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Recensioni:
S.
Leone, Etica della vita affettiva, EDB, Bologna 2006,
pp. 368
Etica della vita
affettiva,
di Salvino Leone, non è solo un testo dottrinale,
finalizzato a comprendere, storicamente e
antropologicamente, la sessualità, ma è anche un testo
che intende educare all’affettività, alla vocazione
matrimoniale, alla formazione della persona nella sua
interezza. Diviso in tre sezioni: 1) Etica sessuale
generale 2) Etica sessuale applicata 3) Etica
matrimoniale, il testo riflette lo spirito analitico
e l’equilibrata attenzione posta dall’autore alle
istanze morali dell’affettività, assicurando, inoltre,
un sicuro esempio di alta teologia morale in un campo
che tende, sempre di più, a diventare attuale perfino in
politica.
L'affettività, nello scenario etico e religioso
disegnato nel testo, è traducibile nei termini
di una vocazione etica, vale a dire nei termini
del valore morale della stessa affettività. Lo spazio
della vita morale, infatti, è il luogo della relazione
intersoggettiva autentica, la dimensione umanizzante
della coscienza di sé e degli altri. Una vita affettiva,
come si evince dal testo di Leone, è
necessariamente contrassegnata dall’esperienza morale (e
religiosa) incentrata sul rispetto della vita, in tutte
le sue manifestazioni fenomenologiche, e dunque anche
nella relazione dell’uomo con la propria vita e con il
suo prossimo. Il cuore della tesi di Leone è che la
dimensione relazionale è connaturata all’uomo, per cui
ognuno di noi è un “essere relazionale”, è un ponte per
l’incontro con l’altro. La valutazione morale del
comportamento sessuale non sfugge a questa regola, per
cui si potrà dire matura e riuscita, quella vita
affettiva che saprà scoprire l’altro, amandolo. Un altro
che non è solo il partner ma anche il figlio che
possibilmente sorgerà dall’unione coniugale.
Privilegiando il punto di
vista della teologia morale, Leone incentra il suo
percorso sul carattere costitutivo della dimensione
morale dell’agire umano: la responsabilità. Le norme
morali comportano necessariamente una presa di posizione
nei confronti del senso del nostro agire, da qui, Leone,
lascia intravedere una dimensione essenziale ed
inalienabile dall’esistenza dell’uomo: l’esperienza
religiosa nella morale cattolica: «Dio è legislatore
morale per eccellenza». In sostanza, scrive Leone, «c’è un
ordine cosmico a capo del quale c’e’ Cristo; ogni realtà
creata si inserisce in quest’ordine […]» ( p. 34).
Attraverso l’educazione all’affettività di coppia, i
coniugi, ad esempio, maturano dunque un percorso di
crescita vocazionale che può essere guida alla coscienza
della stessa esperienza generativa della coniugalità e
della famiglia. Così, nel primo capitolo, l’Etica
sessuale generale, la sessualità, oltre che funzione
biologica al servizio della procreazione, è vista come
incontro intersoggettivo in nome dell’amore. La
valutazione della stessa sessualità non potrà che essere
di natura etica; una caratteristica specifica che
contrassegna l’amore coniugale di valore morale è infatti
quello della donatività. La donatività è comunione di
vita, pienezza della maturazione di sé, ed è riconducibile
al matrimonio nell’esperienza della fede tra i coniugi.
Ecco che l’indissolubilità del matrimonio non appartiene
solo alla rivelazione cristiana, non è un opzione
esclusivamente evangelica, ma appartiene a una dimensione
antropologica originaria che, per ciò stesso, coinvolge
tutta l’umanità e non solo i credenti. Il matrimonio, da
questo punto di vista, mira al bene comune della vita
sociale e lo Stato, che è l’autorità che presiede
al bene comune, dovrebbe difenderlo e promuoverlo. Leone,
citando l’enciclica Casti connubii di Pio XI, ci fa
ben capire che è la dimensione naturale dell’unione, e più
concretamente la natura dell’uomo plasmata da Dio stesso,
a fornire l’indispensabile chiave di lettura delle
proprietà essenziali del matrimonio. Il loro rafforzamento
ulteriore nel matrimonio cristiano attraverso il
sacramento poggia su un fondamento di diritto naturale
alla procreazione, tolto il quale diventerebbe
incomprensibile la stessa opera salvifica e l’elevazione
che Cristo ha operato una volta per sempre nei riguardi
della realtà coniugale (265)
Trattando poi la spinosa
questione dell’identità sessuale, Leone afferma che la
natura di “persona” dell’essere umano è presupposta, a
prescindere dalla differenza sessuale, interpretata come
“accidente”. Qui Leone non intende negare che la persona
umana sia ontologicamente sessuata, ma la mascolinità e la
femminilità, per esprimerci in termini aristotelici, non
sono la sostanza né parte di essa, altrimenti uomini e
donne sarebbero esseri di specie diversa o sostanze
incomplete, che avrebbero bisogno dell’unione con un
individuo dell’altro sesso per essere persone di natura
umana completa. E ciò non vuol dire, ripetiamo, che la
sessualità sia intesa come realtà settoriale e
«periferica» nella vita umana. Perciò, a proposito
dell’innamoramento, puntualizza Leone, la mascolinità e
la femminilità non sono limitate alla genitalità, ma
investono l’emotività e penetrano nell’interiorità
dell’uomo e della donna.
Ne consegue, da un punto
di vista teologico, che la grazia sacramentale del
matrimonio, oltre ad elevare e a perfezionare l’amore
coniugale, ha anche una dimensione sanante, affinché
l’amore esprima veramente il reciproco dono personale
degli sposi, come si legge nella Gaudium et spes
citata da Leone, la quale, tra l’altro, presenta siffatto
amore ben al di sopra della pura attrattiva dei sensi. Da
qui è possibile ricondurre al valore morale dell’amore
tutte quante le esigenze dell’etica sessuale, recuperando
i valori iscritti nella dimensione affettiva: corpo,
genitalità, emotività, donazione, procreazione ecc.
Così, nel capito
intitolato Procreazione Responsabile, Leone
riprende la dibattuta questione inaugurata da Paolo VI in
Humanae Vitae. In quest’ultima, secondo Leone, «Vi
è [...] un punto realmente innovativo che, pur basandosi
sul predente magistero, supera le posizioni di Pio XI e
Pio XII, e cioè il concetto di paternità responsabile che
introduce e in base al quale viene affidata ai coniugi,
sia pure vietando il ricorso di metodi artificiali, la
ponderata decisione circa il numero di figli da mettere al
mondo. Il concetto di responsabilità procreativa che Paolo
VI introduce non riguarda , così, solo l’uso dei mezzi ,
ma anche il senso più profondo da attribuire alla scelta
dei coniugi. Un elevato numero di figli, che indubbiamente
può essere frutto di grande generosità coniugale, può
rivelarsi così anche come segno di procreazione
irresponsabile e, come tale, ricadere nell’ambito di un
giudizio-disvaloriale» (pp. 268-269). Compito e missione
del matrimonio cristiano, secondo Leone, citando Giovanni
Paolo II, è proprio l’apertura responsabile alla
vita; essere donatori di vita significa diventare
collaboratori di un Dio creatore, il quale è vita e amore:
«All’origine di una persona v’è un atto creativo di Dio:
nessun uomo viene all’esistenza per caso; egli è sempre il
termine dell’amore creativo di Dio. Da questa
fondamentale verità di fede e di ragione deriva anche la
capacità procreativa, inscritta nella sessualità umana,
che è, nella sua verità più profonda, una
cooperazione con la potenza creativa di Dio» ( p. 269).
In
conclusione, possiamo dire che le molteplici
interpretazioni analizzate da Leone, sorte dal contesto
storico-teologico, costituiscono la geografia morale di
questo testo, il quale ci fa comprendere che ogni uomo non
può sottrarsi alla propria vocazione morale. Una vocazione
morale che, se vissuta fino in fondo, può condurre l’uomo
sul sentiero della fede, rivelando come la persona sia un
mistero aperto alla trascendenza anche, e forse
soprattutto, nel campo della vita affettiva.
Vincenzo Isaia |
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