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- St. Thomas Education Project |
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SAN
TOMMASO D'AQUINO
SULLA
LEGGE
SOMMA
TEOLOGICA
PRIMA
SECUNDAE (I-II)
(Trad.
Giuseppina D'Addelfio)
QUAESTIO
92
Sugli effetti della legge
ARTICOLO 1
Effetto
della legge è rendere gli uomini buoni?
Circa il
primo punto procediamo così.
Sembra che non sia proprio della legge rendere gli uomini
buoni. Gli uomini infatti sono buoni per virtù: «virtù»
infatti «è quella che rende buono chi la possiede», come
viene detto nel secondo libro dell’Etica Nicomachea
(c.6). Ma la virtù è nell’uomo solo da Dio: egli stesso
infatti «la produce in noi senza di noi», come sopra è
stato detto nella definizione della virtù (q.55, a.4).
Dunque non è proprio della legge rendere gli uomini buoni.
2. Inoltre,
la legge non giova all’uomo se egli non le ubbidisce. Ma
questa obbedienza proviene dalla bontà. Dunque la bontà
nell’uomo preesiste alla legge. Perciò la legge non rende
gli uomini buoni.
3. Inoltre,
la legge è ordinata al bene comune, come sopra è stato
detto (q.90 a.2). Ma alcuni si comportano bene nelle cose
che riguardano il bene comune e tuttavia non si comportano
bene nelle faccende private. Dunque non spetta alla legge
rendere gli uomini buoni.
4. inoltre,
certe leggi sono tiranniche, come dice il Filosofo, nella
sua Politica (III, c.6). Ma il tiranno non mira
alla bontà dei sudditi, ma solo alla sua propria utilità.
Dunque. non è proprio della legge rendere gli uomini
buoni.
Ma di contro
vi è
ciò che il Filosofo dice, nel
secondo libro dell’Etica Nicomachea (c.1): «questo
è il volere di ogni legislatore: rendere buoni i
cittadini».
Rispondo
dicendo
che, come sopra è stato detto
(q.90, a.1, ad.2; aa.3 e 4), la legge non è nient’altro
che il dettame della ragione in colui che governa e
comanda i sudditi. Ora la virtù di qualsiasi suddito
consiste nel sottostare bene a colui dal quale è
governato. Così vediamo che la virtù della parte
irascibile dell’anima e la virtù di quella concupiscibile
consistono in questo: nell’essere ben obbedienti alla
ragione. E in questo modo «la virtù di qualsiasi suddito
consiste nell’essere ben sottomesso al suo principe», come
il Filosofo dice nel Primo libro della Politica (c.5).
A questo, infatti, è ordinata qualsiasi legge: che ad essa
i sudditi obbediscano. Conseguentemente è manifesto che
questo è compito proprio della legga: indurre coloro che
ad essa sono soggetti alla loro propria virtù. E poiché la
virtù è «quella che rende buono chi la possiede» (cfr. il
primo argomento), ne segue che effetto proprio della legge
sia rendere buoni coloro ai quali essa è data, o in senso
assoluto o in senso relativo. Se infatti l’intenzione
insita nella legge mira al vero bene, che è il bene comune
regolato secondo la divina giustizia, ne segue che
attraverso la legge gli uomini sono resi buoni in senso
assoluto. Se, invece, l’intenzione del legislatore mira
non a ciò che è bene in senso assoluto, ma all’utile o al
dilettevole per se stesso o a ciò che è contrario alla
divina giustizia, allora la legge non rende gli uomini
buoni in senso assoluto, ma in senso relativo, cioè buoni
per tale governo. Ora, inteso in tal senso, il bene si
trova anche in cose che sono per sé cattive: così qualcuno
è detto buon ladro, perché opera in modo appropriato al
suo fine.
Risposta al
primo argomento:
la virtù è duplice come emerge dalle cose dette sopra (q.63,
a.2): acquisita e infusa. Ora, su entrambe ha un qualche
influsso l’abitudine delle opere, ma in modo diverso:
infatti l’abitudine causa la virtù acquisita; dispone
invece alla virtù infusa e, quando essa sia già posseduta,
la conserva e la accresce. E perciò la legge viene data
per dirigere gli atti umani. Nella misura in cui codesti
atti umani operano al fine della virtù, la legge rende gli
uomini buoni. Conseguentemente anche il Filosofo dice, nel
secondo libro della Politica, dice: «i legislatori
rendono buoni gli uomini creando delle abitudini».
Risposta al
secondo argomento:
non sempre si obbedisce alla legge per la perfetta bontà
della virtù, ma talora per il timore della pena, altre
volte per il solo dettame della ragione, che è un
principio di virtù, come sopra è stato affermato (q. 63,
a. 1).
Risposta al
terzo argomento:
la bontà di una qualsiasi parte viene considerata in
rapporto al tutto cui appartiene. Ne consegue ciò che
Agostino dice nel terzo libro delle Confessioni (c.8):
«tutto è quella parte che non si armonizza con il tutto
cui appartiene». Perciò, essendo ogni uomo parte di una
comunità politica, è impossibile che costui sia buono se
non è in armonia al bene comune; d’altra parte, il tutto
non può essere ben costituito se non da parti tra loro in
armonia. Conseguentemente, è impossibile che il bene
comune di una città si possa ben raggiungere, se i
cittadini non sono virtuosi, almeno quelli cui spetta
governare. Per il bene comune è sufficiente che gli altri
siano virtuosi tanto da obbedire ai comandi dei
governanti. E perciò il Filosofo dice, nel terzo libro
della Politica (c. 2): «la stessa è la virtù del
principe e quella dell’uomo buono, mentre non è la stessa
la virtù di un qualsiasi cittadino e quella di un uomo
buono».
Risposta al
quarto argomento:
una legge tirannica, non essendo secondo ragione, non è in
senso pieno una legge, ma piuttosto è una certa
distorsione della legge. E tuttavia nella misura in cui ha
qualcosa della natura della legge [de ratione legis],
mira a questo: che i cittadini siano buoni. Non ha,
infatti, natura di legge se non come dettame di un certo
governante sui sudditi e tende a rendere i sudditi ben
obbedienti alla legge; ciò equivale a renderli buoni non
in senso pieno, ma in ordine a quel governo.
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SULLA
LEGGE
SULLA
LEGGE IN GENERALE
I-II,
q. 90, Sull’essenza della legge
I-II,
q. 91, Le diverse leggi
I-II,
q. 92, Sugli effetti della legge
SULLE
PARTI DELLA LEGGE
Legge
eterna
I-II,
q. 93, Sulla legge eterna
Legge
naturale
I-II,
q. 94, Sulla legge naturale
Legge
umana
I-II,
q. 95, Sulla legge umana in se stessa
I-II,
q. 96, Sul potere della legge umana
I-II,
q. 97, Sul cambiamento delle leggi
Legge
antica
I-II,
q. 98, Sulla legge antica
I-II,
q. 99, Sulla distinzione dei precetti della legge antica
I-II,
q. 100, Sui precetti morali
I-II,
q. 101, Sui precetti cerimoniali in se stessi
I-II,
q. 102, Sulle cause dei precetti cerimoniali
I-II,
q. 103, Sulla durata dei precetti cerimoniali
I-II,
q. 104, Sui precetti giudiziali
I-II,
q. 105, Sulla natura dei precetti giudiziali
Legge
nuova
I-II,
q. 106, Sulla legge nuova (che è la legge del Vangelo)
in se stessa
I-II,
q. 107, Sul confronto tra la legge nuova e la legge antica
I-II,
q. 108, Sulle cose che sono contenute nella legge nuova |
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