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SAN TOMMASO D'AQUINO

 

SULLA LEGGE

 

SOMMA TEOLOGICA

PRIMA SECUNDAE (I-II)

(Trad. Giuseppina D'Addelfio)

QUAESTIO 99

Sulla distinzione dei precetti della legge antica

ARTICOLO 3

 

Oltre ai precetti morali, la legge antica contiene precetti cerimoniali?

 

 

Circa il terzo punto procediamo così. Sembra che la legge antica non contenga precetti cerimoniali, oltre a quelli morali. Ogni legge che è data agli uomini, infatti, è fatta per dirigere gli atti umani. Ora, gli umani, come è stato detto sopra (q. 1, a. 3) sono atti morali. Dunque sembra che la legge antica data agli uomini, non debba contenere altri precetti se non quelli morali.

 

2. Inoltre, i precetti che sono chiamati cerimoniali, sembrano riguardare il culto divino. Ma il culto divino è un atto di virtù, cioè di religione, come dice Cicerone: «onora la divinità con il culto e con la cerimonie» (2 De Invent. Reth. , c. 53). Riguardando dunque i precetti morali gli atti di virtù, come è stato detto (a. praec.), sembra che non sia possibile distinguere i precetti cerimoniali da quelli morali.

 

3. Inoltre, i precetti cerimoniali sembrano riguardare cose che significano figurativamente altro. Ma come Agostino dice (2 De Doctr. Christ., c. 3), «Le parole tra gli uomini hanno il primo posto nel significare». Dunque, non c’era alcun bisogno che nella legge fossero contenuti precetti cerimoniali riguardanti certi atti figurativi.

 

Ma di contro vi è ciò che si dice nel Deuteronomio (4, 13): «Dieci parole scrisse in due tavole di pietra e a me comandò in quell’occasione di insegnarli le cerimonie e i giudizi che avreste dovuto osservare». Ma questi dieci precetti di legge sono precetti morali. Dunque, oltre ai precetti morali ci sono anche altri precetti cerimoniali.

 

Rispondo dicendo che, come è stato detto (a. praec.), la legge divina fu principalmente istituita per ordinare gli uomini a Dio, invece la legge umana principalmente per ordinare gli uomini tra loro. E perciò le leggi umane non si curarono di stabilire nulla sul culto divino, se non in vista del bene comune degli uomini: e per questo inventarono anche molte cose circa la divinità, in base a quello che sembrava loro utile per plasmare i costumi degli uomini come emerge nei riti pagani. Ma la legge divina, al contrario, ordinava gli uomini tra loro secondo ciò che serviva all’ordine a Dio, cui principalmente mirava. Ora, l’uomo viene ordinato a Dio non solo con gli atti interni della mente, che sono credere sperare e amare, ma anche attraverso certe opere esteriori con le quali l’uomo riconosce il proprio essere servo di Dio. E in queste opere consiste il culto di Dio. E questo culto si denomina cerimonia che, secondo alcuni, viene da munia, cioè doni, e da Cerere che era la dea dei prodotti agricoli; per questo anticamente con i prodotti agricoli si offrivano doni a Dio. Oppure, come riferisce Valerio Massimo (1 Factorum Victorumque Memorab., c. 1), il termine cerimonia fu introdotto per indicare il culto divino presso i latini da un certo paese vicino a Roma che si chiamava Cere, perché là, quando Roma fu occupata dai Galli, le cose sacre dei romano erano state trasportate e gelosamente custodite. Così dunque quei precetti che nella legge sono relativi al culto di Dio si dicono propriamente cerimoniali.

 

Risposta al primo argomento: gli atti umani si estendono anche al culto divino. E perciò la legge antica data agli uomini contiene anche precetti che riguardano queste cose.

 

Risposta al secondo argomento: come sopra è stato detto (q. 91, a. 3), i precetti della legge naturale sono universali e hanno bisogno di determinazione. Ora essi vengono determinati sia attraverso la legge umana, sia attraverso la legge divina. E così come queste determinazioni che sono fatte dalla legge umana non vengono attribuite alla legge naturale ma al diritto positivo, allo stesso modo, queste determinazioni dei precetti della legge di natura fatte dalla legge divina sono distinte dai precetti morali, che appartengono alla legge di natura. Onorare quindi Dio, essendo atto di virtù, appartiene a un precetto morale; ma la determinazione di questo precetto, cioè che si onori con tali sacrifici e con tali doni, questo appartiene ai precetti cerimoniali. E perciò i precetti cerimoniali si distinguono dai precetti morali.

 

Risposta al terzo argomento: come dice Dionigi (1 Cael. Hier.), le cose divine non possono essere manifestate agli uomini se non attraverso similitudini sensibili. Ora queste similitudini muovono maggiormente l’animo quando non solo sono espresse con la parola, ma anche si offrono ai sensi. E perciò le cose divine vengono comunicate nelle scritture non solo attraverso similitudini espresse a parole, come emerge nelle locuzioni metaforiche, ma anche attraverso similitudini di cose presentate visibilmente; e ciò appartiene ai precetti cerimoniali.

 

 
     

SULLA LEGGE

SULLA LEGGE IN GENERALE

I-II, q. 90, Sull’essenza della legge

I-II, q. 91, Le diverse leggi

I-II, q. 92, Sugli effetti della legge

SULLE PARTI DELLA LEGGE

Legge eterna

I-II, q. 93, Sulla legge eterna

Legge naturale

I-II, q. 94, Sulla legge naturale

Legge umana

I-II, q. 95, Sulla legge umana in se stessa

I-II, q. 96, Sul potere della legge umana

I-II, q. 97, Sul cambiamento delle leggi

Legge antica

I-II, q. 98, Sulla legge antica

I-II, q. 99, Sulla distinzione dei precetti della legge antica

I-II, q. 100, Sui precetti morali

I-II, q. 101, Sui precetti cerimoniali in se stessi

I-II, q. 102, Sulle cause dei precetti cerimoniali

I-II, q. 103, Sulla durata dei precetti cerimoniali

I-II, q. 104, Sui precetti giudiziali

I-II, q. 105, Sulla natura dei precetti giudiziali

Legge nuova

I-II, q. 106, Sulla legge nuova (che è la legge del Vangelo) in se stessa

I-II, q. 107, Sul confronto tra la legge nuova e la legge antica

I-II, q. 108, Sulle cose che sono contenute nella legge nuova