Gli enti naturali
contingenti sono soggetti alla legge eterna?
Circa il quinto punto
procediamo così. Sembra che gli enti naturali
contingenti non siano soggetti alla legge eterna. La
promulgazione è infatti essenziale alla legge, come sopra
è stato detto (q. 90, a. 4). Ma la promulgazione non può
farsi se non verso creature razionali, alle quali qualcosa
può essere annunziata. Quindi soltanto le creature
razionali sono soggette alla legge eterna. Dunque, non lo
sono gli enti naturali contingenti.
2. Inoltre, «quelle
cose che obbediscono alla ragione, partecipano in qualche
modo della ragione», come si dice nel primo libro dell’Etica
Nicomachea (c. 13). La legge eterna, infatti, è
ragione suprema, come sopra è stato detto (a. 1). Non
partecipando, dunque, gli enti naturali contingenti in
alcun modo della ragione, ma essendo del tutto privi di
ragione, sembra non siano soggetti alla legge eterna.
3. Inoltre, la legge
eterna è efficace in massimo grado. Ma negli enti naturali
contingenti accadono difetti. Dunque essi non sono
soggetti alla legge eterna.
Ma di contro vi è
ciò che è detto nel libro dei Proverbi (8, 29):
«quando (Dio) stabiliva intorno al mare i suoi limiti,
poneva una legge alle acque affinché non oltrepassassero i
propri confini».
Rispondo dicendo
che la condizione della legge eterna, che è legge
di Dio, è diversa da quella della legge dell’uomo. Infatti
la legge dell’uomo non si estende se non alle creature
razionali che sono a lui soggette. E il motivo di ciò sta
nel fatto che la legge ha il compito di regolare gli atti
che sono appropriati per coloro che sono soggetti al
governo di un altro: conseguentemente, nessuno, parlando
propriamente, può imporre una legge ai propri atti. Ora
tutte le azioni che si compiono nell’usare le cose prive
di ragione soggette all’uomo, si compiono per mezzo di
atto dell’uomo stesso che mette in movimento tali cose:
infatti tali creature irragionevoli non guidano se stesse,
ma sono guidate da altro, come sopra è stato stabilito (q.
1, a. 2). E perciò alle cose prive di ragione l’uomo non
può imporre una legge, per quanto queste cose siano a lui
soggette. Invece a ciò che è dotato di ragione può imporre
una legge, nella misura in cui con un comando o con un
qualsiasi enunciato, imprime nella loro mente una regola
che è principio dell’agire. E così come, infatti, l’uomo
imprime, enunciando, un certo principio interiore degli
atti dell’uomo a lui soggetto, allo steso modo anche Dio
imprime a tutta la natura i principi dei propri atti. E
perciò in questo modo si dice che Dio comanda tutta la
natura, secondo quanto si dice nel Salmo 148, al
versetto 6: «Un precetto pose, e questo non passerà». E
attraverso questo ragione tutti i moti e gli atti di tutta
la natura sono sottoposti alla legge eterna.
Conseguentemente, in altro modo le creature prive di
ragione sono soggette alla legge eterna, nella misura in
cui sono mosse dalla divina provvidenza, non però
attraverso la comprensione del comando di Dio, così come
le creature razionali.
Risposta al primo argomento:
in questo modo si ha che il principio intrinseco d’azione
viene impresso negli enti naturali, così come si ha la
promulgazione della legge rispetto agli uomini: perché
attraverso la promulgazione della legge si imprime negli
uomini, come è stato detto, un principio che dirige i loro
atti.
Risposta al secondo
argomento:
le creature prive di ragione non partecipano della ragione
umana, né ad essa obbediscono: partecipano tuttavia, con
la loro obbedienza, della ragione divina. Infatti la
potenza della ragione divina è più estesa della potenza
della ragione umana. E così come le membra del corpo umano
sono mosse dal comando della ragione e tuttavia non
partecipando della ragione perché non hanno alcuna
apprensione ordinata di essa, allo stesso modo anche le
creature prive di ragione sono mosse da Dio e tuttavia non
per questo sono razionali.
Risposta al terzo argomento:
i difetti che accadono negli enti naturali, sebbene siano
contro l’ordine delle cause particolari, tuttavia non sono
contro l’ordine delle cause universali; e specialmente
della causa prima, che è Dio, alla cui provvidenza niente
può sottrarsi, come è stato detto nella Prima Parte
(q. 22, a. 2). E poiché la legge eterna è la ragione della
divina provvidenza, come è stato detto (a. 1), perciò i
difetti delle cose naturali ricadono sotto la legge
eterna. |