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Rapporti
prematrimoniali o rapporti anti-matrimoniali?
di
Fulvio Di Blasi*
C’è qualcosa di male nel sesso prima del matrimonio? In
realtà, posta così, la domanda è già fuorviante perché
sembra contenere un implicito riferimento a rapporti che
siano comunque ordinati al matrimonio mentre nella vita
reale, si sa (e senza bisogno di statistiche
specialistiche), non c’è in genere alcun collegamento tra
il sesso prematrimoniale e il matrimonio.
Bisognerebbe quindi più propriamente parlare di rapporti
sessuali non adulterini al di fuori del matrimonio, o di
sesso occasionale, sesso facile, sesso libero, ecc.
L’espressione rapporti prematrimoniali, giocando su un
concetto (matrimonio) che gode nel senso comune di una
connotazione morale fortemente positiva, rischia di
colorare acriticamente con la stessa connotazione proprio
quei rapporti non matrimoniali la cui liceità,
precisamente in ragione di quel non, viene
tradizionalmente contestata. Chi voglia porsi
spassionatamente la questione morale del sesso
prematrimoniale dovrebbe subito liberarsi
dell’ambiguità di tale espressione. Forse il termine
classico “fornicazione” servirebbe meglio allo scopo.
In alcuni
corsi di etica che ho tenuto all’Università di Notre Dame,
negli Stati Uniti, al di là del necessario studio dei
testi classici della filosofia, ho fatto lavorare gli
studenti su alcuni dei temi morali oggi più dibattuti:
omosessualità, matrimonio e famiglia, eutanasia, aborto,
contraccezione, pena di morte, ecc. Ogni studente, nel
corso del semestre, ha dovuto fare una ricerca, scrivere
un articolo di almeno dieci pagine e (dopo le opportune
correzioni) presentarlo in classe in dibattito con gli
altri studenti che avevano lavorato sullo stesso tema.
L’esperienza è stata ottima. Una filosofia morale coi
piedi per terra, e studiata con l’intento sincero di
essere (più) buoni, ha fatto apprezzare perfino a studenti
allergici alla filosofia i difficili testi aristotelici
sulla scienza pratica. Pre-marital sex è stato uno
degli argomenti su cui abbiamo lavorato e discusso
insieme. E a dispetto delle polemiche sterili e dei
parzialismi ideologici ho potuto, infine, assistere a
studenti “favorevoli” che hanno simpaticamente ed
egregiamente spiegato gli argomenti contro e a studenti
“non favorevoli” che hanno spiegato e riconosciuto le
difficoltà di quegli stessi argomenti. Il mio obiettivo
principale, in tutto questo, è stato non tanto
approfondire e migliorare la mia risposta personale ma
cercare di capire gli studenti, identificando e
interpretando gli aspetti che, dal loro punto di vista,
risultavano più rilevanti o problematici.
1. Livello morale
Intanto,
ci siamo trovati tutti d’accordo a mantenere la questione
al livello morale. Che significa? Significa che risposte
come “Lo faccio perché mi piace!” o “Non vedo perché
dovrebbe essere un problema morale!” diventano
automaticamente prive di senso in quanto evitano la
domanda cui sono invece chiamate a rispondere. In tutte le
azioni e scelte umane la questione morale -la questione
di coscienza- non riguarda ciò che piace ma ciò
che, piaccia o no, o piaccia più o meno, è giusto e/o
buono fare. Perfino la debolezza non è una risposta
logicamente accettabile ma tutt’al più qualcosa da vincere
o perdonare in ragione del bene morale. Solo chi sia
pronto a sacrificare il proprio piacere sta sul serio
affrontando una questione morale. Chi non è disposto non
dà una risposta differente allo stesso problema sta
semplicemente cercando di evitarlo. Per Aristotele, chi
non sia in grado di innalzarsi al di sopra delle passioni
e controllare piaceri e dolori non sarà mai in grado di
capire l’etica.
La
risposta morale è una risposta di principio (“È bene/non è
bene avere sesso fuori del matrimonio!”); e va
argomentata, perché la coscienza si nutre di argomenti
convincenti. Sincerità, rispetto e dialogo sono tutti
preliminari su cui, con gli studenti, ci siamo trovati
facilmente d’accordo. La persona etica è sincera, con se
stessa e con gli altri, sulle vere ragioni del suo agire,
e cerca di conformarsi ai buoni argomenti. Per ciò
stesso, è sempre pronta a dare e ascoltare ragioni; ed è
sempre rispettosa delle risposte etiche altrui, in
quanto ammira l’atteggiamento morale sincero prima e più
delle proprie stesse opinioni. L’arrabbiato, il risentito,
il polemico, il sofista, l’ingannatore... non sono
eticamente capaci. È questo il primo insegnamento di
Aristotele sulla scienza pratica: disposizione morale
sincera e apertura al dialogo argomentativo.
La
questione morale, poi, non la inventa nessuno: anche su
ciò non c’è stata contesa. L’uomo è un animale morale
perché spontaneamente s’interroga sulla bontà delle sue
azioni, e non solo sull’utile o sul piacere che ne deriva.
Dio, la famiglia, la vita nostra e degli altri, la
sessualità, la proprietà... non sono moralmente
indifferenti. Nessuno può scegliere di essere o no
eticamente reattivo a loro riguardo, può solo scegliere
come reagire. Che il sesso sia un problema morale è un
dato di fatto cui, nel breve o nel lungo periodo, non si
può sfuggire. Gli esseri umani non sono responsabili per
questa domanda: “È bene o male avere sesso prima del
matrimonio?” Ognuno, però, è responsabile della propria
risposta.
2. Il sesso unisce
E andiamo
al dato che ha maggiormente attratto l’attenzione degli
studenti: “Il sesso unisce!” Sembra banale. Ma
intendiamoci: non si tratta qui di una riflessione
astratta sul significato unitivo della copula e sulla
conformazione biologica e complementare degli organi
sessuali maschile e femminile. Niente affatto! Ciò che ha
profondamente incuriosito gli studenti è che qualunque
rapporto sessuale (volontario) crea subito un’unione
psichica, affettiva ed emotiva così intima e speciale che
nessun’altra relazione è in grado di eguagliare. È lo
stesso fatto che aveva sorpreso Tomasi di
Lampedusa, facendogli scrivere, all’incontro di Angelica
col suo ex amante sul tragitto di villa Falconeri, che
lui, il Senatore, «con lei aveva avuto una breve relazione
galante trent’anni prima, e conservava quella
insostituibile intimità conferita da poche ora passate fra
il medesimo paio di lenzuola».
Come per
magia, il fatto del sesso segna profondamente
l’affettività, l’intimità e le strutture morali
della persona, creando un contesto di significato
intessuto di aspettative comportamentali, di risposte, e
di ragioni per lodare, biasimare e rivendicare. I
partner di un rapporto sessuale diventano subito
complici a tanti altri livelli, nel bene e nel male
(perfino in un crimine). Con buona pace dei filosofi
analitici, il “devi” (“venire”, “aiutarmi”, “fare questo”
o “quello”) vive già nell’essere del sesso senza
bisogno di alcuna deduzione.
Uno degli
studenti, Lina, ha riportato in classe con grande
interesse la recente scoperta dell’oxytocin: un ormone che
pare venga emesso dalla donna solo durante l’allattamento
e i rapporti sessuali. L’effetto di tale ormone sarebbe di
creare nella donna «un forte attaccamento emotivo vuoi
verso il bambino vuoi verso il partner».
Oxytocin o no, un forte attaccamento si forma subito anche
nell’uomo; e una delle conclusione di Lina è stata che,
poiché un legame nasce inevitabilmente “ogni volta”, «più
partner sessuali si hanno più il legame con ognuno si fa
più debole»: «il sesso prematrimoniale», perciò, «aumenta
in seguito drammaticamente le chance di divorzio».
Le opinioni degli studenti su ciò sono state più o meno
convergenti. Così, ad esempio, si è espressa Anna:
«Aspettare irrobustisce il legame coniugale, poiché il
rapporto sessuale diviene qualcosa che i coniugi hanno
condiviso solo l’uno con l’altro».
Non è
strano che dove il sesso si fa routine e prodotto
commerciale, come nell’industria televisiva e
cinematografica, il divorzio diviene la regola e la
fedeltà coniugale la (rarissima) eccezione. È come se il
sesso funzionasse automaticamente in modo da
favorire la decisione (morale) di essere fedeli in un
rapporto coniugale esclusivo, e il sesso occasionale
danneggiasse, sempre automaticamente, la capacità
morale di fedeltà. A dispetto di ogni dualismo
post-cartesiano, il corpo sembra parlare un suo linguaggio
di cui, qualunque siano le intenzioni dei partner, incide
indisturbato i caratteri nello spirito.
Aaron ha
parlato di una sorta di accecante “effetto valanga” da cui
ha dedotto l’inutilità dei rapporti prematrimoniali come
test di compatibilità della coppia. L’esperienza sessuale,
ha argomentato, è affettivamente così forte da annebbiare
la scelta della persona con cui condividere l’esistenza.
Se per qualsiasi ragione il rapporto lascia insoddisfatti
conduce facilmente «a premature ipotesi di incompatibilità
di cui il matrimonio invece potrebbe presto disfarsi». In
tal caso, la potenza unitiva del sesso accelera, in
direzione opposta, una crisi di rigetto. Se, al contrario,
risulta soddisfacente, rischia di «creare false speranze,
o mascherare serie incompatibilità relazionali che
potrebbero poi far naufragare l’unione coniugale». «Il
sesso», continua Aaron, «è come una palla di neve che
rotola giù da una collina; è facile spingerla giù, ma, una
volta che cominci a rotolare, diventa piuttosto difficile
bloccarla, e anche più duro spingerla indietro da dove è
venuta».
Anche Lina non ha avuto dubbi (e nessuno in classe l’ha
contestata): «Il buon sesso è una facile scusa per
giustificare i difetti di qualcuno. In più, il legame
creatosi rende più arduo lasciarsi anche qualora ci si
renda conto che non si è fatti l’uno per l’altra». Perfino
“in vista del matrimonio” il sesso prematrimoniale sembra
funzionare più nella direzione del divorzio che della
fedeltà coniugale.
3. Il caso ideale
La piega
del discorso ha condotto spontaneamente gli studenti a
tratteggiare un nesso intrinseco tra il sesso e il
rapporto stabile tra uomo e donna che chiamiamo
matrimonio. Li ha portati a vedere il sesso “non
esclusivo” come qualcosa di chiaramente innaturale.
Già, perché contro la natura di atti che, da parte
loro, lavorano automaticamente in direzione di un rapporto
esclusivo e permanente. È innaturale creare un’intimità
così forte per poi romperla; ed è ancora più innaturale
se, così facendo, si diminuisce la capacità di intimità
dei futuri rapporti.
Che
succede, però, se la coppia ha già deciso di sposarsi e
sta solo aspettando il momento più conveniente per la
cerimonia? In tal caso, il sesso avverrebbe in un contesto
maturo di stabilità ed esclusività; e, per lo stesso
ragionamento di prima, funzionerebbe anche bene per
rafforzare la decisione ormai presa. Questo, se ricordo
bene, è stato il commento di Trevor. Ci abbiamo pensato e
ne abbiamo discusso. In effetti, il caso ideale non
funziona; e non funziona in quanto si basa su un insidioso
errore logico.
Esso
presenta il sesso prematrimoniale come se avvenisse nel
contesto di una decisione di permanenza ed esclusività...
che è esattamente il contesto del matrimonio a partire dal
momento del “Si! Lo voglio!” Questo momento non è, per
nessuno, una mera cerimonia. Anche fidanzati con anni
di sesso prematrimoniale vi arriveranno molto emozionati,
forse piangendo, e magari dopo qualche notte in bianco e
una lunga festa di addio al celibato.
Il motivo è semplice: il matrimonio è il punto di “non
ritorno”, che cambia la vita. Tutti lo sanno. E tutti lo
rispettano e lo celebrano come tale. Il patto matrimoniale
è così forte e inclusivo da giustificare (= rendere
giusta) di fronte sia a Dio sia agli uomini anche l’unione
corporea.
È anche per questo che, “subito dopo”, si chiama spesso
“il bacio”, perché il consenso appena contratto rende
lecita quell’unione... e il bacio (e non più del bacio) è
ciò che di essa agli invitati sarà dato scherzosamente di
assistere.
Nessuna
coppia passa per tali emozioni al decidere di avere sesso
prima del matrimonio.
Ed è ovvio! perché non è una decisione matrimoniale; non è
una decisione seria di stabilità e permanenza. E se la si
volesse far passare per tale, magari per convincersi della
liceità di quel sesso, si creerebbe un vero e proprio
inganno (o autoinganno) morale. Sarebbe come dire
“Facciamo sesso perché da ora decidiamo di
condividere pienamente e per sempre le nostre vite”, ma
dicendolo in un tempo morale dedicato a pensarci su
con calma e maturità ed, eventualmente, a ripensarci:
fino a un attimo prima, se necessario. Per le stesse
vittime dell’autoinganno il matrimonio rimarrà comunque il
punto di non ritorno: il punto che nel dubbio non bisogna
oltrepassare. Nonostante l’apparenza di impegno
definitivo, il sesso prematrimoniale resta un sesso fatto
a rischio di non prendere mai quell’impegno; a
rischio cioè di essere solo occasionale e di danneggiare
la futura capacità di fedeltà coniugale: c’è indubbiamente
un che di egoismo e di miopia in ciò. «Il sesso
prematrimoniale», ha concluso Andrew, «è difettoso [flawed]
perché fatto senza un impegno di fedeltà; di conseguenza
non è l’amore di due persone che hanno unito insieme le
loro vite, non importa quanto forti possano essere i loro
sentimenti. L’amore di una coppia che pratica sesso
prematrimoniale può essere solo condizionale e parziale».
4. Innaturale?
Ho avuto
questa discussione più dettagliata sul caso ideale con più
di uno studente nei giorni successivi alla discussione dei
papers in classe. Devo dire che, a tuttora, non mi ha
convinto del tutto. Non nel senso che non mi pare un
argomento sufficiente contro il sesso prematrimoniale.
Credo anzi lo sia; e più che sufficiente. Che col sesso
non si può scherzare, e precisamente in quanto agisce
potentemente e inesorabilmente sulla personalità morale di
chi lo fa, è un dato di fatto che dovrebbe mettere
chiunque sull’allerta. No! Il punto è che parlare di
questo dato di fatto non mi è mai apparsa la soluzione
ultima alla questione.
Ho
ricominciato a riflettere sulla risposta di fondo degli
studenti. Sul senso di quell’innaturale che si sono
infine un po’ tutti ritrovati sulle labbra. Che
intendevano, magari irriflessivamente (ma realmente), con
innaturale?
Credo che
tale parola rivela anzitutto la loro intuizione profonda
che la natura ha un senso, un significato oggettivo che vi
è inscritto, e che è indipendente dalle scelte umane (dal
puramente convenzionale). Un significato che noi riusciamo
piano piano a penetrare. Non è forse questa anche la prima
grande intuizione della filosofia greca? Che dietro
l’apparente caos del divenire si cela in realtà un ordine,
un disegno intelligente che ne regola efficacemente i
movimenti.
Non è
ingenuo fisicismo o biologismo. Il giudizio degli studenti
sull’innaturalità dei rapporti prematrimoniali non
può essere paragonato a esempi stupidi come il tapparsi le
orecchie, il camminare sulle mani e simili. C’è qualcosa
di più; e di diverso. Talvolta, infatti, è naturale
tapparsi le orecchie (per proteggerci, o per gioco...) e
talvolta è naturale camminare sulle mani (per giocare,
allenarci...); e quasi sempre è naturale mangiare un
gelato semplicemente perché ci piace: nessuno per tali
casi solleva dubbi seri di innaturalità. Lo si potrebbe
semmai paragonare a tapparsi definitivamente le
orecchie o a precludere per sempre i movimenti
delle dita, o anche a causare l’estinzione dei gufi
maculati del Pacifico. L’innaturale è l’intuizione
di un fine e di una ricchezza intelligibili della natura:
qualcosa che non va frustrato senza che si dia un
motivo sufficiente per farlo. È evidente, ad esempio,
che non bisogna tapparsi definitivamente le
orecchie a meno che non sia l’unico modo per
salvarsi la vita, o che non bisogna
intenzionalmente estinguere i gufi maculati a meno che
non sia l’unico modo per salvare le altre razze
animali o la stessa razza umana. Il piacere di farlo
non è un motivo sufficiente: questa è un’altra evidenza
logicamente implicita nell’intuizione.
“C’è
qualcosa di innaturale nel sesso occasionale!” è il
giudizio intuitivo che il sesso ha un significato
oggettivo intelligibile e che non si danno motivi validi
per ostacolarlo o frustrarlo. È dunque al tempo stesso
un’intuizione morale: l’intuizione che la natura (non il
fatto bensì l’ordine) è importante e
che il significato oggettivo del sesso è più
importante del suo significato soggettivo. Mi spiego
meglio. Nessuno nega (e soprattutto al livello intuitivo)
che il piacere sia naturale. Il giudizio spontaneo di
innaturalità sottende dunque una gerarchia etica. Esso
significa che, nel contesto dell’agire umano (libero e
responsabile), la naturalità del piacere non deve
vanificare la naturalità oggettiva intrinseca all’azione
da compiere, e che il rispetto di quest’ordine di
importanza è precisamente ciò che per l’essere umano è
moralmente naturale. L’unione coniugale possiede un
valore morale più alto del mero piacere del sesso. Perciò,
se il sesso fuori del matrimonio danneggia la futura
possibile unione coniugale, questo stesso fatto giustifica
la conclusione spontanea che quel sesso è innaturale
e dev’essere evitato.
5. Il senso comune dell’unione coniugale
Non era
dunque un semplice dato di fatto in gioco ma l’altissimo
valore che la nostra coscienza attribuisce spontaneamente
all’unione coniugale. Ciò che è innaturale è porre il
piacere del sesso al di sopra di essa, ed è innaturale
perché la nostra natura etica non conferisce al solo
piacere un tale primato. Sono convinto che questa è una
buona interpretazione dei giudizi di senso comune
impliciti nella discussione avuta coi miei studenti. Tale
interpretazione, però, sposta il problema a un altro e più
profondo livello di conoscenza implicita: che cos’è quest’unione
coniugale? Che sia qualcosa di molto importante è
assodato, ma che cosa esattamente? Finché il “che cosa”
non sarà più chiaro anche i contorni del “perché”
rimarranno incerti.
Non c’è
modo di esaurire la risposta, e a maggior ragione in poche
righe. Cerco di aiutarmi scrutando il mio stesso senso
comune, la mia conoscenza implicita. Che c’è nell’unione
coniugale da farla così grande, bella e attraente? La
solitudine sta sull’altra sponda: bisogna probabilmente
partire da lì. L’essere umano non è fatto per stare da
solo. Qualunque cosa sia “solitudine” è certamente inumano
e innaturale. Il linguaggio in cui viviamo non è
solitudine; e così il pensiero, fatto dell’alterità di
miriadi di concetti e segni linguistici. La storia non è
solitudine; e la scienza, la letteratura, la posta
elettronica e la preghiera. I valori morali non sono
solitudine. I nostri corpi non sono solitudine...
Dare a qualcuno la nostra importanza ed essere importanti
per qualcuno sono tutto il nostro essere morale. Nulla
vale la pena se non c’è qualcuno a cui darlo, o con cui
farlo e condividerlo; e nulla importa se non c’è qualcuno
che pensa a noi per noi stessi, cioè che ci ama. Se Dio
non c’è, se la sua provvidenza non ci dà assoluta
importanza al di là del tempo e dello spazio, siamo tutti
condannati all’infelicità di un’esistenza limitata e senza
senso, a una solitudine cosmica.
Unione
coniugale è anzitutto creare insieme. La vita è un
grande progetto, e l’unione coniugale è l’aspirazione a
progettarlo insieme e condividerne tutta l’avventura.
Donazione totale, condivisione totale e accettazione
totale formano i primi sentimenti morali genuini di una
giovane coppia; i primi tentativi buffi di dimostrare che
“niente ha senso senza di te”, e “che tutto ciò che sono e
faccio ti appartengono” e “che tutto ciò che ti riguarda è
per me importante e mi piace”. Fedeltà è dimostrare a
qualcuno che vale così tanto da donargli tutto senza
riserve. Chi non è fedele “per sempre” perde la
possibilità di realizzare il suo essere morale.
Ma l’insieme
del progetto coniugale non è astratto o indeterminato; non
è un insieme qualsiasi e un progetto qualsiasi: è
l’insieme dei due sessi e di tutto ciò che essi
significano. L’insieme del corpo maschile è il
corpo femminile, e l’insieme dei due è il
matrimonio e la famiglia. Il creare insieme si
estende nella storia e nelle generazioni: è il desiderio
di figli che è anch’esso inscritto nella differenza e
nell’unione dei due sessi. Già oltre l’esistenza
individuale, il creare insieme si estende poi anche
a Dio: è il desiderio di collaborare con Lui nella storia
co-creando la generazione successiva e la società
del domani. Il matrimonio autentico, non c’è dubbio, ha
sempre una connotazione religiosa: il senso di una
missione che trascende la storia orizzontale, e in cui sia
lo sposo sia i figli sono misterioso dono e prestito che
non può essere tradito.
Intendo
tutto questo come uno schizzo della conoscenza spontanea
che tutti, più o meno, abbiamo dell’unione coniugale. Tale
conoscenza scaturisce gradatamente dall’esperienza (teoretico-morale)
della sessualità; cioè, dal contatto esistenziale con
l’essere umano maschio e femmina. È la progressiva
scoperta del significato intrinseco di essa; un
significato che attrae e mette in moto, senza
intermediari, la ragion pratica. L’unione coniugale è il
perché teoretico del sesso, dell’esistenza del duplice
essere umano. Ed è buona; e qualunque cosa la
danneggi è male e innaturale.
6. Effetto automatico, fatti e legge naturale
Tommaso
d’Aquino dimostra l’illiceità del sesso prematrimoniale in
maniera indiretta, in quanto esso implica o la malizia
della contraccezione o il rischio irresponsabile e
ingiusto di mettere al mondo un bambino fuori dall’unione
stabile sponsale: il solo habitat naturale alla sua
crescita e sviluppo come uomo.
Per i fini di Tommaso questo duplice argomento è forte e
convincente (non mi soffermerò adesso su come egli lo
svolge).
Possiamo sempre immaginare, tuttavia, il caso ideale di
due soggetti così sterili da non aver bisogno di
contraccettivi senza per ciò stesso incorrere in alcun
“rischio”. Che ci sarebbe di male in questo caso? Ci
sarebbe di male precisamente che il sesso non avverrebbe
nel suo contesto di significato, che è l’unione coniugale.
E che, quando non avviene in quel contesto, lo danneggia
necessariamente.
Tutto ciò
può essere anche spiegato e approfondito tramite uno
studio dell’intenzionalità degli agenti morali. Dicendo,
ad esempio, che c’è in essa una mancanza di donazione e
accettazione totale e una conseguente strumentalizzazione
del partner; che nel sesso occasionale o prematrimoniale
il linguaggio del corpo (di cui procreazione è una
delle voci principali) parla in direzione diversa dall’occasionalità
o parzialità del rapporto; che la virtù della castità – la
virtù dell’armonia tra l’io corporeo e l’io spirituale –
non può essere esercitata, e che è probabilmente anche per
ciò che diminuisce la capacità di fedeltà dei soggetti
coinvolti; ecc.
Queste
riflessioni sono certamente da fare e sviluppare. I miei
studenti però avevano ragione. Il punto fondamentale da
cui bisogna partire non è una riflessione astratta sui
significati e sulle intenzioni, ma il fatto inequivocabile
dell’effetto unitivo automatico del sesso. Un effetto che,
senza dubbio, dipende dall’intenzionalità delle scelte
libere degli agenti, ma che è comunque un fatto di
(relativamente) facile interpretazione.
Il sesso
prematrimoniale danneggia di fatto la fedeltà
coniugale e bisognerà dunque meglio definirlo come sesso
anti-matrimoniale. Chi non è d’accordo faccia pure
quel che vuole (Ovvio! Non è questo il punto). Nessuno,
però, potrà sfuggire al fatto che chi pratica sesso
prematrimoniale non è un buon partito, o comunque non è il
partito migliore. Ogni genitore assennato dovrebbe dare
questo consiglio. Si tratta di una regola prudenziale che
le statistiche sui divorzi possono facilmente confermare:
chi vuole un matrimonio felice, riuscito, fedele... deve
anzitutto preferire persone che non abbiano avuto altri
partner sessuali; e poi, con la persona prescelta, deve
cercare di aspettare la prima notte di matrimonio. Ripeto:
non c’è niente di strano a dire ciò e, in fondo,... tutti
lo sanno.
E neppure
c’è niente di strano in questo nesso intrinseco tra fatti
(corporei) e morale. Se è vero che c’è una natura umana e
una legge morale naturale, ogni violazione avrà
necessariamente effetti facilmente riscontrabili, magari
non nel caso singolo ma certamente nei grandi numeri. Il
ragionamento funziona anche al contrario: se è vero che ci
sono connessioni riscontrabili tra fatti (corporei) ed
effetti (morali), allora è vero che esiste una natura
umana e una legge morale naturale; è vero cioè che,
piaccia o no, le nostre azioni e scelte producono
necessariamente certi effetti non scelti nella
nostra personalità morale. Detto ancora più brutalmente:
la legge morale è statisticamente verificabile e i suoi
effetti sono scientificamente prevedibili. Non nel senso
delle verifiche delle scienze empiriche ma nel senso delle
verifiche empiriche morali: quelle delle virtù e
dei vizi.
Già
Aristotele ne aveva raggiunto piena consapevolezza. Per
lui, si sa, la scienza morale non può assurgere allo
stesso grado di certezza e stabilità delle altre scienze,
ma nella realtà umana non c’è nulla di più stabile e certo
della virtù. «Infatti intorno a nessuna delle opere umane
sussiste certezza così come intorno alle attività conformi
a virtù: tutti infatti concorderanno che queste sono più
stabili anche delle scienze».
L’amicizia del virtuoso (inclusa la particolare amicizia
che si realizza nell’unione coniugale) è perciò l’amicizia
più stabile e durevole.
E una società non casta, possiamo aggiungere e
verificare noi, sarà ricca di divorzi e povera di
figli: subirà cioè tutti gli effetti del danno ai due beni
principali dell’unione coniugale.
Detto
incidentalmente: la verificabilità fattuale della legge
naturale è anche la ragione principale del valore
prudenziale da attribuire ai giudizi etici della
tradizione. I fatti della legge morale sono infatti
molto evidenti nel lungo periodo. Alcuni di essi
possono sfuggire talvolta a qualche individuo o
istituzione, e a qualche società o a qualche decennio, ma
non al lungo, lento e inesorabile camminare della storia.
La tradizione tende a conservare le letture migliori e più
sagge della natura e a disperdere e dimenticare quelle
miopi, false o menzognere. Quando siano in gioco giudizi
prudenziali è sempre meglio dare più credibilità alle
miriadi di uomini che ci hanno preceduto piuttosto che a
pochi innovatori del nostro tempo.
C’è un
ultimo punto con cui vorrei chiudere questa riflessione.
Ho detto prima che i nostri giudizi spontanei sull’innaturalità
di certe azioni umane si fondano sull’intuizione radicale,
teoretica e morale, che c’è un ordine nella natura e che
tale ordine è importante. Sono convinto che tutti
condividiamo più o meno quest’intuizione radicale, e che
tutti, almeno in alcuni ambiti, cerchiamo di conformarci a
ciò che di quell’ordine riusciamo a comprendere. Perché?
Quell’intuizione
radicale avviene in realtà in direzione trascendente. Essa
nasconde l’intuizione ancora più profonda di un’Alterità
personale creatrice di quell’ordine; un Qualcuno
che lo ha voluto rendendolo importante in sé. L’ordine
della natura ci parla della volontà di Dio. E se tale
ordine appare più importante di quello disponibile alla
soggettività del nostro piacere, ciò significa che per
natura tendiamo prima di tutto all’unione con Dio e
percepiamo la sua volontà come il fondamento di ogni
moralità.
Ed ecco un altro fatto verificabile della legge naturale:
l’uomo sinceramente etico – quello pronto a sacrificare i
propri piaceri per il bene e i princìpi morali – e l’uomo
sinceramente religioso tendono a coincidere.
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