Oltre ai precetti morali,
la legge antica contiene precetti cerimoniali?
Circa il terzo punto procediamo così. Sembra che la
legge antica non contenga precetti cerimoniali, oltre a
quelli morali. Ogni legge che è data agli uomini, infatti,
è fatta per dirigere gli atti umani. Ora, gli umani, come
è stato detto sopra (q. 1, a. 3) sono atti morali. Dunque
sembra che la legge antica data agli uomini, non debba
contenere altri precetti se non quelli morali.
2. Inoltre, i
precetti che sono chiamati cerimoniali, sembrano
riguardare il culto divino. Ma il culto divino è un atto
di virtù, cioè di religione, come dice Cicerone: «onora la
divinità con il culto e con la cerimonie» (2 De Invent.
Reth. , c. 53). Riguardando dunque i precetti morali
gli atti di virtù, come è stato detto (a. praec.), sembra
che non sia possibile distinguere i precetti cerimoniali
da quelli morali.
3. Inoltre, i
precetti cerimoniali sembrano riguardare cose che
significano figurativamente altro. Ma come Agostino dice
(2 De Doctr. Christ., c. 3), «Le parole tra
gli uomini hanno il primo posto nel significare». Dunque,
non c’era alcun bisogno che nella legge fossero contenuti
precetti cerimoniali riguardanti certi atti figurativi.
Ma di contro vi è ciò che si dice nel
Deuteronomio (4, 13): «Dieci parole scrisse in due
tavole di pietra e a me comandò in quell’occasione di
insegnarli le cerimonie e i giudizi che avreste dovuto
osservare». Ma questi dieci precetti di legge sono
precetti morali. Dunque, oltre ai precetti morali ci sono
anche altri precetti cerimoniali.
Rispondo dicendo che, come è stato detto (a. praec.),
la legge divina fu principalmente istituita per ordinare
gli uomini a Dio, invece la legge umana principalmente per
ordinare gli uomini tra loro. E perciò le leggi umane non
si curarono di stabilire nulla sul culto divino, se non in
vista del bene comune degli uomini: e per questo
inventarono anche molte cose circa la divinità, in base a
quello che sembrava loro utile per plasmare i costumi
degli uomini come emerge nei riti pagani. Ma la legge
divina, al contrario, ordinava gli uomini tra loro secondo
ciò che serviva all’ordine a Dio, cui principalmente
mirava. Ora, l’uomo viene ordinato a Dio non solo con gli
atti interni della mente, che sono credere sperare e
amare, ma anche attraverso certe opere esteriori con le
quali l’uomo riconosce il proprio essere servo di Dio. E
in queste opere consiste il culto di Dio. E questo culto
si denomina cerimonia che, secondo alcuni, viene da
munia, cioè doni, e da Cerere che era la dea dei
prodotti agricoli; per questo anticamente con i prodotti
agricoli si offrivano doni a Dio. Oppure, come riferisce
Valerio Massimo (1 Factorum Victorumque Memorab.,
c. 1), il termine cerimonia fu introdotto per
indicare il culto divino presso i latini da un certo paese
vicino a Roma che si chiamava Cere, perché là, quando Roma
fu occupata dai Galli, le cose sacre dei romano erano
state trasportate e gelosamente custodite. Così dunque
quei precetti che nella legge sono relativi al culto di
Dio si dicono propriamente cerimoniali.
Risposta al primo argomento: gli atti umani si
estendono anche al culto divino. E perciò la legge antica
data agli uomini contiene anche precetti che riguardano
queste cose.
Risposta al secondo argomento: come sopra è stato
detto (q. 91, a. 3), i precetti della legge naturale sono
universali e hanno bisogno di determinazione. Ora essi
vengono determinati sia attraverso la legge umana, sia
attraverso la legge divina. E così come queste
determinazioni che sono fatte dalla legge umana non
vengono attribuite alla legge naturale ma al diritto
positivo, allo stesso modo, queste determinazioni dei
precetti della legge di natura fatte dalla legge divina
sono distinte dai precetti morali, che appartengono alla
legge di natura. Onorare quindi Dio, essendo atto di
virtù, appartiene a un precetto morale; ma la
determinazione di questo precetto, cioè che si onori con
tali sacrifici e con tali doni, questo appartiene ai
precetti cerimoniali. E perciò i precetti cerimoniali si
distinguono dai precetti morali.
Risposta al terzo argomento: come dice Dionigi (1
Cael. Hier.), le cose divine non possono essere
manifestate agli uomini se non attraverso similitudini
sensibili. Ora queste similitudini muovono maggiormente
l’animo quando non solo sono espresse con la parola, ma
anche si offrono ai sensi. E perciò le cose divine vengono
comunicate nelle scritture non solo attraverso
similitudini espresse a parole, come emerge nelle
locuzioni metaforiche, ma anche attraverso similitudini di
cose presentate visibilmente; e ciò appartiene ai precetti
cerimoniali. |