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SAN TOMMASO D'AQUINO

 

SULLA LEGGE

 

SOMMA TEOLOGICA

PRIMA SECUNDAE (I-II)

(Trad. Giuseppina D'Addelfio)

QUAESTIO 96

Sul potere della legge umana

ARTICOLO 4

 

La legge umana impone obblighi dinanzi alla coscienza?

 

 

Circa il quarto punto procediamo così. Sembra che la legge umana non imponga obblighi dinanzi alla coscienza. Un’autorità inferiore non può infatti imporre legge facendosi forte del giudizio [in iudicio] di un’autorità superiore. Ma l’autorità dell’uomo, che sancisce la legge umana, è inferiore alla autorità divina. Dunque la legge umana non può imporre legge in rapporto al giudizio divino, quale è il giudizio di coscienza.

 

2. Inoltre, il giudizio di coscienza dipende specialmente dai comandi divini. Ma talvolta i comandi divini sono svuotati dalle leggi umane; secondo quando dice il Vangelo secondo Matteo (15, 6): «Avete reso nullo il comandamento di Dio a causa della vostra tradizione». Dunque la legge umana non impone obblighi dinanzi alla coscienza.

 

3. Inoltre, le leggi umane spesso apportano offesa e danno agli uomini; secondo quanto dice Isaia (10, 1 e ss.): «Guai a coloro che stabiliscono leggi inique e scrivono sentenze ingiuste, per opprimere in giudizio i deboli, e usare forza sui poveri del mio popolo». Ed è lecito a chiunque resistere all’oppressione e alla violenza. Dunque le leggi umane non impongono obblighi all’uomo dinanzi alla coscienza.

 

Ma di contro vi è ciò che è scritto nella Prima lettera di Pietro: «È grazia, se per coscienza uno sopporta molestie, soffrendo ingiustamente».

 

Rispondo dicendo che le leggi umane positive o sono giuste o sono ingiuste. Se sono giuste hanno la forza di obbligare dinanzi alla coscienza dalla legge eterna, dalla quale derivano, secondo quanto si legge nel libro dei Proverbi (8, 15): «Per mezzo mio regnano i re e coloro che fanno le leggi emettono giusti decreti». Le leggi, infatti, sono dette giuste sia in rapporto al fine, quando cioè sono ordinate al bene comune; sia in rapporto al loro autore, quando cioè la legge emanata non eccede l’autorità di colui che la ha emanata; sia in rapporto alla loro forma, quando cioè, secondo una proporzione di uguaglianza, sono imposti ai sudditi degli oneri al fine del bene comune. Infatti essendo il singolo uomo parte della società, tutto ciò che l’uomo possiede ed è, appartiene alla società: allo stesso modo ogni parte appartiene al tutto. Conseguentemente anche la natura un certo danno arreca alla parte, per salvare il tutto. E in base a questo, le leggi di tal fatta, che ripartiscono gli oneri proporzionalmente, sono giuste, e obbligano dinanzi alla coscienza, e sono legittime.
Invece le leggi sono ingiuste in modo duplice. In un modo, perché in contrasto con il bene umano, negli elementi sopra detti: o per il fine, come quando qualcuno che comanda impone ai sudditi leggi onerose che non favoriscono il bene comune, ma piuttosto la propria cupidigia e la propria gloria; o anche per l’autore, come quando qualcuno emana una legge superiore alla propria meritata autorità; o anche per la forma, ad esempio quando in modo ineguale sono distribuiti gli oneri, anche se ordinati al bene comune. E in tal modo sono più violenze che leggi: perché, come dice Agostino, nel primo libro del De Libero Arbitrio (c.5) «non sembra possa essere legge, quella che non è giusta». Di conseguenza tali leggi non obbligano dinanzi alla coscienza: a meno che non si tratti di evitare scandalo e turbamento, cosa per cui l’uomo deve cedere il proprio diritto, secondo quanto detto nel Vangelo secondo Matteo (5, 40-41): «Con chi ti obbliga a fare un miglio con lui, fanne due; e a chi ti toglie la tunica, dai anche il mantello».
In altro modo le leggi possono essere ingiuste per contrarietà al bene divino: come le leggi dei tiranni che inducono all’idolatria, o a qualsiasi altra cosa contraria alla legge divina. E in nessun modo è lecito osservare tali leggi, perché, come si dice negli Atti degli Apostoli (5, 29), «è necessario obbedire a Dio più che agli uomini».

 

Risposta al primo argomento: così come l’Apostolo dice, nella Lettera ai Romani (13, 1 e ss.): «Ogni autorità umana viene da Dio: e perciò colui che si oppone all’autorità» in cose che spettano all’autorità «si oppone all’autorità di Dio». In base a questo diviene colpevole dinanzi alla coscienza.

 

Risposta al secondo argomento: tale argomento parte da leggi umane che sono contrarie ai comandamenti di Dio. E a questo ordine l’autorità non può estendersi. Di conseguenza a tali leggi umane non si deve obbedire.

 

Risposta al terzo argomento: tale argomento parte da una legge che è impone ai sudditi un onere ingiusto: e anche a questo ordine non si estende la autorità divina. Di conseguenza nemmeno in tali casi l’uomo è obbligato ad obbedire alla legge, se senza scandalo o danno maggiore può non obbedirvi.

 

 
     

SULLA LEGGE

SULLA LEGGE IN GENERALE

I-II, q. 90, Sull’essenza della legge

I-II, q. 91, Le diverse leggi

I-II, q. 92, Sugli effetti della legge

SULLE PARTI DELLA LEGGE

Legge eterna

I-II, q. 93, Sulla legge eterna

Legge naturale

I-II, q. 94, Sulla legge naturale

Legge umana

I-II, q. 95, Sulla legge umana in se stessa

I-II, q. 96, Sul potere della legge umana

I-II, q. 97, Sul cambiamento delle leggi

Legge antica

I-II, q. 98, Sulla legge antica

I-II, q. 99, Sulla distinzione dei precetti della legge antica

I-II, q. 100, Sui precetti morali

I-II, q. 101, Sui precetti cerimoniali in se stessi

I-II, q. 102, Sulle cause dei precetti cerimoniali

I-II, q. 103, Sulla durata dei precetti cerimoniali

I-II, q. 104, Sui precetti giudiziali

I-II, q. 105, Sulla natura dei precetti giudiziali

Legge nuova

I-II, q. 106, Sulla legge nuova (che è la legge del Vangelo) in se stessa

I-II, q. 107, Sul confronto tra la legge nuova e la legge antica

I-II, q. 108, Sulle cose che sono contenute nella legge nuova