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ISSN 1970-7932

Associazione Thomas International
Num. 4 - Settembre 2007 
     
 

Rapporti prematrimoniali o rapporti anti-matrimoniali?

di Fulvio Di Blasi*

 

 

 

C’è qualcosa di male nel sesso prima del matrimonio? In realtà, posta così, la domanda è già fuorviante perché sembra contenere un implicito riferimento a rapporti che siano comunque ordinati al matrimonio mentre nella vita reale, si sa (e senza bisogno di statistiche specialistiche), non c’è in genere alcun collegamento tra il sesso prematrimoniale e il matrimonio. Bisognerebbe quindi più propriamente parlare di rapporti sessuali non adulterini al di fuori del matrimonio, o di sesso occasionale, sesso facile, sesso libero, ecc. L’espressione rapporti prematrimoniali, giocando su un concetto (matrimonio) che gode nel senso comune di una connotazione morale fortemente positiva, rischia di colorare acriticamente con la stessa connotazione proprio quei rapporti non matrimoniali la cui liceità, precisamente in ragione di quel non, viene tradizionalmente contestata. Chi voglia porsi spassionatamente la questione morale del sesso prematrimoniale dovrebbe subito liberarsi dell’ambiguità di tale espressione. Forse il termine classico “fornicazione” servirebbe meglio allo scopo.

In alcuni corsi di etica che ho tenuto all’Università di Notre Dame, negli Stati Uniti, al di là del necessario studio dei testi classici della filosofia, ho fatto lavorare gli studenti su alcuni dei temi morali oggi più dibattuti: omosessualità, matrimonio e famiglia, eutanasia, aborto, contraccezione, pena di morte, ecc. Ogni studente, nel corso del semestre, ha dovuto fare una ricerca, scrivere un articolo di almeno dieci pagine e (dopo le opportune correzioni) presentarlo in classe in dibattito con gli altri studenti che avevano lavorato sullo stesso tema. L’esperienza è stata ottima. Una filosofia morale coi piedi per terra, e studiata con l’intento sincero di essere (più) buoni, ha fatto apprezzare perfino a studenti allergici alla filosofia i difficili testi aristotelici sulla scienza pratica. Pre-marital sex è stato uno degli argomenti su cui abbiamo lavorato e discusso insieme. E a dispetto delle polemiche sterili e dei parzialismi ideologici ho potuto, infine, assistere a studenti “favorevoli” che hanno simpaticamente ed egregiamente spiegato gli argomenti contro e a studenti “non favorevoli” che hanno spiegato e riconosciuto le difficoltà di quegli stessi argomenti. Il mio obiettivo principale, in tutto questo, è stato non tanto approfondire e migliorare la mia risposta personale ma cercare di capire gli studenti, identificando e interpretando gli aspetti che, dal loro punto di vista, risultavano più rilevanti o problematici.

 

1. Livello morale

Intanto, ci siamo trovati tutti d’accordo a mantenere la questione al livello morale. Che significa? Significa che risposte come “Lo faccio perché mi piace!” o “Non vedo perché dovrebbe essere un problema morale!” diventano automaticamente prive di senso in quanto evitano la domanda cui sono invece chiamate a rispondere. In tutte le azioni e scelte umane la questione morale -la questione di coscienza- non riguarda ciò che piace ma ciò che, piaccia o no, o piaccia più o meno, è giusto e/o buono fare. Perfino la debolezza non è una risposta logicamente accettabile ma tutt’al più qualcosa da vincere o perdonare in ragione del bene morale. Solo chi sia pronto a sacrificare il proprio piacere sta sul serio affrontando una questione morale. Chi non è disposto non dà una risposta differente allo stesso problema sta semplicemente cercando di evitarlo. Per Aristotele, chi non sia in grado di innalzarsi al di sopra delle passioni e controllare piaceri e dolori non sarà mai in grado di capire l’etica.

La risposta morale è una risposta di principio (“È bene/non è bene avere sesso fuori del matrimonio!”); e va argomentata, perché la coscienza si nutre di argomenti convincenti. Sincerità, rispetto e dialogo sono tutti preliminari su cui, con gli studenti, ci siamo trovati facilmente d’accordo. La persona etica è sincera, con se stessa e con gli altri, sulle vere ragioni del suo agire, e cerca di conformarsi ai buoni argomenti. Per ciò stesso, è sempre pronta a dare e ascoltare ragioni; ed è sempre rispettosa delle risposte etiche altrui, in quanto ammira l’atteggiamento morale sincero prima e più delle proprie stesse opinioni. L’arrabbiato, il risentito, il polemico, il sofista, l’ingannatore... non sono eticamente capaci. È questo il primo insegnamento di Aristotele sulla scienza pratica: disposizione morale sincera e apertura al dialogo argomentativo.

La questione morale, poi, non la inventa nessuno: anche su ciò non c’è stata contesa. L’uomo è un animale morale perché spontaneamente s’interroga sulla bontà delle sue azioni, e non solo sull’utile o sul piacere che ne deriva. Dio, la famiglia, la vita nostra e degli altri, la sessualità, la proprietà... non sono moralmente indifferenti. Nessuno può scegliere di essere o no eticamente reattivo a loro riguardo, può solo scegliere come reagire. Che il sesso sia un problema morale è un dato di fatto cui, nel breve o nel lungo periodo, non si può sfuggire. Gli esseri umani non sono responsabili per questa domanda: “È bene o male avere sesso prima del matrimonio?” Ognuno, però, è responsabile della propria risposta.

 

2. Il sesso unisce

E andiamo al dato che ha maggiormente attratto l’attenzione degli studenti: “Il sesso unisce!” Sembra banale. Ma intendiamoci: non si tratta qui di una riflessione astratta sul significato unitivo della copula e sulla conformazione biologica e complementare degli organi sessuali maschile e femminile. Niente affatto! Ciò che ha profondamente incuriosito gli studenti è che qualunque rapporto sessuale (volontario) crea subito un’unione psichica, affettiva ed emotiva così intima e speciale che nessun’altra relazione è in grado di eguagliare. È lo stesso fatto che aveva sorpreso Tomasi di Lampedusa, facendogli scrivere, all’incontro di Angelica col suo ex amante sul tragitto di villa Falconeri, che lui, il Senatore, «con lei aveva avuto una breve relazione galante trent’anni prima, e conservava quella insostituibile intimità conferita da poche ora passate fra il medesimo paio di lenzuola».[1]

Come per magia, il fatto del sesso segna profondamente l’affettività, l’intimità e le strutture morali della persona, creando un contesto di significato intessuto di aspettative comportamentali, di risposte, e di ragioni per lodare, biasimare e rivendicare. I partner di un rapporto sessuale diventano subito complici a tanti altri livelli, nel bene e nel male (perfino in un crimine). Con buona pace dei filosofi analitici, il “devi” (“venire”, “aiutarmi”, “fare questo” o “quello”) vive già nell’essere del sesso senza bisogno di alcuna deduzione.

Uno degli studenti, Lina, ha riportato in classe con grande interesse la recente scoperta dell’oxytocin: un ormone che pare venga emesso dalla donna solo durante l’allattamento e i rapporti sessuali. L’effetto di tale ormone sarebbe di creare nella donna «un forte attaccamento emotivo vuoi verso il bambino vuoi verso il partner».[2] Oxytocin o no, un forte attaccamento si forma subito anche nell’uomo; e una delle conclusione di Lina è stata che, poiché un legame nasce inevitabilmente “ogni volta”, «più partner sessuali si hanno più il legame con ognuno si fa più debole»: «il sesso prematrimoniale», perciò, «aumenta in seguito drammaticamente le chance di divorzio».[3] Le opinioni degli studenti su ciò sono state più o meno convergenti. Così, ad esempio, si è espressa Anna: «Aspettare irrobustisce il legame coniugale, poiché il rapporto sessuale diviene qualcosa che i coniugi hanno condiviso solo l’uno con l’altro».[4]

Non è strano che dove il sesso si fa routine e prodotto commerciale, come nell’industria televisiva e cinematografica, il divorzio diviene la regola e la fedeltà coniugale la (rarissima) eccezione. È come se il sesso funzionasse automaticamente in modo da favorire la decisione (morale) di essere fedeli in un rapporto coniugale esclusivo, e il sesso occasionale danneggiasse, sempre automaticamente, la capacità morale di fedeltà. A dispetto di ogni dualismo post-cartesiano, il corpo sembra parlare un suo linguaggio di cui, qualunque siano le intenzioni dei partner, incide indisturbato i caratteri nello spirito.

Aaron ha parlato di una sorta di accecante “effetto valanga” da cui ha dedotto l’inutilità dei rapporti prematrimoniali come test di compatibilità della coppia. L’esperienza sessuale, ha argomentato, è affettivamente così forte da annebbiare la scelta della persona con cui condividere l’esistenza. Se per qualsiasi ragione il rapporto lascia insoddisfatti conduce facilmente «a premature ipotesi di incompatibilità di cui il matrimonio invece potrebbe presto disfarsi». In tal caso, la potenza unitiva del sesso accelera, in direzione opposta, una crisi di rigetto. Se, al contrario, risulta soddisfacente, rischia di «creare false speranze, o mascherare serie incompatibilità relazionali che potrebbero poi far naufragare l’unione coniugale». «Il sesso», continua Aaron, «è come una palla di neve che rotola giù da una collina; è facile spingerla giù, ma, una volta che cominci a rotolare, diventa piuttosto difficile bloccarla, e anche più duro spingerla indietro da dove è venuta».[5] Anche Lina non ha avuto dubbi (e nessuno in classe l’ha contestata): «Il buon sesso è una facile scusa per giustificare i difetti di qualcuno. In più, il legame creatosi rende più arduo lasciarsi anche qualora ci si renda conto che non si è fatti l’uno per l’altra». Perfino “in vista del matrimonio” il sesso prematrimoniale sembra funzionare più nella direzione del divorzio che della fedeltà coniugale.

 

3. Il caso ideale

La piega del discorso ha condotto spontaneamente gli studenti a tratteggiare un nesso intrinseco tra il sesso e il rapporto stabile tra uomo e donna che chiamiamo matrimonio. Li ha portati a vedere il sesso “non esclusivo” come qualcosa di chiaramente innaturale. Già, perché contro la natura di atti che, da parte loro, lavorano automaticamente in direzione di un rapporto esclusivo e permanente. È innaturale creare un’intimità così forte per poi romperla; ed è ancora più innaturale se, così facendo, si diminuisce la capacità di intimità dei futuri rapporti.

Che succede, però, se la coppia ha già deciso di sposarsi e sta solo aspettando il momento più conveniente per la cerimonia? In tal caso, il sesso avverrebbe in un contesto maturo di stabilità ed esclusività; e, per lo stesso ragionamento di prima, funzionerebbe anche bene per rafforzare la decisione ormai presa. Questo, se ricordo bene, è stato il commento di Trevor. Ci abbiamo pensato e ne abbiamo discusso. In effetti, il caso ideale non funziona; e non funziona in quanto si basa su un insidioso errore logico.

Esso presenta il sesso prematrimoniale come se avvenisse nel contesto di una decisione di permanenza ed esclusività... che è esattamente il contesto del matrimonio a partire dal momento del “Si! Lo voglio!” Questo momento non è, per nessuno, una mera cerimonia. Anche fidanzati con anni di sesso prematrimoniale vi arriveranno molto emozionati, forse piangendo, e magari dopo qualche notte in bianco e una lunga festa di addio al celibato.[6] Il motivo è semplice: il matrimonio è il punto di “non ritorno”, che cambia la vita. Tutti lo sanno. E tutti lo rispettano e lo celebrano come tale. Il patto matrimoniale è così forte e inclusivo da giustificare (= rendere giusta) di fronte sia a Dio sia agli uomini anche l’unione corporea.[7] È anche per questo che, “subito dopo”, si chiama spesso “il bacio”, perché il consenso appena contratto rende lecita quell’unione... e il bacio (e non più del bacio) è ciò che di essa agli invitati sarà dato scherzosamente di assistere.

Nessuna coppia passa per tali emozioni al decidere di avere sesso prima del matrimonio.[8] Ed è ovvio! perché non è una decisione matrimoniale; non è una decisione seria di stabilità e permanenza. E se la si volesse far passare per tale, magari per convincersi della liceità di quel sesso, si creerebbe un vero e proprio inganno (o autoinganno) morale. Sarebbe come dire “Facciamo sesso perché da ora decidiamo di condividere pienamente e per sempre le nostre vite”, ma dicendolo in un tempo morale dedicato a pensarci su con calma e maturità ed, eventualmente, a ripensarci: fino a un attimo prima, se necessario. Per le stesse vittime dell’autoinganno il matrimonio rimarrà comunque il punto di non ritorno: il punto che nel dubbio non bisogna oltrepassare. Nonostante l’apparenza di impegno definitivo, il sesso prematrimoniale resta un sesso fatto a rischio di non prendere mai quell’impegno; a rischio cioè di essere solo occasionale e di danneggiare la futura capacità di fedeltà coniugale: c’è indubbiamente un che di egoismo e di miopia in ciò. «Il sesso prematrimoniale», ha concluso Andrew, «è difettoso [flawed] perché fatto senza un impegno di fedeltà; di conseguenza non è l’amore di due persone che hanno unito insieme le loro vite, non importa quanto forti possano essere i loro sentimenti. L’amore di una coppia che pratica sesso prematrimoniale può essere solo condizionale e parziale».[9]

 

4. Innaturale?

Ho avuto questa discussione più dettagliata sul caso ideale con più di uno studente nei giorni successivi alla discussione dei papers in classe. Devo dire che, a tuttora, non mi ha convinto del tutto. Non nel senso che non mi pare un argomento sufficiente contro il sesso prematrimoniale. Credo anzi lo sia; e più che sufficiente. Che col sesso non si può scherzare, e precisamente in quanto agisce potentemente e inesorabilmente sulla personalità morale di chi lo fa, è un dato di fatto che dovrebbe mettere chiunque sull’allerta. No! Il punto è che parlare di questo dato di fatto non mi è mai apparsa la soluzione ultima alla questione.

Ho ricominciato a riflettere sulla risposta di fondo degli studenti. Sul senso di quell’innaturale che si sono infine un po’ tutti ritrovati sulle labbra. Che intendevano, magari irriflessivamente (ma realmente), con innaturale?

Credo che tale parola rivela anzitutto la loro intuizione profonda che la natura ha un senso, un significato oggettivo che vi è inscritto, e che è indipendente dalle scelte umane (dal puramente convenzionale). Un significato che noi riusciamo piano piano a penetrare. Non è forse questa anche la prima grande intuizione della filosofia greca? Che dietro l’apparente caos del divenire si cela in realtà un ordine, un disegno intelligente che ne regola efficacemente i movimenti.[10]

Non è ingenuo fisicismo o biologismo. Il giudizio degli studenti sull’innaturalità dei rapporti prematrimoniali non può essere paragonato a esempi stupidi come il tapparsi le orecchie, il camminare sulle mani e simili. C’è qualcosa di più; e di diverso. Talvolta, infatti, è naturale tapparsi le orecchie (per proteggerci, o per gioco...) e talvolta è naturale camminare sulle mani (per giocare, allenarci...); e quasi sempre è naturale mangiare un gelato semplicemente perché ci piace: nessuno per tali casi solleva dubbi seri di innaturalità. Lo si potrebbe semmai paragonare a tapparsi definitivamente le orecchie o a precludere per sempre i movimenti delle dita, o anche a causare l’estinzione dei gufi maculati del Pacifico. L’innaturale è l’intuizione di un fine e di una ricchezza intelligibili della natura: qualcosa che non va frustrato senza che si dia un motivo sufficiente per farlo. È evidente, ad esempio, che non bisogna tapparsi definitivamente le orecchie a meno che non sia l’unico modo per salvarsi la vita, o che non bisogna intenzionalmente estinguere i gufi maculati a meno che non sia l’unico modo per salvare le altre razze animali o la stessa razza umana. Il piacere di farlo non è un motivo sufficiente: questa è un’altra evidenza logicamente implicita nell’intuizione.

“C’è qualcosa di innaturale nel sesso occasionale!” è il giudizio intuitivo che il sesso ha un significato oggettivo intelligibile e che non si danno motivi validi per ostacolarlo o frustrarlo. È dunque al tempo stesso un’intuizione morale: l’intuizione che la natura (non il fatto bensì l’ordine) è importante e che il significato oggettivo del sesso è più importante del suo significato soggettivo. Mi spiego meglio. Nessuno nega (e soprattutto al livello intuitivo) che il piacere sia naturale. Il giudizio spontaneo di innaturalità sottende dunque una gerarchia etica. Esso significa che, nel contesto dell’agire umano (libero e responsabile), la naturalità del piacere non deve vanificare la naturalità oggettiva intrinseca all’azione da compiere, e che il rispetto di quest’ordine di importanza è precisamente ciò che per l’essere umano è moralmente naturale. L’unione coniugale possiede un valore morale più alto del mero piacere del sesso. Perciò, se il sesso fuori del matrimonio danneggia la futura possibile unione coniugale, questo stesso fatto giustifica la conclusione spontanea che quel sesso è innaturale e dev’essere evitato.

 

5. Il senso comune dell’unione coniugale

Non era dunque un semplice dato di fatto in gioco ma l’altissimo valore che la nostra coscienza attribuisce spontaneamente all’unione coniugale. Ciò che è innaturale è porre il piacere del sesso al di sopra di essa, ed è innaturale perché la nostra natura etica non conferisce al solo piacere un tale primato. Sono convinto che questa è una buona interpretazione dei giudizi di senso comune impliciti nella discussione avuta coi miei studenti. Tale interpretazione, però, sposta il problema a un altro e più profondo livello di conoscenza implicita: che cos’è quest’unione coniugale? Che sia qualcosa di molto importante è assodato, ma che cosa esattamente? Finché il “che cosa” non sarà più chiaro anche i contorni del “perché” rimarranno incerti.

Non c’è modo di esaurire la risposta, e a maggior ragione in poche righe. Cerco di aiutarmi scrutando il mio stesso senso comune, la mia conoscenza implicita. Che c’è nell’unione coniugale da farla così grande, bella e attraente? La solitudine sta sull’altra sponda: bisogna probabilmente partire da lì. L’essere umano non è fatto per stare da solo. Qualunque cosa sia “solitudine” è certamente inumano e innaturale. Il linguaggio in cui viviamo non è solitudine; e così il pensiero, fatto dell’alterità di miriadi di concetti e segni linguistici. La storia non è solitudine; e la scienza, la letteratura, la posta elettronica e la preghiera. I valori morali non sono solitudine. I nostri corpi non sono solitudine... Dare a qualcuno la nostra importanza ed essere importanti per qualcuno sono tutto il nostro essere morale. Nulla vale la pena se non c’è qualcuno a cui darlo, o con cui farlo e condividerlo; e nulla importa se non c’è qualcuno che pensa a noi per noi stessi, cioè che ci ama. Se Dio non c’è, se la sua provvidenza non ci dà assoluta importanza al di là del tempo e dello spazio, siamo tutti condannati all’infelicità di un’esistenza limitata e senza senso, a una solitudine cosmica.

Unione coniugale è anzitutto creare insieme. La vita è un grande progetto, e l’unione coniugale è l’aspirazione a progettarlo insieme e condividerne tutta l’avventura. Donazione totale, condivisione totale e accettazione totale formano i primi sentimenti morali genuini di una giovane coppia; i primi tentativi buffi di dimostrare che “niente ha senso senza di te”, e “che tutto ciò che sono e faccio ti appartengono” e “che tutto ciò che ti riguarda è per me importante e mi piace”. Fedeltà è dimostrare a qualcuno che vale così tanto da donargli tutto senza riserve. Chi non è fedele “per sempre” perde la possibilità di realizzare il suo essere morale.

Ma l’insieme del progetto coniugale non è astratto o indeterminato; non è un insieme qualsiasi e un progetto qualsiasi: è l’insieme dei due sessi e di tutto ciò che essi significano. L’insieme del corpo maschile è il corpo femminile, e l’insieme dei due è il matrimonio e la famiglia. Il creare insieme si estende nella storia e nelle generazioni: è il desiderio di figli che è anch’esso inscritto nella differenza e nell’unione dei due sessi. Già oltre l’esistenza individuale, il creare insieme si estende poi anche a Dio: è il desiderio di collaborare con Lui nella storia co-creando la generazione successiva e la società del domani. Il matrimonio autentico, non c’è dubbio, ha sempre una connotazione religiosa: il senso di una missione che trascende la storia orizzontale, e in cui sia lo sposo sia i figli sono misterioso dono e prestito che non può essere tradito.

Intendo tutto questo come uno schizzo della conoscenza spontanea che tutti, più o meno, abbiamo dell’unione coniugale. Tale conoscenza scaturisce gradatamente dall’esperienza (teoretico-morale) della sessualità; cioè, dal contatto esistenziale con l’essere umano maschio e femmina. È la progressiva scoperta del significato intrinseco di essa; un significato che attrae e mette in moto, senza intermediari, la ragion pratica. L’unione coniugale è il perché teoretico del sesso, dell’esistenza del duplice essere umano. Ed è buona; e qualunque cosa la danneggi è male e innaturale.

 

6. Effetto automatico, fatti e legge naturale

Tommaso d’Aquino dimostra l’illiceità del sesso prematrimoniale in maniera indiretta, in quanto esso implica o la malizia della contraccezione o il rischio irresponsabile e ingiusto di mettere al mondo un bambino fuori dall’unione stabile sponsale: il solo habitat naturale alla sua crescita e sviluppo come uomo.[11] Per i fini di Tommaso questo duplice argomento è forte e convincente (non mi soffermerò adesso su come egli lo svolge).[12] Possiamo sempre immaginare, tuttavia, il caso ideale di due soggetti così sterili da non aver bisogno di contraccettivi senza per ciò stesso incorrere in alcun “rischio”. Che ci sarebbe di male in questo caso? Ci sarebbe di male precisamente che il sesso non avverrebbe nel suo contesto di significato, che è l’unione coniugale. E che, quando non avviene in quel contesto, lo danneggia necessariamente.

Tutto ciò può essere anche spiegato e approfondito tramite uno studio dell’intenzionalità degli agenti morali. Dicendo, ad esempio, che c’è in essa una mancanza di donazione e accettazione totale e una conseguente strumentalizzazione del partner; che nel sesso occasionale o prematrimoniale il linguaggio del corpo (di cui procreazione è una delle voci principali) parla in direzione diversa dall’occasionalità o parzialità del rapporto; che la virtù della castità – la virtù dell’armonia tra l’io corporeo e l’io spirituale – non può essere esercitata, e che è probabilmente anche per ciò che diminuisce la capacità di fedeltà dei soggetti coinvolti; ecc.

Queste riflessioni sono certamente da fare e sviluppare. I miei studenti però avevano ragione. Il punto fondamentale da cui bisogna partire non è una riflessione astratta sui significati e sulle intenzioni, ma il fatto inequivocabile dell’effetto unitivo automatico del sesso. Un effetto che, senza dubbio, dipende dall’intenzionalità delle scelte libere degli agenti, ma che è comunque un fatto di (relativamente) facile interpretazione.

Il sesso prematrimoniale danneggia di fatto la fedeltà coniugale e bisognerà dunque meglio definirlo come sesso anti-matrimoniale. Chi non è d’accordo faccia pure quel che vuole (Ovvio! Non è questo il punto). Nessuno, però, potrà sfuggire al fatto che chi pratica sesso prematrimoniale non è un buon partito, o comunque non è il partito migliore. Ogni genitore assennato dovrebbe dare questo consiglio. Si tratta di una regola prudenziale che le statistiche sui divorzi possono facilmente confermare: chi vuole un matrimonio felice, riuscito, fedele... deve anzitutto preferire persone che non abbiano avuto altri partner sessuali; e poi, con la persona prescelta, deve cercare di aspettare la prima notte di matrimonio. Ripeto: non c’è niente di strano a dire ciò e, in fondo,... tutti lo sanno.

E neppure c’è niente di strano in questo nesso intrinseco tra fatti (corporei) e morale. Se è vero che c’è una natura umana e una legge morale naturale, ogni violazione avrà necessariamente effetti facilmente riscontrabili, magari non nel caso singolo ma certamente nei grandi numeri. Il ragionamento funziona anche al contrario: se è vero che ci sono connessioni riscontrabili tra fatti (corporei) ed effetti (morali), allora è vero che esiste una natura umana e una legge morale naturale; è vero cioè che, piaccia o no, le nostre azioni e scelte producono necessariamente certi effetti non scelti nella nostra personalità morale. Detto ancora più brutalmente: la legge morale è statisticamente verificabile e i suoi effetti sono scientificamente prevedibili. Non nel senso delle verifiche delle scienze empiriche ma nel senso delle verifiche empiriche morali: quelle delle virtù e dei vizi.

Già Aristotele ne aveva raggiunto piena consapevolezza. Per lui, si sa, la scienza morale non può assurgere allo stesso grado di certezza e stabilità delle altre scienze,[13] ma nella realtà umana non c’è nulla di più stabile e certo della virtù. «Infatti intorno a nessuna delle opere umane sussiste certezza così come intorno alle attività conformi a virtù: tutti infatti concorderanno che queste sono più stabili anche delle scienze».[14] L’amicizia del virtuoso (inclusa la particolare amicizia che si realizza nell’unione coniugale) è perciò l’amicizia più stabile e durevole.[15] E una società non casta, possiamo aggiungere e verificare noi, sarà ricca di divorzi e povera di figli: subirà cioè tutti gli effetti del danno ai due beni principali dell’unione coniugale.

Detto incidentalmente: la verificabilità fattuale della legge naturale è anche la ragione principale del valore prudenziale da attribuire ai giudizi etici della tradizione. I fatti della legge morale sono infatti molto evidenti nel lungo periodo. Alcuni di essi possono sfuggire talvolta a qualche individuo o istituzione, e a qualche società o a qualche decennio, ma non al lungo, lento e inesorabile camminare della storia. La tradizione tende a conservare le letture migliori e più sagge della natura e a disperdere e dimenticare quelle miopi, false o menzognere. Quando siano in gioco giudizi prudenziali è sempre meglio dare più credibilità alle miriadi di uomini che ci hanno preceduto piuttosto che a pochi innovatori del nostro tempo.

C’è un ultimo punto con cui vorrei chiudere questa riflessione. Ho detto prima che i nostri giudizi spontanei sull’innaturalità di certe azioni umane si fondano sull’intuizione radicale, teoretica e morale, che c’è un ordine nella natura e che tale ordine è importante. Sono convinto che tutti condividiamo più o meno quest’intuizione radicale, e che tutti, almeno in alcuni ambiti, cerchiamo di conformarci a ciò che di quell’ordine riusciamo a comprendere. Perché?

Quell’intuizione radicale avviene in realtà in direzione trascendente. Essa nasconde l’intuizione ancora più profonda di un’Alterità personale creatrice di quell’ordine; un Qualcuno che lo ha voluto rendendolo importante in sé. L’ordine della natura ci parla della volontà di Dio. E se tale ordine appare più importante di quello disponibile alla soggettività del nostro piacere, ciò significa che per natura tendiamo prima di tutto all’unione con Dio e percepiamo la sua volontà come il fondamento di ogni moralità.[16] Ed ecco un altro fatto verificabile della legge naturale: l’uomo sinceramente etico – quello pronto a sacrificare i propri piaceri per il bene e i princìpi morali – e l’uomo sinceramente religioso tendono a coincidere.

 

 

 

 


 


* Presidente di Thomas International

 

[1]   Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo, Feltrinelli, Milano 1959, p. 321.

[2]  Lina, Blessed are the Pure of Heart. La fonte principale usata da Lina con riguardo all’oxytocin è M.B. Bonnaci, Real Love, Ignatius Press, San Francisco 1996.

[3]  Lina, cit.

[4]  Anna, Premarital Sex: Moral and Social Dilemma.

[5]  Aaron, The Ethics of Pre-marital Sex. A Logical Approach.

[6]  Se questo non dovesse succedere significa che probabilmente non erano ancora pronti per il matrimonio e non si rendono pienamente conto di quel che stanno facendo.

[7]  K. Wojtyla, Amore e responsabilità, Marietti, Genova 1983, p. 160.

[8]  Passa certamente per tante altre emozioni, ma che non hanno nulla a che vedere con la fedeltà coniugale.

[9]  Andrew, Understanding Catholicism’s Opposition Toward Pre-marital Sex. Questo giudizio di Andrew è tanto più interessante in quanto non accompagnato da una condanna personale del sesso prematrimoniale. Andrew, tuttavia, nonostante l’insistenza dei suoi colleghi, non ha dato una spiegazione dettagliata della sua posizione, che non sono quindi in grado di riportare.

[10]  È certamente degno di nota che sia i primi filosofi greci sia i miei studenti hanno subito collegato questa prima intuizione sul senso della natura con l’esistenza di Dio (o, comunque, del divino).

[11]  T. d’Aquino, Summa contra gentiles, III, cap. 122.

[12]  Mi permetto di rimandare su ciò al mio Dio e la legge naturale, ETS, Pisa 1999, pp. 220-32.

[13]  Cfr., ad es., Eth. Nic. I, 1, 1094b12-23.

[14]  Ibid., I, 11, 1100b12-15.

[15]  Ibid., VI, 4-5, 1156b6-1167a35.

[16]  Ho cercato di spiegare come questi elementi si intreccino armoniosamente nella filosofia di Tommaso d’Aquino nel mio Natural Law as Inclination to God, in corso di pubblicazione.

 
 
     
     
 
 
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