Vi può essere una causa appropriata
dei sacramente della legge antica?
Circa il quinto punto procediamo così. Sembra che
non vi possa essere una causa appropriata dei sacramenti
della legge antica. Le cose che sono fatte per il culto di
Dio, infatti, non devono essere simili alle pratiche
osservate dagli idolatri. Dice infatti il Deuteronomio
(12, 31): «Non agirai così verso il Signore tuo Dio,
perchè essi hanno fatto per i loro dei quanto è in
abominio e in odio al Signore». Ora, quelli che adorano
gli idoli, nei loro riti, si ferivano fino allo
spargimento di sangue. Dice infatti la Scrittura: «si
facevano incisioni con spade e lance, secondo la loro
usanza, fino a versare sangue» (1 Reg. 18, 28). Per
questo il Signore comandò: «Non vi farete incisioni, né vi
raderete per un morto» (Deut. 14, 1). Dunque in
maniera non appropriata, nella legge, fu istituita la
circoncisione [Lev. 12, 3].
2. Inoltre, le cose che sono fatte per il culto di
Dio, devono avere compostezza e gravità, secondo quanto
dice il Salmo 34 (18): «Ti loderò in mezzo ad un
popolo grave». Ma mangiare in fretta sembra implicare una
certa levità. Pertanto in maniera non appropriata fu
comandato di mangiare in fretta l’agnello pasquale [Es.
12, 11]. E anche le altre prescrizioni circa tale
banchetto, sembrano essere del tutto irrazionali.
3. Inoltre, i sacramenti della legge antica erano
figura dei sacramenti della legge nuova. Ora, attraverso
l’agnello pasquale, era prefigurato il sacrificio dell’Eucarestia,
secondo quanto si legge nella Prima Lettera ai Corinti
(5, 7): «La nostra Pasqua, Cristo, è immolata». Dunque
dovevano esserci anche altri sacramenti, nella legge
antica, che prefigurassero quelli della legge nuova, come
la Confermazione, l’Estrema Unzione, il Matrimonio e gli
altri sacramenti.
4. Inoltre, la purificazione non può adeguatamente
avvenire se non per cose immonde. Ma rispetto a Dio,
nessuna cosa dotata di corpo è da ritenersi immonda,
perchè ogni corpo è creatura di Dio e «ogni creatura di
Dio è buona e nessuna da disprezzare, quando venga accolta
con animo grato», come si afferma nella Prima Lettera a
Timoteo (4, 4). In maniera non appropriata quindi ci
si purificava per il contatto con un uomo morto o per
altri simili contaminazioni materiali.
5. Inoltre, la Scrittura dice: «Cosa potrà essere
mondato da ciò che è immondo?» (Eccli. 34, 4). Ora,
la cenere ricavata quando viene bruciata la vacca rossa
era immonda, poiché rendeva immondi; si legge infatti del
libro dei Numeri (19, 7 e ss.) che il sacerdote che
immolar va tale vacca restava il mondo fino al vespro,
così come quello che ella bruciava, e persino anche quello
che ne raccoglieva la cenere. Dunque in maniera non
appropriata fu dato, nella legge antica, il precetto di
purificare gli immondi cospargendoli con codesta cenere.
6. Inoltre, i peccati non sono qualcosa di
corporeo, che possa essere trasportata da un luogo
all'altro, né l'uomo può essere mondato dai peccati
attraverso qualcosa di immondo. In maniera non
appropriata, dunque, per purificare i peccati del popolo
il sacerdote poneva sopra un capro i peccati di figli
d'Israele, perché li portasse nel deserto, e si serviva di
un altro carro per le purificazioni, bruciandolo fuori
dagli accampamenti, restandone contaminato, in modo che
era necessario purificare con l'acqua il corpo e le vesti.
7. Inoltre, ciò che è già mondo, non è necessario
mondarlo di nuovo. In maniera non appropriata, dunque,
dopo che un uomo, o una casa, erano stati mondati dalla
lebbra, si apprestava un'altra purificazione, come emerge
dal libro del Levitico (14).
8. Inoltre, l’impurità spirituale non può essere
eliminata con l'acqua materiale, o con il radersi. Sembra
dunque irrazionale che il Signore abbia comandato [Es.
30, 18 e ss.] che si costruisse una vasca di rame con
il suo basamento per lavare le mani e piedi dei sacerdoti
che entravano nel tabernacolo; e sembra irrazionale anche
la prescrizione [Num. 7, 7] in base alla quale i
leviti dovevano aspergersi con acqua lustrale e radersi
completamente il corpo.
9. Inoltre, ciò che è superiore non può essere
santificato da una cosa che è inferiore. In maniera non
appropriata, dunque, con unzioni, sacrifici e offerte
materiali avveniva, secondo la legge antica, la
consacrazione dei sacerdoti maggiori e minori, come emerge
dalle libro del Levitico (8), e dei leviti, come
emerge dal libro dei Numeri (8, 5 e ss).
10. Inoltre, così come si dice nel Primo Libro
dei Re (16, 7): «Gli uomini guardano a ciò che appare,
il Signore guarda il cuore». Ora ciò che appare
esternamente in un uomo sono la sua disposizione corporea
e i suoi indumenti. In maniera non appropriata, dunque,
per i sacerdoti maggiori e minori erano indicati certi
speciali abbigliamenti, di cui si dice nell’Esodo
(28). E appare pure priva di senso l'interdizione dal
sacerdozio per difetti fisici, secondo quanto si dice nel
Levitico (21, 17 e ss): «Nessuno della tua
discendenza, in eterno, che sia difettoso, offra il
nutrimento al suo Dio: né un cieco, né uno zoppo,
ecc...». Così dunque sembra che i sacramenti della legge
antica fossero irrazionali.
Ma di contro vi è quanto si dice nel Levitico
(20, 8): «Io sono il Signore, che vi santifico». Ora,
Dio non compie nulla senza ragione; si dice infatti nel
Salmo 103 (24): «Ogni cosa hai fatto con sapienza».
Dunque, nei sacramenti della legge antica, che erano
ordinati alla santificazione degli uomini, non vi era
nulla senza una causa ragionevole.
Rispondo dicendo che, come è stato detto sopra [q.
91, a. 4], propriamente si dicono sacramenti quelle cose
che sono apprestate dagli adoratori di Dio come
consacrazione, attraverso cui in essi sono in qualche modo
abilitati al culto di Dio. Ora, il culto di Dio in
generale riguardava tutto il popolo, mentre in modo
speciale riguardava i sacerdoti e i leviti, che erano i
ministri del culto divino. E perciò tra questi sacramenti
della legge antica, alcuni riguardavano tutto il popolo,
altri in modo speciale ma i ministri.
Sia riguardo agli uni sia riguardo agli altri, erano
necessarie per cose. Primo, l’istituzionalizzazione dello
stato di cultore di Dio. Ciò in generale per tutti
accadeva con la circoncisione, senza la quale nessuno era
ammesso alle osservanze legali; invece per i sacerdoti
c'era una consacrazione sacerdotale. – Secondo, si
richiedeva l'uso di quanto si riferisce al culto divino. E
così, per il popolo, vi era la consumazione del convito
pasquale, al quale nessuno di coloro che non erano
circoncisi veniva ammesso, come si evince dall’Esodo
(12, 43 e ss.); terre di sacerdoti, vi era l'oblazione
delle vittime e la consumazione del pane della
proposizione e di quanto era riservato all'uso dei
sacerdoti. – Terzo, si richiedeva l'eliminazione di quanto
poteva distogliere dal culto divino, cioè delle impurità.
E così, per il popolo, erano state istituite delle
purificazioni da certe impurità esterne e alcune
ispirazioni per i peccati, terre i sacerdoti, invece, era
stata istituita l’abluzione delle mani e dei piedi e la
rasatura.
E tutte queste cose avevano cause ragionevoli, sia
letterali, essendo ordinate al culto divino di quel tempo,
sia figurate, essendo ordinate a prefigurare Cristo, come
emergerà per i singoli casi.
Risposta al primo argomento: la principale ragione
letterale della circoncisione fu la professione di fede in
un solo Dio. E poiché Abramo fu il primo che si separò
dagli infedeli, uscendo dalla sua casa e dalla sua
parentela, per primo egli ricevette la circoncisione [Gen.
12, 17]. E questa è la causa riconosciuta dall'Apostolo:
«Ricevette il segno della circoncisione come sigillo della
giustificazione ottenuta attraverso la fede quando egli
era incirconciso» (Rom. 4, 9); si legge infatti qui
che «ad Abramo la fede fu computata a giustificazione»
poiché egli «credette, al di là di ogni speranza», cioè,
contro la speranza di ordine naturale, nella speranza
della grazia «di divenire padre di molte nazioni», essendo
egli stesso vecchio e sua moglie vecchia e sterile. E,
affinché questa professione e limitazione della fede di
Abramo si radicasse nel cuore degli ebrei, questi
ricevettero un segno indelebile nella loro carne, di cui
non potevano dimenticarsi; si dice infatti nella Genesi
(17,13): «La mia alleanza sussisterà della vostra carne
quale alleanza perenne». Perciò si faceva nell'ottavo
giorno, perché prima il bambino è troppo tenero, e avrebbe
potuto riceverne un gran danno, ed è considerato ancora
come non consolidato; infatti neanche gli animali venivano
offerti prima dell'ottavo giorno [Es. 22, 30].
D'altra parte, non si tardava di più, affinché nessuno
rifiutasse il segno della circoncisione per il dolore e
affinché i genitori, il cui amore verso i figli cresce con
la frequenza dei rapporti e con la loro crescita, non li
sottraessero alla circoncisione. – La seconda ragione
potrebbe essere quella di indebolire la concupiscenza del
membro virile. – La terza ragione era quella di
disprezzare i riti a Venere e a Priapo, nei quali si
onorava quella parte del corpo. – Il Signore, del resto,
non aveva proibito che le incisioni fatte durante il culto
degli idoli; e ad esse non somigliava la circoncisione.
La ragione figurativa della circoncisione era quella di
prefigurare il rigetto della corruzione che sarebbe stato
compiuto per mezzo di Cristo, e che si compirà
perfettamente nell'ottava età, che è l’età della
resurrezione. E poiché la corruzione di peccato o di pena
deriva in noi dal peccato originale del nostro primo
genitore, perciò tale circoncisione veniva fatta nel
membro della generazione. Dice infatti l'Apostolo: «In
Cristo siete stati circoncisi ma di una circoncisione non
operata dall'uomo, ma nella spoliazione del corpo carnale,
nella circoncisione del Signore nostro Gesù Cristo» (Col.
2, 11).
Risposta al secondo argomento: la ragione letterale
del convito pasquale fu quella di commemorare il beneficio
con il quale Dio condusse il popolo ebreo fuori
dall'Egitto. Perciò con la celebrazione di tale convito
gli ebrei professavano di appartenere a quel popolo che
Dio aveva scelto per sé in Egitto. Quando infatti essi
furono liberati dall'Egitto, fu ordinato loro di spingere
col sangue dell'agnello i battenti superiori delle porte
di casa, come per affermare che essi si allontanavano dai
riti degli egiziani, i quali adoravano il montone. Perciò
essi furono anche liberati, mediante l'aspersione del
sangue dell'agnello e, dunque, l'unzione delle porte di
casa, del pericolo dello sterminio che incombeva sugli
egiziani.
Ora, in quella loro uscita dall'Egitto, vi era, da una
parte, la fretta di uscire, per l'incalzare degli
egiziani, come si dice nell'Esodo (12), dall'altra,
l’incombere del pericolo per coloro che non si
affrettavano ad uscire con la moltitudine, di rimanere
uccisi dagli egiziani. Tale fretta era indicata in due
modi. Primo, con ciò che mangiavano: infatti era stato
loro comandato di mangiare il pane azzimo, per esprimere
che «non potevano farlo fermentare, costretti a uscire
dagli egiziani» e agnello arrostito al fuoco, che veniva
preparato più rapidamente; inoltre era stato loro
comandato di non spezzare le ossa, perché nella fretta non
c'era tempo di farlo. In secondo luogo, la fretta era
indicata con la maniera di mangiare; si dice infatti nella
Scrittura: «vi cingerete i fianchi, avrete i calzari ai
piedi e il bastone in mano, e mangerete in fretta», cosa
che indica chiaramente degli uomini pronti per mettersi in
viaggio. Lo stesso si dica per l'altra prescrizione fatta
loro: «in una sola casa mangerete, e non porterete le sue
carni fuori», perché, appunto, a causa della fretta,
mancava il tempo di mandarne in regalo. – Infine,
l'amarezza partita in Egitto era indicata dalle lattughe
di campo.
La ragione figurativa di questo banchetto emerge
chiaramente, dal momento che attraverso l'immolazione
dell'agnello pasquale era prefigurata l'immolazione di
Cristo, secondo quello che si legge nella Prima Lettera
ai Corinti (5, 7): «La nostra Pasqua, Cristo, è stata
immolata». D'altra parte il sangue dell'agnello, che
libera dallo sterminio, essendo sparso sulle porte di
casa, sta a significare la fede nella passione di Cristo
nel cuore e sulla bocca dei fedeli, attraverso la quale
siamo liberati dal peccato dalla morte, secondo quello che
si dice nella Prima Lettera di Pietro (1, 18 e ss.):
«siete stati riscappati per mezzo del sangue prezioso
dell’Agnello senza macchia». Quelle carni poi venivano
mangiate, per indicare la consumazione del corpo di Cristo
nel Sacramento. Ed erano arrostite al fuoco, per indicare
la passione o l'amore di Cristo. Inoltre, venivano
mangiate con i pani azzimi, per designare il modo di vita
puro dei fedeli ammessi a cibarsi del corpo di Cristo,
secondo quello che si dice nella Prima Lettera ai
Corinti (5, 8): «Celebriamo la festa con azzimi di
purezza e di verità». Si raggiungono poi le lattughe di
campo, in segno della penitenza dei peccati, che è
necessaria per quelli che si cibano del corpo di Cristo. I
fianchi poi vanno cinti con il cordone della castità.
Mentre i calzari ai piedi sono gli esenti dei Padri già
morti. Il bastone da tenere in mano indica la vigilanza
pastorale. E si prescrive di mangiare l'agnello pasquale
in una sola casa, cioè nella Chiesa Cattolica, e non delle
conventicole degli eretici.
Risposta al terzo argomento: alcuni sacramenti
della legge nuova ebbero nella legge antica i sacramenti
figurati a sé corrispondenti. Infatti alla circoncisione
corrisponde il Battesimo, che è il sacramento della fede;
infatti si legge nella Lettera ai Colossesi (2,11):
«In Cristo siete stati circoncisi ... sepolti con lui nel
battesimo». Al convito dell'agnello pasquale corrisponde,
invece, della legge nuova il sacramento dell'Eucaristia. E
a tutte le purificazioni della legge antica corrisponde
nella legge nuova il sacramento della Penitenza. Alla
consacrazione di sacerdoti e sommi sacerdoti corrisponde
il sacramento dell’Ordine.
Tuttavia, al sacramento della Confermazione, che è il
sacramento della pienezza della grazia, non può
corrispondere alcun sacramento della legge antica, dal
momento che non era ancora giunto il tempo della pienezza,
poiché «la legge non condusse nessuno a perfezione» (Eb.
7, 19). Lo stesso vale per l'Estrema Unzione, che è una
preparazione immediata ad entrare nella gloria, le cui
porte non erano ancora aperte nella legge antica, non
essendone stato versato il prezzo. Il Matrimonio, poi,
esisteva nella legge antica solo in quanto compito di
natura, ma non in quanto è il sacramento dell'unione di
Cristo con la Chiesa, che non era ancora stata costituita.
Infatti nella legge antica era incluso anche il libello
del ripudio, che è contro la natura del sacramento.
Risposta al quarto argomento: come è stato detto
sopra, le purificazioni della legge antica erano
finalizzate a togliere gli ostacoli al culto divino. E
questo culto è di due specie: quello spirituale, che
consiste nella devozione della mente a Dio, e quello reso
con il corpo, che consiste in sacrifici, oblazioni, e
altre cose del genere. Ora, gli uomini sono ostacolati nel
culto spirituale dai peccati, dai quali si diceva
venissero contaminati, come ad esempio dall'idolatria,
dall'omicidio, dagli adulteri e dall'incesto. Da queste
contaminazioni gli uomini venivano purificati attraverso
alcuni sacrifici che erano offerti o per tutto il popolo,
oppure anche per i peccati dei singoli. Non che quei i
sacrifici materiali avessero da sé stessi la virtù di
espiare i peccati: ma perché raffiguravano l'espiazione
dei peccati che sarebbe avvenuta dopo attraverso Cristo,
di cui erano partecipi anche gli antichi, professando la
fede nel Redentore in codesti i sacramenti figurativi.
Gli uomini poi erano ostacolati nelle culto esterno da
certe contaminazioni corporali: principalmente da quelle
che si riscontravano negli stessi uomini, ma
conseguentemente anche da quelle degli animali, delle
vesti, delle case, degli arredi. Negli uomini si riteneva
che l'impurità derivasse in parte dagli uomini stessi e in
parte dal contatto con cose immonde. Degli uomini si
riteneva immondo tutto quello che presentava già una
corruzione o era ad essa abbandonato. Ecco perchè, dal
momento che la morte è una corruzione, il cadavere di un
uomo era considerato immondo. Così pure erano considerati
immondi i lebbrosi, perché la lebbra deriva dalla
corruzione degli umori, che promanano anche al di fuori e
infettano gli altri. E così anche le donne soggette al
flusso di sangue, o per malattia, o per natura, o nel
tempo delle mestruazioni, o nel tempo del concepimento. E
per la stessa ragione erano considerati immondi gli uomini
che soffrivano di perdite di sperma, o per malattia, o per
polluzione notturna, oppure anche per il coito. Infatti
ogni secrezione del genere che veniva dall’uomo aveva una
certa impurità. – Gli uomini poi venivano contaminati dal
contatto con qualsiasi cosa immonda.
Ora, in codeste contaminazioni vi era una ragione
letterale e una figurativa. La prima deriva dal rispetto
per le cose riguardanti il culto divino, sia perchè gli
uomini non osavano toccare oggetti preziosi quando non
erano mondi, sia perchè più raramente ci si avvicinava
alle cose sacre, maggiormente le si veneravano. Infatti,
essendo raro il caso che uno potesse evitare tutte queste
simili di impurità, accadeva raramente che gli uomini
potessero avere un contatto con quanto riguardava il culto
divino; e così, quando vi si avvicinavano, lo facevano con
maggiore rispetto e umiltà di cuore. – Vi era però anche
la ragione letterale e di eliminare degli uomini la paura
di praticare il culto divino, come se si trattasse di
fuggire i lebbrosi o altri uomini malati, il cui male era
terribile e contagioso. – In altri casi, poi, si voleva
evitare il culto idolatrico, dal momento che i gentili nei
loro riti usavano talvolta sangue e sperma umano. –
Tuttavia, tutte queste impurità corporee venivano
eliminate o con la sola aspersione dell'acqua, oppure,
quando erano maggiori, attraverso un sacrificio per
espiare il peccato dal quale provenivano.
La ragione figurativa di queste impurità era invece quella
di rappresentare nelle contaminazioni esterne i diversi
peccati. Infatti il impurità di qualsiasi cadavere sta ad
indicare l'impurità del peccato, che è la morte
dell'anima. L’impurità della lebbra sta ad indicare
l'impurità delle dottrine eretiche: sia perché una
dottrina eretica è contagiosa come la lebbra, sia anche
perché non c'è una falsa dottrina che non abbia del vero
mescolato alla sua falsità, come anche nella pelle del
lebbroso appare una certa distinzione delle macchie dalla
carne integra. Attraverso l’impurità di una emoroissa,
poi, viene indicata l'impurità dell'idolatria, per il
sangue dei sacrifici. Mentre attraverso l’impurità
dell'uomo che soffre di perdite di sperma, viene indicata
l'impurità del parlare inutile, poiché «il seme è la
parola di Dio» (Lc. 8, 11). Attraverso l’impurità
del coito e del parto è designata l'impurità del peccato
originale. E attraverso quella della donna mestruata,
l'impurità dell'anima rammollita dai piaceri. E in
generale, le contaminazioni dovute ai contatti con le cose
immonde rappresentano la contaminazione del consentire ai
peccati altrui, secondo quello che si dice nella
Seconda Lettera agli Corinzi (6, 17): «uscite in mezzo
a loro e mettetevi in disparte e non toccate nulla di
impuro».
Ora, questa contaminazione per contatto si estendeva anche
alle cose inanimate. Tutto ciò infatti che toccava un
essere immondo, diventava immondo. In questo la legge
attenuò la superstizione dei gentili, che non solo
dicevano che l’impurità si contrae per contatto con
qualcosa di immondo, ma anche attraverso il conversare e
il guardare, come dice Mosé Maimonide [Doct. Perplex.
, P. 3, c. 47] a proposito della donna mestruata. – In
senso mistico ciò esprime quanto si dice nel libro della
Sapienza (14, 9): «A Dio sono ugualmente odiosi sia
l'empio che la sua empietà».
Vi era poi una certa impurità delle cose inanimate in se
stesse come vi era un impurità della lebbra nella casa e
nei vestiti. Infatti, come dalla corruzione degli umori,
che imputridisce le viscere e corrompe la carne viene la
lebbra nell'uomo, così anche attraverso una certa
corruzione o eccesso di umidità o di siccità, avviene
talora una corrosione delle pietre della casa o anche
nelle vesti. E perciò questa corruzione è chiamata lebbra
della legge, dalla quale la casa o le vesti sono rese
immonde, sia perché qualsiasi corruzione implica una
contaminazione, come è stato detto, sia anche perché
contro una tale corruzione, i gentili veneravano gli dei
Penati. Pertanto, la legge ordinò che quelle case, nelle
quali si era prodotta una tale corruzione persistente,
fossero distrutte e le vesti bruciate, per togliere
l'occasione dell'idolatria. – Vi era poi un’impurità dei
vasi, della quale si dice nel libro dei Numeri (19,
15): «ogni vaso aperto, su cui non è fissato un coperchio,
è impuro». E la causa di questa impurità sta nel fatto che
facilmente poteva cadere in questi vasi qualcosa di
impuro, che li avrebbe sporcati. E ciò era anche comandato
per evitare l'idolatria: gli idolatri credevano infatti
che se topi o lucertole, oppure altri animali del genere,
che essi immolavano agli idoli, fossero improvvisamente
caduti nell'acqua, divenissero graditi agli dei. E anche
adesso ci sono delle donne che lasciano aperti i vasi in
ossequio alle divinità della notte, che chiamano Giane.
Di tutte queste impurità la ragione figurativa consiste
nel fatto che attraverso la lebbra veniva indicata
l'impurità delle congreghe eretiche; la lebbra sulle vesti
di lino indicava invece la perversione dei costumi dovuta
alla durezza dell'animo; la lebbra sulle vesti di lana
indicava la perversità degli adulatori; quella sull'ordito
indicava i vizi dell'anima e quella sulla trama indicava i
peccati carnali: infatti, come l’ordito è incluso nella
trama, così l'anima è nel corpo. Attraverso i vasi privi
di coperchio o di legatura veniva poi indicato l'uomo cui
manca la custodia del silenzio e che non è governato da
alcuna norma di disciplina.
Risposta al quinto argomento: come è stato detto
sopra, nella legge vi era una duplice impurità. La prima
avviene attraverso una corruzione dell'anima o del corpo:
questa è l'impurità più grave. Un'altra invece avviene
attraverso il contatto con le cose impure: questa è
l'impurità minore, che veniva espiata con un rito più
semplice. Infatti la prima veniva espiata con il
sacrificio per il peccato, poiché ogni corruzione proviene
dal peccato e indica il peccato; l'altra impurità, invece,
veniva espiata con la sola aspersione dell'acqua, della
quale parla il libro dei Numeri (19).
Là infatti veniva comandato dal Signore che si prendesse
una vacca rossa il ricordo del peccato commesso in
adorazione del vitello d'oro. Si parla inoltre di una
vacca piuttosto che di un vitello, perché così il Signore
usava denominare alla sinagoga, secondo quanto si legge
nel libro di Osea (4, 16): «come una giovenca
bizzarra, Israele è sbandato». O forse perché gli ebrei
avevano adorato delle vacche, secondo il costume degli
egiziani, come si legge nel libro di Osea (10, 5):
«adorarono le vacche di Bethaven». – E a riprovazione del
peccato di idolatria, essa veniva immolata fuori dagli
accampamenti. E tutte le volte in cui si faceva un
sacrificio per l'espiazione dei peccati del popolo, si
bruciava tutto fuori dagli accampamenti. – Per indicare
poi che mediante questo sacrificio il popolo era
purificato da tutti i peccati, il sacerdote intingeva un
dito nel sangue di essa e lo aspergeva verso la parte del
santuario per sette volte, poiché il numero sette indica
la totalità. E questa stessa aspersione del sangue aveva a
che fare con la riprovazione dell’idolatria, nella quale
il sangue delle vittime non veniva sparso, ma raccolto, e
intorno adesso gli uomini mangiavano in onore degli idoli.
– Inoltre la vittima veniva bruciata. O perché Dio
comparve a Mosé in mezzo al fuoco e nel fuoco fu data la
legge. O perché attraverso questo si indicava che
l’idolatria, e tutto ciò che ad essa si lega, era
totalmente da estirpare; così la vacca veniva bruciata
«dando alle fiamme anche la pelle, le carni, il sangue e
gli escrementi». – Al fuoco si aggiungevano anche del
legno di cedro, l’issopo, il cocco tinto due volte, per
significare che, come il legno di cedro non imputridisce
facilmente, e come il cocco tinto due volte non perde il
colore, e come l’issopo conserva il proprio odore anche
dopo che é stato essiccato, allo stesso modo anche questo
sacrificio doveva servire a conservare il popolo stesso,
la sua onestà, la sua devozione. Di conseguenza, a
proposito delle ceneri di questa vacca si dice: «affinché
servano a preservare la moltitudine dei figli di Israele».
Oppure, secondo quello che dice Giuseppe Flavio [cfr. 3
Antiquit. c. 8], i quattro elementi avevano questo
significato: al fuoco si aggiungeva il cedro che, per la
sua origine terrestre, significa la terra; l’issopo che,
per il suo odore, significa l'aria; il cocco che, per il
suo colore, simile alla porpora, che deriva dal mare,
significa l'acqua. E così si esprimeva l'idea che questo
sacrificio era offerto al Creatore dei quattro elementi. –
E poiché tale sacrificio era offerto per il peccato di
idolatria, a riprovazione di esso sia chi bruciava la
vittima, sia chi ne raccoglieva le ceneri, sia chi
aspergeva l'acqua in cui erano state versate queste
ceneri, era ritenuto in qualche modo immondo. Da questa
contaminazione, però, si era purificati con la sola
aspersione degli indumenti e non c'era bisogno di lavarsi
con l'acqua a causa di essa, dal momento che altrimenti ci
sarebbe stato un processo all'infinito. Colui infatti che
aspergeva l'acqua diventava impuro, quindi se avesse
asperso se stesso, sarebbe rimasto impuro; e se invece
fosse stato asperso da qualcun altro, quest'ultimo sarebbe
divenuto impuro; e allo stesso modo chi avesse asperso
costui, e così all'infinito.
La ragione figurativa di questo sacrificio sta nel fatto
che attraverso la vacca rossa è prefigurato il Cristo
secondo l’infermità della carne da lui assunta, che è
indicata dal sesso femminile. Il colore della vacca
designa il sangue della sua passione. La vacca poi era di
un’età perfetta, perchè perfetta è ogni opera di Cristo. E
in essa non vi era alcuna macchia e non aveva mai portato
il giogo, perchè Cristo non portò mai il giogo del
peccato. Ora, fu comandato di portarla a Mosè, perchè a
Cristo fu imputata la trasgressione della legge di Mosè
nella violazione del sabato. Fu comandato anche di
consegnarla al sacerdote Eleazaro, perchè Cristo fu
consegnato nelle mani dei sacerdoti per essere ucciso. E
veniva immolata fuori dagli accampamenti, perchè «Cristo
soffrì fuori della porta» (Eb. 13, 12). Inoltre il
sacerdote intingeva il dito nel sangue della vacca, perché
mediante la discrezione, che il dito significa, bisogna
considerare e imitare il mistero della passione di Cristo.
E aspergeva il sangue contro il tabernacolo, attraverso il
quale veniva designata alla sinagoga, oppure per indicare
la condanna degli ebrei che non credettero, o ancora per
indicare la purificazione dei credenti. E questo per sette
volte: o in vista dei sette doni dello Spirito Santo, o
per i giorni della settimana, che simboleggiano ogni
tempo. Inoltre tutte le cose che riguardano l'incarnazione
di Cristo devono essere bruciate con il fuoco, cioè devono
essere intese spiritualmente. Infatti la pelle e la carne
significano l'operare esterno del Cristo; il sangue ne
indica la precisa e interna virtù che vivifica gli atti
esterni; gli escrementi indicano la stanchezza, la sete e
tutte le altre simili manifestazioni della sua debolezza.
Devono aggiungersi poi tre cose: il cedro, che indica
l'altezza della speranza, o della contemplazione;
l'issopo, che indica l'umiltà, o la fede; il cocco tinto
due volte, che indica la duplice carità. Attraverso queste
virtù dobbiamo aderire al Cristo sofferente. La cenere
della combustione, poi, veniva raccolta da un uomo mondo,
poiché le reliquie della passione giunsero ai gentili, che
non furono colpevoli della morte di Cristo. Le ceneri,
poi, si aggiungevano all'acqua dell'espiazione, perché
dalla passione di Cristo il battesimo deriva la virtù di
purificare dai peccati. Ora, il sacerdote che immolava e
bruciava la vacca, sia colui che ella bruciava, sia colui
che ne raccoglieva le ceneri, era il mondo, e così anche
quello aspergeva l'acqua: o per significare che i giudei
sono divenuti immondi a causa dell'uccisione di Cristo,
attraverso la quale i nostri peccati sono stati espiati, e
questo fino al vespro, cioè sino alla fine del mondo,
quando i resti di Israele si convertiranno; oppure per
significare che quelli che trattano le cose sante mirando
alla purificazione degli altri, contraggono essi stessi
certe impurità, come dice S. Gregorio [Pastorali 2,
c.5], e questo fino al vespro, cioè fino alla fine della
vita presente.
Risposta al sesto argomento: come è stato detto
sopra, l'impurità che proviene dalla corruzione o della
mente o del corpo viene espiata attraverso i sacrifici per
il peccato. Venivano infatti offerti speciali sacrifici
per i peccati dei singoli, ma poiché alcuni trascuravano
codesta espiazione dei peccati e delle impurità, o anche
la omettevano per ignoranza, fu stabilito che una volta
all'anno, il giorno dieci del settimo mese, si facesse un
sacrificio di espiazione per tutto il popolo. E poiché,
come dice l'apostolo
nella Lettera agli Ebrei (7, 28), «la legge
costituisce sacerdoti uomini soggetti a debolezza», allora
era necessario che il sacerdote per primo offrisse per se
stesso un vitello per il peccato, in ricordo del peccato
che Aronne commise facendo fondere il vitello d'oro, e un
montone in olocausto, per indicare che la giurisdizione
del sacerdote, che il montone, capo del gregge, designa,
deve essere ordinata all'onore di Dio. – Di seguito il
sacerdote offriva per il popolo due capri. E di questi il
primo veniva immolato per espiarne i peccati: infatti il
capro è un animale maleodorante e con i suoi peli si
costruiscono vesti pungenti; così indicava il cattivo
odore, l'impurità e l’aculeo del peccato. Ora, il sangue
di questo capro di immolato veniva portato, con quello del
vitello nel Sancta Sanctorum e veniva
asperso con esso tutto il santuario, per significare che
il tabernacolo veniva mondato così da tutte le impurità
dei figli di Israele. Invece il corpo del capro e del
vitello che venivano immolati per il peccato dovevano
essere bruciati, per indicare la distruzione dei peccati.
Ma non sull'altare, poiché lì si bruciavano interamente
soltanto gli olocausti. Di qui il comando di bruciarli
fuori dagli accampamenti, a riprovazione del peccato:
infatti così si faceva qualsiasi cosa venisse immolata in
sacrificio per qualche grave peccato, o per molti peccati.
– Invece l'altro dei due capri veniva inviato nel deserto,
non per essere offerto ai demoni, che i gentili li
adoravano nel deserto, poiché non era lecito immolare ad
essi [Levit. 17, 7], ma piuttosto per indicare
l'effetto del sacrificio compiuto. E perciò il sacerdote
imponeva la mano sul capo dell’animale, confessando i
peccati dei figli di Israele, come se quel carro li
dovesse portare nel deserto, dove sarebbe stato divorato
dalle fiere, quasi soffrendo la pena per i peccati del
popolo. E si diceva che portava i peccati del popolo, o
perché nella sua partenza venire indicata la remissione
dei peccati del popolo, o perché sul suo capo si legava un
foglietto su cui i peccati venivano scritti.
Ora, la ragione figurativa di queste cose si rintraccia
nel fatto che Cristo era indicato sia attraverso il
vitello, per la sua virtù, sia dal montone, poiché egli è
la guida dei fedeli, sia ancora dalla capro, per «lo stato
di affinità con la carne del peccato» (Rom. 8, 3).
E Cristo stesso è stato immolato per i peccati sia dei
sacerdoti sia del popolo, poiché attraverso la sua
passione sono purificati dal peccato sia i grandi sia i
piccoli. Il sangue del vitello e del capro, poi, viene
introdotto nella parte del tabernacolo chiamata Sancta
dal sommo sacerdote, poiché il sangue della passione di
Cristo ci ha introdotti nel regno dei cieli. I loro corpi,
invece, vengono bruciati fuori dagli accampamenti, perché
«Cristo soffrì fuori della porta» (Eb. 13, 12),
come dice l'Apostolo. Il capro che veniva inviato nel
deserto, poi, può significare o la stessa divinità di
Cristo, che si rifugiò nella solitudine, mentre Cristo
uomo pativa, non già mutando di luogo, ma restringendo la
sua virtù; oppure può significare la cattiva
concupiscenza, che dobbiamo allontanare da noi, mentre
dobbiamo immolare al Signore i nostri moti virtuosi.
E, a proposito dell’impurità di coloro i quali bruciavano
questi sacrifici, valgono le medesime ragioni prima
addotte, per il sacrificio della vacca rossa.
Risposta al settimo argomento: attraverso il rito
della legge il lebbroso non veniva purificato dalle
macchie della lebbra, ma ne dichiarava alla purificazione.
E questo viene indicato nel Levitico, quando si
dice del sacerdote: «quando trovi che la lebbra è guarita,
ordini a colui che è purificato...» (14, 3 e ss.). La
lebbra dunque era già eliminata, ma si parlava di un venir
purificati, perché a giudizio del sacerdote il lebbroso
veniva restituito al consorzio umano e al culto divino.
Tuttavia avveniva talvolta che per un miracolo divino
attraverso il rito della legge si venisse mondati dalla
lebbra del corpo, quando il sacerdote sbagliava nel
giudicare.
E questa purificazione del lebbroso avvenire in due tempi:
prima, veniva giudicato mondo; poi veniva restituito mondo
al consorzio umano e al culto divino, cioè dopo sette
giorni. Nella prima di queste purificazioni il lebbroso da
purificare offriva per sé due passeri vivi, un ramo di
cedro, un nastro rosso e issopo, cosicché, in tal modo, il
nastro rosso legasse insieme un passero con l’issopo e con
il ramo di cedro, in maniera tale che il ramo di cedro
formasse come il manico di un aspersorio. Invece l’issopo
e il passero costituivano quella parte dell'aspersorio che
veniva intinta nel sangue dell'altro passero che veniva
immolato nell'acqua viva. Queste quattro cose le offriva
contro i quattro difetti della lebbra: infatti contro la
putredine si offriva il cedro, che è un albero che non
imputridisce; contro il cattivo odore si offriva l’issopo,
che è un'erba dal buon odore; contro la mancanza di
sensibilità, un passero vivo; contro il colore sgradevole,
un nastro rosso, che ha un colore vivo. Il passero poi si
lasciava volare vivo nei campi, perché il lebbroso veniva
restituito alla libertà di prima.
Nell'ottavo giorno, il lebbroso veniva riammesso al culto
divino e restituito al consorzio degli uomini. Tuttavia
prima doveva disfarsi dei peli di tutto il corpo e delle
vesti, poiché la lebbra corrode i peli e infetta i vestiti
e li rende maleodoranti. Dopo di ciò, un sacrificio veniva
offerto per le sue colpe, poiché spesso la lebbra deriva
dal peccato. Invece, con il sangue del sacrificio si
bagnavano le estremità dell'orecchio, i pollici della mano
destra e del piede di colui che doveva essere mondato,
perché in queste parti per prime la lebbra viene
riconosciuta e sentita. In questo rito si adoperavano tre
liquidi: il sangue, contro la corruzione del sangue;
l'olio, per designare la guarigione della malattia;
l'acqua viva, per pulire la sporcizia.
La ragione figurativa di questo sacrificio consiste nel
fatto che i due passeri indicano la divinità e l'umanità
di Cristo. E di queste una, cioè l'umanità, viene immolata
in un vaso di argilla sull'acqua viva, perché attraverso
la passione di Cristo viene consacrata l'acqua del
battesimo. L'altra invece, cioè la divinità immutabile,
rimaneva viva, perché la divinità non può morire. Di
conseguenza volava via, perché non poteva essere soggetta
alla passione. E questo passero vivo legato con il ramo di
cedro e con il nastro rosso o vermiglio e con l'issopo,
cioè con la fede, speranza e la carità, era immerso
nell'acqua per aspergere, come è stato detto sopra, perché
noi siamo battezzati nella fede del Dio uomo. L'uomo poi
la va le sue vesti, cioè le sue opere, con l'acqua del
battesimo o con le lacrime, e si libera di tutti i suoi
peli, cioè dei pensieri. Si bagna poi l'estremità
dell'orecchio destro col sangue e con l'olio, per
custodire l’udito di chi è mondato dalle parole di
corruzione, mentre i pollici della mano e del piede
destro, affinché sia santo il suo agire.
Le altre cerimonie che riguardavano questa purificazione,
o anche quelle di altre impurità, non hanno nulla di
particolare che li distingue dagli altri sacrifici per i
peccati o per i delitti.
Risposta all’ottavo e al nono argomento: come il
popolo veniva iniziato al culto di Dio attraverso la
circoncisione, così i ministri erano iniziati al culto di
Dio attraverso una speciale purificazione o consacrazione:
ecco perché si comandava loro di separarsi dagli altri,
come deputati rispetto agli altri in modo speciale al
ministero del culto divino. E tutto ciò che si faceva
riguardo ai sacerdoti nella loro consacrazione o
istituzione mirava a mostrare che essi avevano una
prerogativa di purezza, di virtù e di dignità. Perciò
nell'istituzione dei ministri si facevano tre cose: per
prima cosa, venivano purificati; successivamente, venivano
ornati e consacrati; infine venivano dedicati
all'esercizio del ministero.
Venivano purificati tutti insieme con la produzione
dell'acqua e con certi sacrifici; in particolare, poi, i
leviti dovevano radersi tutti i peli del corpo, come sta
scritto nel Levitico (8).
D'altra parte la consacrazione dei pontefici e dei
sacerdoti si svolgeva in quest'ordine. Per prima cosa,
dopo che erano stati lavati, venivano rivestiti di
particolari ornamenti che miravano ad indicare la loro
dignità. In particolare il sommo sacerdote riceveva
l'unzione dell'olio sul capo, per indicare che da lui
emanava il potere di consacrare gli altri, come l'olio che
dal capo scende verso le membra inferiori, secondo quello
che si dice nel Salmo 132 (2): «Come l'olio sul
capo che scende sulla barba, sulla barba di Aronne». I
leviti invece non avevano altra consacrazione dell'offerta
che i figli d'Israele facevano al Signore, attraverso le
mani del sommo sacerdote, il quale pregava per loro. Dei
sacerdoti minori venivano consacrate soltanto le mani, che
dovevano essere adoperate nei sacrifici. E con il sangue
dell'animale immolato venivano bagnati loro il bordo
dell'orecchio destro, i pollici del piede della mano
destra, affinché fossero obbedienti alla legge di Dio
nell'offerta dei sacrifici, cosa che era indicata con
l'unzione dell'orecchio, e affinché fossero solleciti e
pronti del fare sacrifici, cosa che era indicata
nell'unzione del piede della mano destra. Venivano anche
aspersi, essi stessi e le loro vesti, con il sangue
dell'animale immolato, in memoria del sangue dell'agnello
dal quale furono liberati in Egitto. Durante la loro
consacrazione, si offrivano poi i seguenti sacrifici: un
vitello per il peccato, in memoria della remissione del
peccato che Aronne commise facendo fondere il vitello
d'oro; un montone in olocausto, in memoria del sacrificio
di Abramo, la cui obbedienza il sommo sacerdote doveva
imitare; un altro montone di consacrazione, che era come
una vittima pacifica in ricordo della liberazione
dall'Egitto avvenuta attraverso il sangue dell'agnello; un
canestro di mani in ricordo della manna procurata al
popolo.
Rientrava poi nel loro essere dedicati al ministero il
fatto che nelle loro mani venisse posto il grasso del
montone, una porta di pane e la spalla destra, per
mostrare che ricevevano il potere di offrire a Dio codeste
cose. I leviti invece venivano dedicati al ministero
mediante l'ingresso del tabernacolo dell'alleanza, come
per occuparsi degli arredi del santuario.
La ragione figurativa di queste cose consisteva nel fatto
che coloro che dovevano essere consacrati al ministero
spirituale di Cristo, devono prima essere purificati
attraverso l'acqua del battesimo e delle lacrime, nella
fede della passione di Cristo, cosa che costituisce un
sacrificio di espiazione di purificazione. Devono inoltre
radere tutti i peli del corpo, cioè tutti i cattivi
pensieri. Devono anche essere ornati di virtù ed essere
consacrati con l'olio dello Spirito Santo e con
nell'aspersione del sangue di Cristo. E così devono essere
rivolti all'esecuzione del loro ministero spirituale.
Risposta al decimo argomento: come è stato già
detto, l'intenzione della legge era quella di indurre al
rispetto per il culto divino. È questo in due modi: in un
modo, eliminando dal culto divino tutto ciò che poteva
esser di dì disprezzabile; in altro modo, legando al culto
divino tutto ciò che sembrava contribuire al suo decoro. E
se questo veniva osservato nel tabernacolo e dei suoi
vasi, negli animali da immolare, molto più doveva essere
osservato negli stessi ministri. Perciò, per togliere ogni
disprezzo per i ministri, fu comandato che essi non
avessero nessuna macchia o difetto fisico, perché gli
uomini che hanno queste caratteristiche di solito sono
disprezzati dagli altri. Per questo fu anche stabilito che
non venissero scelti per il ministero qua e là, da una
qualsiasi discendenza, ma da una discendenza ben
determinata, affinché fossero considerati i più illustri e
più nobili.
Inoltre, affinché fossero riveriti, furono per loro
stabiliti speciali vesti e una speciale consacrazione.
Questa è in generale la causa dell'ornamento delle vesti.
In particolare, poi, si deve sapere che il sommo sacerdote
aveva otto ornamenti. Primo, infatti, aveva una veste di
lino. – Secondo, aveva una tunica del colore del giacinto,
alla cui estremità vicino i piedi erano attaccati tutt’intorno
dei campanelli e frutti di melograno colorati di giacinto,
porpora e cocco tinto due volte. – Terzo, aveva un
paramento omerale, che copriva le spalle e la parte
anteriore fino al cinto; esso era d'oro e di panno
violaceo e purpureo, del colore del cocco tinto due volte
e del bisso ritorto. Sulle spalle poi aveva dure pietre di
onice, su cui erano scolpiti i nomi dei figli di Israele.
– Il quarto indumento era il razionale, tessuto
della stessa stoffa; esso era quadrato e veniva posto sul
petto, legato al paramento omerale. In esso vi erano
dodici pietre preziose, distinte in quattro file, su cui
erano scolpiti i nomi dei figli d'Israele, quasi per
indicare che il sommo sacerdote portava il peso di tutto
il popolo, poiché aveva i loro nomi sulle sue spalle e per
indicare che continuamente doveva pensare alla loro
salvezza, portando questi i nomi sul petto, come se gli
avesse nel cuore. E il Signore comandò che su questo
razionale fosse posta la «Dottrina e la Verità»,
perché vi erano scritte delle sentenze riguardanti la
dottrina e la verità. Tuttavia gli ebrei hanno inventato
che sul razionale vi era una pietra che avrebbe mutato il
suo colore, in base alle varie cose che dovevano accadere
ai figli d'Israele; e chiamavano questo «Verità e
Dottrina». – Il quinto l'indumento del sommo sacerdote era
la cintura, cioè una fascia dei quattro colori sopra
menzionati. – Il sesto indumento era la tiara, cioè la
mitra, di bisso. – Il settimo era una lamina d'oro, che
pendeva sulla sua fronte e in cui era inciso il nome del
Signore. – L’ottavo erano le fasce femorali di lino, per
coprire la turpitudine della loro carne, quando si
avvicinavano al santuario o all’altare. – I sacerdoti
minori, però, avevano soltanto quattro di questi otto
indumenti: la tunica di lino, le fasce, la cintura e la
tiara.
Alcuni, nel rintracciare la ragione letterale e concreta
di queste ornamenti, affermano in essi viene indicata la
disposizione dell’universo, come se il sommo sacerdote
indicasse di essere il ministro del Creatore del mondo; si
dice infatti nel libro della Sapienza (18, 24):
«sulla veste di Aronne era descritto tutto il mondo».
Infatti le fasce di lino erano figura della terra, dalla
quale esso nasce. Il giro della cintura rappresentava
l’oceano, che circonda la terra. La tunica color del
giacinto con il suo colore raffigurava l’aria; inoltre i
suoi campanelli raffiguravano i tuoni e i suoi frutti di
melograno, invece, i lampi. Il paramento omerale con la
varietà dei suoi colori era figura del cielo sidereo; le
due pietre di onice potevano essere i due emisferi, oppure
il sole e la luna. Le dodici gemme poste sul petto
raffiguravano i dodici segni dello zodiaco: si diceva che
erano poste nel razionale perchè negli esseri celesti si
trovano le ragioni delle cose terrene, secondo ciò che è
detto nel libro di Giobbe: «Conosci tu forse le leggi del
cielo e determini il loro influsso sulla terra?» (38, 33).
La mitra, ovvero la tiara, era poi figura del cielo
empireo. La lamina d’oro, infine, raffigurava Dio che
sovrasta tutte le cose.
La ragione figurativa poi è evidente. Infatti le macchie o
i difetti fisici dai quali i sacerdoti dovevano essere
immuni, raffigurano i diversi vizi e peccati che non
dovevano avere. Infatti al sacerdote è proibito di essere
cieco, cioè non deve essere ignorante. Non deve essere
claudicante, cioè instabile e incline a piegarsi in
direzioni diverse. Non deve essere col naso piccolo, o
grande, o storto, cioè non deve mancare di discrezione,
così da eccedere nel più o nel meno, o da compiere qualche
cattiva azione: il naso, che distingue gli odori, è
infatti simbolo della discrezione. Non deve avere mani o
piedi fratturati, cioè non deve perdere la capacità di
operare bene secondo virtù e di progredire in essa. Viene
inoltre scartato se ha la gobba, o davanti o anche dietro,
perchè la gobba indica l’amore superfluo per le cose
terrene. E viene scartato se i suoi occhi sono infiammati,
cioè se il suo ingegno è oscurato dall’affetto carnale:
infatti questo male dipende da una secrezione di umori. Lo
stesso se negli occhi ha l’albugine, ossia se ha la
presunzione di pensare di possedere il candore della
giustizia. Ed è messo da parte anche se ha una scabbia
persistente, cioè se ha una carne ribelle. Così pure se ha
l’impetigine che, senza provocare dolore, infetta il corpo
e deturpa le membra: essa rappresenta l’avarizia. E anche
se ha un’ernia o è grave: a chi infatti porta il peso
delle turpitudini del cuore, non è consentito realizzarle
nelle opere.
D’altra parte, attraverso gli ornamenti sono indicate le
virtù dei ministri di Dio. Sono infatti quattro quelle che
sono necessarie per tutti i ministri, cioè la castità,
indicata dalle fasce femorali; la purezza, indicata dalla
tunica di lino; la moderazione della discrezione, indicata
dalla cintura; la rettitudine dell’intenzione, indicata
dalla tiara che protegge il capo. – Ma oltre a queste il
sommo sacerdote doveva avere altre quattro virtù. In primo
luogo, il ricordo continuo di Dio nella contemplazione:
ciò è significato dalla lamina d’oro con il nome di Dio,
che portava sulla fronte. La virtù di portare su di sé le
debolezze del popolo, che era indicata dal paramento
omerale. Doveva poi accogliere il popolo nel cuore e nelle
viscere con sollecitudine d’amore: questa virtù era
indicata dal razionale. Infine doveva avere una condotta
di vita celeste fatta di opere della perfezione: questo
era indicato dalla tunica color del giacinto. Ecco perchè
ai bordi di essa erano attaccati i campanelli d’oro, dai
quali era raffigurata la dottrina delle cose divine, che
deve essere unita alla condotta celeste del sommo
sacerdote. Vi erano posti poi anche i frutti del
melograno, dai quali era raffigurata l’unità della fede e
la concordia dei buoni costumi, perché la sua dottrina
deve essere congiunta in modo che attraverso essa non
venisse rotta l’unità della fede e della pace. |