Le cerimonie della legge antica avevano la virtù di
giustificare al tempo della legge ?
Circa il secondo punto procediamo così. Sembra che
le cerimonie della legge antica avessero la virtù di
giustificare alla tempo della legge. Infatti l'espiazione
del peccato e la consacrazione dell'uomo sono atti che
riguardano la giustificazione. Ma nell’Esodo (29,
21) si dice che i sacerdoti e le loro vesti venivano
consacrati con l'aspersione del sangue e con l’unzione
dell'olio; nel Levitico (16, 16), poi, si dice che
il sacerdote, aspergendo il sangue del vitello «purificava
il santuario dalle impurità dei figli di Israele, dalle
loro prevaricazioni e dai loro peccati». Dunque le
cerimonie della legge antica avevano la virtù di
giustificare.
2. Inoltre, ciò che rende un uomo gradito a Dio
riguarda la giustizia, secondo quello che dice il Salmo
10 (8): «Giusto è il Signore e ama le cose giuste».
Ma, alcuni piacevano a Dio mediante le cerimonie, secondo
quello che si dice nel Levitico (10,19): «Come
potevo io piacere alle signore nelle cerimonie, con
l'anima in pianto?» Dunque le cerimonie della legge antica
avevano la virtù di giustificare.
3. Inoltre, le cose riguardanti il culto divino
appartengono di più all'anima che al corpo, secondo quello
che dice il Salmo 18 (8): «La legge delle Signore è
perfetta, rinfranca le anime». Ma attraverso le cerimonie
della legge antica venivano mondati i lebbrosi, come dice
il libro del Levitico (14). Dunque molto di più le
cerimonie della legge antica potevano mondare le anime,
giustificandole.
Ma di contro vi è quello che dice l’Apostolo nella
Lettera ai Galati (2, 21): «se fosse stata data
una legge tale da giustificare, Cristo sarebbe morto
invano», cioè senza una ragione. Dunque le cerimonie della
legge antica non giustificavano.
Rispondo dicendo che, come è stato detto [q. 102 a.
5], nella legge antica venivano considerate due tipi di
impurità: la prima spirituale, che è dovuta la colpa; la
seconda invece corporale, che sottraeva la capacità di
dedicarsi al culto divino, come il lebbroso, o chi aveva
toccato un morto: questa impurità non era nient'altro che
una certa irregolarità. Da quest'ultimo tipo di impurità
dunque le cerimonie della legge antica avevano la capacità
di purificare, poiché tali cerimonie erano una sorta di
rimedio per togliere le impurità legate alla legge. Perciò
dice l’Apostolo nella Lettera agli Ebrei (9, 13):
«il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una
giovenca sparsi su quelli che sono contaminati, li
santificano, purificandoli nella carne». E così questa
impurità che veniva purificata delle cerimonie era più del
corpo che dell'anima; così anche le stesse cerimonie sono
chiamate dall'Apostolo «della giustizia carnale» e poco
sopra «norme carnali fino al tempo in cui sarebbero state
riformate» (10).
Dalla impurità della mente, che è impurità della colpa,
queste cerimonie non avevano la capacità di purificare. E
questo perché l'espiazione dei peccati non può avvenire se
non attraverso Cristo «che toglie i peccati del mondo» (Gv.
1, 29). E poiché il mistero dell'incarnazione e della
passione di Cristo non si era ancora compiuto realmente,
le cerimonie della legge antica non potevano contenere in
sé realmente la virtù che emana dal Cristo incarnato e
immolato, come i sacramenti della legge nuova. Perciò esse
non potevano purificare dal peccato, come dice l’Apostolo
nella Lettera agli Ebrei (10, 4): «è impossibile
eliminare i peccati con il sangue di tori e di capri». Ed
ecco perché egli nella Lettera ai Galati (4, 9)
chiama queste cerimonie «deboli e miseri elementi»:
deboli, perché non possono purificare dal peccato; ma
questa debolezza proviene dal fatto che sono miseri, cioè
dal fatto che non contengono in sé la grazia.
Ora, nel tempo della legge, l'anima dei fedeli poteva
unirsi con la fede a Cristo incarnato ed immolato e, così,
dalla fede in Cristo venivano giustificati. E un modo di
professare codesta fede era l'osservanza delle cerimonie,
in quanto esse erano figura di Cristo. Ecco perché nella
legge antica venivano offerti dei sacrifici per i peccati:
non perché essi stessi mondassero dal peccato, ma perché
erano un certo modo di professare quella fede che mondava
dal peccato. La legge stessa lo lascia intuire dal suo
modo di esprimersi; si dice infatti nel Levitico (4
e 5) che, nell'oblazione delle vittime per il peccato, «il
sacerdote pregherà per lui ed egli sarà perdonato», come
per dire che il peccato non era perdonato in forza dei
sacrifici, ma grazie alla fede e alla devozione degli
offerenti. – Bisogna sapere però che il fatto stesso che
le cerimonie della legge antica permettessero l'espiazione
dalle impurità corporali, avveniva come figura
dell'espiazione dei peccati che avviene attraverso Cristo.
Così dunque si mostra che le cerimonie dello Stato della
legge antica non avevano il potere di giustificare.
Risposta al primo argomento: quella santificazione
dei sacerdoti, dei loro figli, delle loro vesti o di
qualsiasi altra cosa, mediante l'aspersione del sangue,
non era altro che una abilitazione al culto divino e uno
strumento per togliere gli ostacoli «alla purificazione
della carne», come dice l’Apostolo (Eb. 9, 13), in
modo da prefigurare quella santificazione mediante la
quale «Gesù attraverso il suo sangue santifico il popolo»
(Eb. 13, 12). – Anche l'espiazione era da riferire
alle impurità legali, non alla rimozione della colpa.
Infatti si parla anche dell'espiazione del santuario, che
non poteva essere soggetto di colpa.
Risposta al secondo argomento: i sacerdoti erano
graditi a Dio con le cerimonie a causa dell'obbedienza e
della devozione, ma anche della fede in quello che esse
prefiguravano e non già per le cose stesse in sé
considerate.
Risposta al terzo argomento: quelle cerimonie che
erano state istituite per la purificazione dei lebbrosi,
non erano ordinate a togliere l’impurità della malattia
della lebbra. Cosa che è evidente dal fatto che esse non
riguardavano che le persone già mondate; dice infatti il
Levitico (14, 3 e ss.): «il sacerdote, uscito
dall'accampamento, se riscontrerà che la lebbra è guarita,
ordinerà che si offrano terra alla persona da
purificare.... »; da questo emerge che il sacerdote era
costituito giudice della lebbra già mondata, non di quella
da mondare. Ora, codeste cerimonie erano utilizzate per
togliere l'impurità dell’irregolarità. – Si dice però che
se in qualche caso un sacerdote avesse commesso uno
sbaglio nel giudicare, il lebbroso veniva mondato
miracolosamente per virtù divina, non già in virtù dei
sacrifici. Così pure miracolosamente imputridiva il fianco
di una donna adultera, dopo aver bevuto l'acqua in cui il
sacerdote aveva versato maledizioni [Num. 5, 27]. |