” (D&E), che è il metodo abortivo più adottato nel secondo trimestre di gravidanza. La D&E implica un allargamento dell’apertura dell’utero sufficiente a inserire i ferri, dilaniare il feto ed estrarlo pezzo per pezzo. Normalmente, ricorda la Corte Suprema, si richiedono dai 10 ai 15 passaggi per la totale evacuazione. L’aborto a nascita parziale (detto a volte “Intact D&E”) avviene invece così: si inverte il corpo del bambino nel grembo; si provoca il parto tirando fuori il bambino dai piedi finché rimanga dentro solo la testa, e, bambino in mano, si perfora il cranio e si succhia via il cervello così da fare implodere la testa che, finalmente, viene tirata fuori anch’essa. Questa procedura, che ha il vantaggio (se così si può dire) di evitare di fare a pezzi il bambino dentro l’utero, è stata eseguita migliaia di volte l’anno in molti ospedali statunitensi, generalmente su bambini tra il quinto e il sesto mese, ma anche molto oltre. Parente stretto di questa procedura è il caso molto più grave del born-alive abortion (aborto del nato vivo), in cui il bambino nasce, appunto, vivo e viene lasciato morire in una stanza dell’ospedale senza assistenza sanitaria. Si è parlato, in questi casi, di diritto all’aborto fallito, ovvero di esecuzione dell’aborto dopo il parto. I casi accertati di born-alive abortion hanno spinto il governo Bush a elaborare una federal born-alive infants protection law, che è stata approvata dal Congresso ed è entrata in vigore nel 2002.

L’aborto a nascita parziale, ricorda sempre la sentenza dell’aprile scorso, diventa di dominio pubblico nel 1992, quando il dott. Martin Haskell offre una presentazione pubblica del suo modo di eseguire l’operazione come variante della D&E, e lo spiega così:

 

«A questo punto, il chirurgo non mancino fa scivolare le dita della [mano] sinistra sulla schiena del feto e “aggancia” le spalle del feto con l’indice e le dita ad anello (palmo in basso). Mentre mantiene questa tensione, sollevando l’apertura dell’utero e applicando una trazione sulle spalle con le dita della mano sinistra, il chirurgo prende un paio di forbici Metzenbaum molto arrotondate con la mano destra. Avanza con cautela la punta, incurvata verso il basso, lungo la colonna vertebrale e sotto il suo dito medio finché avverte il contatto con la base del cranio sotto la punta del dito medio. Il chirurgo forza dunque le forbici dentro la base del cranio o nel foramen magnum. Dopo aver penetrato il cranio con successo, egli allarga le forbici per rendere più ampia l’apertura. Il chirurgo rimuove le forbici, introduce un catetere di aspirazione nel buco, e procede all’evacuazione del contenuto del cranio. Con il catetere ancora lì, egli applica una trazione al feto rimuovendolo completamente dal paziente». [3]

 

Questa, spiega la sentenza, è una descrizione clinica. Quest’altra è invece la descrizione del metodo fatta da un’infermiera che ha assistito il dott. Haskell in un aborto praticato su una donna quasi al settimo mese:

 

«Il dott. Haskell entrò con le forcipi, afferrò le gambe del bambino e le tirò fuori lungo il canale di nascita. Dunque, fece uscire il corpo e le braccia: tutto tranne la testa. Il dottore tenne la testa proprio dentro l’utero… Le piccole dita del bambino si aprivano e si chiudevano con forza, e i piedini scalciavano. A quel punto, il dottore conficcò le forbici nella nuca e le braccia del bambino si allungarono di scatto, come una reazione improvvisa, come un sussulto, come un bambino fa quando pensa di stare per cadere. Il dottore divaricò le forbici, conficcò un potente tubo di aspirazione nell’apertura e risucchiò il cervello del bambino. Il bambino si afflosciò… Egli tagliò il cordone ombelicale e tirò fuori la placenta. Poi gettò il bambino in un recipiente insieme alla placenta e agli strumenti che aveva appena usato». [4]

 

Questa pratica abortiva solleva presto un grosso clamore e, negli anni immediatamente successivi, provoca una forte e travagliata reazione istituzionale. Nel 1996, il Congresso (Parlamento) degli Stati Uniti approva una legge che la vieta. Clinton usa il suo potere di veto per bloccare la legge. Nel 1997, il Congresso approva nuovamente una legge che vieta il partial-birth abortion. Clinton esercita di nuovo il suo potere di veto. Nel 2000, caso Stenberg v. Carhart, la Corte Suprema degli Stati Uniti, notoriamente a maggioranza abortista, invalida (5 voti a 4) una legge novella del Nebraska che dichiara illecito l’aborto a nascita parziale: la motivazione principale ruota intorno alla tutela del diritto di scelta della donna. Si tratta di un precedente giudiziario forte che frena di fatto qualunque altro stato dell’Unione dal cercare di imitare il Nebraska. Fin qui, sei uomini – Clinton più i cinque giudici della Corte Suprema – bloccano reiteratamente il Potere Legislativo degli Stati Uniti d’America. Sia Al Gore che Kerry, nelle rispettive campagne elettorali, dichiarano che avrebbero continuato a porre il veto a future leggi contro il partial-birth abortion. Bush si impegna invece a promuovere la legge di messa al bando. Viene eletto, e mantiene la promessa. Recenti statistiche, d’altronde, dicono che circa il 68% della popolazione americana pensa che la procedura debba essere illegale, mentre solo il 25% ritiene che dovrebbe essere consentita.[5] Il 5 novembre 2003, Bush firma la legge dichiarando, tra l’altro: «Il miglior argomento contro l’aborto a nascita parziale è la semplice descrizione di che cosa avviene e a chi avviene. Esso comporta la parziale messa al mondo di un bambino o di una bambina vivi e l’immediata, violenta, fine di quella vita. La nostra nazione deve ai suoi figli un differente e miglior benvenuto».[6]

A questo punto, è lotta aperta; e il terreno prescelto sono le corti di giustizia. Lo stesso 5 novembre, un giudice di un distretto federale del Nebraska blocca l’applicazione della legge nei confronti di quattro specifici abortisti. Il giorno dopo, sei giudici federali di New York e della California emanano ordinanze che limitano fortemente l’applicazione della legge. Questi giudici ritengono che la legge sia incostituzionale perché non include una health exception: vale a dire, una clausola che consenta la procedura nel caso di rischio per la salute della madre. Ciò non sarebbe irragionevole. Sennonché, come fa notare la Corte il 18 aprile 2007, la legge vieta di «eseguire consapevolmente un aborto a nascita parziale […] che non sia necessario a salvare la vita della madre». La clausola dunque c’è… anche se non ce ne sarebbe bisogno perché, dagli studi promossi dal Congresso, emergeva già che la procedura non è mai richiesta per salvare la vita della madre. Piuttosto, si era calcolato che nella vasta maggioranza dei casi essa veniva applicata su healthy babies of healthy mothers. Per verificare meglio questo aspetto – se la procedura fosse mai stata usata per salvare la vita della madre – Bush aveva anche chiesto ad alcuni ospedali di consegnare i registri relativi agli aborti a nascita parziale effettuati; il Governo si sarebbe impegnato a tutelare la privacy dei pazienti. Ma gli ospedali rifiutarono e attivarono i loro legali per bloccare l’ordinanza.

In realtà, la health exception che invocavano gli abortisti non riguardava la vita della madre ma imprecisate condizioni di salute (anche psicologiche o esistenziali) potenzialmente in grado di contenere qualunque motivazione possa spingere una donna a scegliere di abortire. Il 18 aprile scorso, la Corte Suprema degli Stati Uniti d’America ha rifiutato la legittimità di questo vincolo al potere legislativo in favore di un presunto diritto assoluto e illimitato all’aborto. Nel far ciò, ha evidenziato non solo l’esistenza di un legittimo interesse dello Stato per i diritti e la salute della donna ma anche per la vita del feto e «l’integrità ed eticità della professione medica». I fini espliciti della legge del 2003, dice la sentenza, sono «proteggere la vita umana innocente da una procedura brutale e inumana e proteggere l’eticità e la reputazione della professione medica».

La Gonzales, Attorney General v. L. Carhart et al. non rinnega i princìpi delle sue precedenti sentenze pro aborto, prime fra tutte la famosa Roe v. Wade del 1973; ma si muove certamente su un terreno minato, come emerge anche dall’opinione dissenziente del giudice Ginsburg, sottoscritta da altri tre dei nove giudici della Corte Suprema. È vero, come sostengono molti abortisti, che il divieto del partial-birth abortion è solo un passo verso ulteriori restrizioni all’aborto e, infine, verso il divieto totale? Speriamo! La coerenza è una cosa seria. In effetti, dalla condanna dell’infanticidio e di alcuni tipi di aborto alla condanna dell’aborto in generale il passo, sia umano che concettuale, non è difficile.

 

Il presente numero di Questioni di Bioetica si apre con un articolo sulle droghe leggere di Francesco Romano e prosegue con un articolo di Luciano Sesta sull’eutanasia e uno di Francesco Ferrara sulla regolamentazione giuridica delle coppie di fatto. Continuiamo una linea editoriale attenta sia agli aspetti più delicati dell’esistenza umana sia alle questioni più dibattute nella pubblica arena. I nostri lettori aumentano e, con essi, aumentano gli apprezzamenti e i commenti positivi. Ringraziamo tutti di cuore, e invitiamo calorosamente a sottoporci, non solo articoli e recensioni, ma anche indicazioni su novità editoriali e notizie per la rassegna stampa.

 

 

Fulvio Di Blasi

  


 


[1] Cfr., Attorney General v. L. Carhart et al., http://www.supremecourtus.gov/opinions/06pdf/05-380.pdf.

[2] Cfr., F. Di Blasi, “E il prossimo inquilino della Casa Bianca come la pensa?”, Il Domenicale, 23 ottobre 2004.

[3] «At this point, the right-handed surgeon slides the fingers of the left [hand] along the back of the fetus and “hooks” the shoulders of the fetus with the index and ring fingers (palm down). While maintaining this tension, lifting the cervix and applying traction to the shoulders with the fingers of the left hand, the surgeon takes a pair of blunt curved Metzenbaum scissors in the right hand. He carefully advances the tip, curved down, along the spine and under his middle finger until he feels it contact the base of the skull under the tip of his middle finger. [T]he surgeon then forces the scissors into the base of the skull or into the foramen magnum. Having safely entered the skull, he spreads the scissors to enlarge the opening. The surgeon removes the scissors and introduces a suction catheter into this hole and evacuates the skull contents. With the catheter still in place, he applies traction to the fetus, removing it completely from the patient» (cfr, Gonzales, Attorney General v. L. Carhart et al., cit.).

[4] «Dr. Haskell went in with forceps and grabbed the baby’s legs and pulled them down into the birth canal. Then he delivered the baby’s body and the arms—everything but the head. The doctor kept the head right inside the uterus… The baby’s little fingers were clasping and unclasping, and his little feet were kicking. Then the doctor stuck the scissors in the back of his head, and the baby’s arms jerked out, like a startle reaction, like a flinch, like a baby does when he thinks he is going to fall. The doctor opened up the scissors, stuck a high-powered suction tube into the opening, and sucked the baby’s brains out. Now the baby went completely limp… He cut the umbilical cord and delivered the placenta. He threw the baby in a pan, along with the placenta and the instruments he had just used» (cfr, Gonzales, Attorney General v. L. Carhart et al., cit.).

 
     
     
 
 
Confezionando