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ISSN 1970-7932

Associazione Thomas International
Num. 3 - Maggio 2007 
     
 

Recensioni:

X. Lacroix, In principio la differenza. Omosessualità, matrimonio, adozione, a cura di Cristina Coronelli, Vita e Pensiero, Milano 2006

 

 

Dinanzi agli attuali scenari, in cui sembra essere messo in discussione il modello eterosessuale di coppia convivente e, in modo più radicale, il senso fondamentale della famiglia, il filosofo-teologo Xavier Lacroix propone una serie di argomentazioni  tanto approfondite quanto chiare,  in nome del diritto del bambino ad un’identità sessuata e ad un equilibrato orientamento sessuale sulla base del principio secondo cui “i bambini non vengono al mondo per rispondere ai bisogni degli adulti” (p. 53). Di fronte al controverso problema del riconoscimento giuridico tanto dei diritti della maggioranza quanto di quelli delle minoranze, in nome di una democrazia sostanziale che tuteli i diritti individuali della persona, sanciti anche dal comma 2 dell’art. 3 della Costituzione italiana, il saggio di Lacroix appare interessante per ridiscutere la nozione stessa di diritto.

La tesi di Lacroix risulta convincente nel delineare la vera natura dell’istanza di riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali e del loro diritto al figlio: non si tratta tanto di tutelare diritti individuali, quanto, piuttosto, di intendere il diritto stesso  come  uno strumento per la gestione di desideri privati o per far sì che un interesse di parte possa assurgere a norma istituzionalizzata. In quest’ultimo caso, lungi dal considerarci in una vera democrazia, si assisterebbe ad una minaccia al bene comune, in nome della pretesa di ergere a norma un interesse privato. Come tale si rivela la richiesta delle coppie omosessuali al riconoscimento giuridico del matrimonio e alla richiesta di adozione e/o di accesso all’uso delle tecnologie della fecondazione artificiale. In questo caso, infatti, la protezione giuridica di un interesse privato rappresenta una  minaccia al bene comune, poiché si ignora il fatto che la presenza di genitori di sesso diverso è fondamentale per l’interiorizzazione della differenza sessuale e la strutturazione dell’identità sessuale del bambino/a (p. 73).

Lacroix si sofferma nel rilevare che l’interiorizzazione di tale differenza è anteriore all’orientamento sessuale e rappresenta la dimensione originaria della costituzione dell’identità sessuale, che nell’ambito delle relazioni genitoriali si determina “attraverso un sottile gioco di identificazioni e di differenziazioni” (p. 74). Il rapporto tra identità e differenza è di reciproca implicazione poiché l’identico è sempre l’identico di un differente e il differente è sempre il differente di un identico e solo nella coppia eterosessuale tale rapporto è garantito. Il fatto che il bambino sia accolto all’interno di una relazione che “contempli un uomo orientato verso una donna e una donna orientata verso un uomo” non può che essere un dato  significativo e strutturante  la sua identità  sessuale (p. 54). La legge, pertanto, laddove riconosce l’omoparentalità, viene connotandosi nell’ambito di  una concezione utilitaria del diritto, la cui funzione,  piuttosto che tutelare il bene comune, si riduce  alla regolamentazione, di volta in volta, di interessi particolari, ignorando il principio secondo cui il diritto solo nella misura in cui è impersonale tutela il bene comune, che è bene di tutti (p. 67). Le linee portanti delle argomentazioni di Lacroix seguono l’impianto di una critica radicale delle tesi sostenute per fondare l’omoparentalità: l’argomentazione socio-demografica, l’argomentazione della bisessualità e l’argomentazione della pluriparentalità .

In merito alla prima argomentazione  Lacroix sostiene che alcuni studi di recenti ricerche americane, a cui si suole fare riferimento per sostenere la tesi che non si presentano differenze, in termini di benessere e salute, fra i bambini cresciuti da “popolazioni” omosessuali e quelli cresciuti da  “popolazioni” eterosessuali, rivelano molti limiti, fra cui quello di  ispirarsi a un criterio rigido di scientificità e non al principio popperiano di falsificabilità, ovvero, come afferma Lacroix, “a quei punti di vista che potrebbero contraddire la teoria”. Tali ricerche, dunque, rimanendo imbrigliate in una sorta di empirismo puro, rivelano che  i risultati si “muovono tutti nella direzione della tesi annunciata, senza nessun contro-esempio, senza nessuna riserva” (p. 25).

In merito alla seconda argomentazione, Lacroix fa notare come si sostiene una vera e propria negazione della identità sessuata nella misura in cui si fa ricorso alla nozione freudiana di “bisessualità psichica”, per fondare l’omoparentalità. Secondo tale nozione,  nello stesso soggetto sono presenti alcuni tratti caratteriali sia maschili che femminili e pertanto i bambini allevati da coppie omosessuali avrebbero comunque l’opportunità di rapportarsi con le due polarità. Per le ragioni sopramenzionate si tende a sostenere che, indipendentemente dall’appartenenza sessuata e dall’orientamento sessuale dei genitori, il bambino non  verrà danneggiato in termini di costituzione della sua identità sessuale, negando in tal modo il principio secondo cui la famiglia eterosessuale è di per sé strutturante rispetto alla costituzione dell’identità sessuale del bambino, proprio perché in essa abitano le differenze sessuali, laddove le due figure genitoriali (padre-madre) sono i due poli differenti  fondamentali per l’identità sessuale del bambino.

Si tende, inoltre, a considerare l’identità sessuale separata dall’identità sessuata intendendo la prima nel senso di  un processo di elaborazione definito da  una costruzione sociale e culturale di appartenenza. Pertanto, ad ognuno spetterebbe trovare la propria strada e l’identificazione con il modello sessuale che si preferisce, negando il principio che la sessualità umana  si fondi su basi biologiche e che in genere l’orientamento sessuale mostra di essere in stretto rapporto con la sessualità biologica. Tale  pretesa conduce ad una sorta di “de-eterosessualizzazione” delle regole della parentela, ignorando, secondo l’Autore, il fatto che la realtà della famiglia è incisa nel corpo e che la costruzione della stessa vita familiare passa attraverso il dato fondamentale della corporeità. Si tratta di un’operazione inedita che, secondo Lacroix, avrebbe come peggiore risultato quello di assegnare alla parentela una connotazione esclusivamente sociale, affettiva e culturale, occultandone il dato originario, su cui essa stessa si regge, cioè la valenza biologica e ignorando che la sua configurazione è “giocoforza sessuata e duale”.

Non si tratta di una questione di “omosessualità”, ma,  come afferma Lacroix,  di “omosessuazione” cioè della negazione del valore e del significato dell’identità sessuata, nozione che definisce il maschile e il femminile come categorie biologiche che contraddistinguono il corpo sessuato e sono determinanti nella strutturazione dell’identità sessuale. Secondo alcuni vi sono elementi unicamente sociali alla base dello sviluppo dell’identità sessuale. Se così fosse si dovrebbe poter affermare che la nozione di identità sessuata sia  incerta e poco definibile  e potrebbe essere dichiarato che maschi  o femmine  non si nasce, ma si diventa. È la tesi che secondo Lacroix esprime la tendenza culturale dei nostri tempi e che viene sostenuta per giustificare l’omoparentalità, seguendo  una logica di decostruzione della soggettività secondo cui “tutto è culturale” (p. 58). Tale tendenza non ha per Lacroix alcun fondamento perché riduce l’uomo a cultura e impedisce di riconoscere che vi sono elementi originari della persona che si inscrivono nel corpo,  elementi indisponibili che esigono rispetto in quanto appartengono alla natura stessa dell’uomo. Fra tali elementi vi sono quelli che definiscono l’identità sessuata della persona. Così, afferma Lacroix, “anziché articolare natura e cultura, corpo e spirito, una simile forma di pensiero li contrappone, dissociandoli” (p. 62).

In secondo luogo, assegnare alla parentela una connotazione affettiva significa ridurre il significato della famiglia ad un rapporto “genitori-figli”  fondato  esclusivamente sugli affetti, pertanto si dice che “le coppie omosessuali possono essere affettuose quanto le coppie eterosessuali” (p 70). Amare un figlio non  significa soltanto nutrire degli affetti e volergli bene. Dietro tale concezione dell’amore si nasconde per Lacroix  una visione romantica dell’amore che tende ad identificarlo con la spontaneità del sentimento. Lacroix ritiene invece che il senso autentico dell’amore consista nel riconoscimento pieno dell’alterità del figlio che si manifesta nel  sostenere “le condizioni oggettive della crescita dell’altro” (p 71). A tal fine occorre riconoscere che l’identità sessuata del padre in quanto uomo e della madre in quanto donna non è dissociabile dall’orientamento sessuale del loro desiderio, come sostiene  una logica che separa il sessuato dal sessuale. La crescita del bambino nell’ambito di una coppia eterosessuale, infatti, struttura l’identità sessuale e l’orientamento della  sessualità di quest’ultimo. Appare superfluo rilevare che proprio tale tesi non dovrebbe essere disconosciuta da coloro che sostengono che la sessualità sia unicamente il prodotto ultimo di un apprendimento sociale.

In merito alla terza argomentazione, Lacroix esprime alcune significative posizioni che evidenziano come si stia pervenendo ad una sorta di riduzionismo funzionalistico applicato alla persona e fondato sulla dissociazione  tra “ciò che si è” e “ciò che si fa”, dissociazione che avrebbe l’obiettivo di rendere ciò che si fa indipendente da ciò che si è.

Secondo alcune tesi a sostegno dell’omoparentalità, si tende, pertanto, a dissociare parentalità e parentela, ovvero la figura di colui che è genitore e che educa dalla figura di colui che genera. La genitorialità si riduce così ad una pura e semplice funzione che può essere assolta da chiunque e pertanto si tende a sostituire alla figura del “genitore” una sorta di figura altra, che Lacroix chiama “adulto referente”. L’attuale sfida bioetica può dunque riassumersi nel provocatorio domandarsi  di quanto conteranno i corpi nell’era della tecnologia avanzata, in cui un pensiero unico tende a dissociare natura e cultura, corpo e spirito, riproponendo un paradigma  classico di tipo dicotomico che si era mostrato fino a qualche tempo fa di volere combattere.

E, inoltre, se il maschile e il femminile non costituiscono più le forme naturali dell’umano,  la posta in gioco non potrà che essere la nostra identità personale e il nostro essere al mondo anche come corpo e,  dunque, come afferma Maurice Merleau- Ponty,  come  esseri sessuati. L’anelito alla verità, che ci consente di vedere le cose nella loro natura, non può che essere sorretto dallo sguardo che “abita le differenze” e intende il maschile e il femminile come due soggettività complementari che si relazionano  nel duplice senso della ricerca della identità e della differenza.

 

 

                                                                                                             Maria Rita Fedele

 
     
     
 
 
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