Dopo la passione di Cristo, le cerimonie legali si
possono osservare senza incorrere in peccato mortale?
Circa il quarto punto procediamo così. Sembra che
dopo la passione di Cristo, le cerimonie della legge
possano essere osservate senza incorrere in peccato
mortale. Infatti non si deve credere che gli Apostoli,
dopo aver ricevuto lo Spirito Santo, abbiano peccato
mortalmente, perchè dalla pienezza dello Spirito furono
«rivestiti dall’alto di virtù». Eppure gli Apostoli
osservarono le cerimonie legali dopo la venuta dello
Spirito Santo: Paolo circoncise Timoteo [At. 16, 3]
e, dietro consiglio di Giacomo, «prese con sé quegli
uomini e, fatta insieme con loro la purificazione, entrò
nel tempio annunziando il compimento dei giorni della
purificazione, quando sarebbe stata presentata l'offerta
per ciascuno di loro» (At. 21, 26). Dunque senza
peccato mortale i precetti legali si possono osservare
dopo la passione di Cristo.
2. Inoltre, evitare le riunioni con i gentili e
rientrava nelle cerimonie della legge. E il primo pastore
della Chiesa osservò questa norma; si dice infatti nella
Lettera ai Galati (2,12): dice l’Apostolo nella
Lettera ai Colossesi (2, 16): «essendo venute alcune
persone da Antiochia, Pietro si ritirò e si ritirò lontano
dai gentili». Dunque senza peccato mortale i precetti
legali si possono osservare dopo la passione di Cristo.
3. Inoltre, i precetti degli apostoli non portarono
certo gli uomini al peccato. Ma con un decreto degli
apostoli fu stabilito che i gentili osservassero certe
cerimonie legali; si dice infatti negli Atti degli
Apostoli (15, 28): «Ma abbiamo deciso, lo Spirito
Santo e noi, di non imporvi nessun altro obbligo al di
fuori di queste cose necessarie: astenervi dalle carni
offerte a idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e
dall'impudicizia». Dunque senza peccato le cerimonie
legali possono essere osservate dopo la passione di
Cristo.
Ma di contro vi è quello che dice l’Apostolo nella
Lettera ai Galati (5, 2): «Se vi farete
circonciderete, Cristo non vi gioverà a nulla». Ma niente
esclude dal frutto di Cristo, se non il peccato mortale.
Dunque essere circoncisi e osservare altre cerimonie, dopo
la passione di Cristo è peccato mortale.
Rispondo dicendo che tutte le cerimonie sono
modalità di professare la fede, nella quale consiste il
culto interiore di Dio. Ora, l'uomo può professare la sua
fede interiore sia con i fatti, sia anche quelle parole:
in entrambi i casi, se professa il falso, pecca
mortalmente. E sebbene la fede che noi abbiamo in Cristo
sia la stessa di quella che di lui avevano i Patriarchi,
tuttavia, poiché essi precedettero il Cristo, mentre noi
siamo al lui posteriori, la medesima fede viene espressa
con parole differenti da loro e da noi. Infatti essi
dicevano: «Ecco la Vergine concepirà e partorirà un
figlio»; (Is. 7, 14); sono parole che indicano il
futuro. Noi invece nell'esprimere questa stessa cosa ci
serviamo del passato, dicendo che «concepì e partorì».
Allo stesso modo le cerimonie della legge antica
indicavano il Cristo che doveva ancora nascere e partire.
I nostri sacramenti invece indicano il Cristo già nato e
immolato. Perciò, come peccherebbe mortalmente chi ora,
professando la sua fede, dicesse che Cristo deve nascere,
cosa che gli antichi in maniera pia e veritiera dicevano,
allo stesso modo anche peccherebbe mortalmente, colui che
ora osservasse le cerimonie che gli antichi osservavano
con pietà e con fede. Ed è questo ciò che dice Agostino:
«ormai non c'è più la promessa di Cristo che deve nascere,
partire, risorgere come quei sacramenti in qualche modo
rappresentavano; ma c'è l'annunzio che egli è nato, ha
patito, è risorto, cosa che i sacramenti usati dai
cristiani, ormai rappresentano» (19 Contra Faustum,
16).
Risposta al primo argomento: su di esso sembra che
Girolamo e Agostino avessero opinioni differenti. Girolamo
infatti distingue due tempi. Il primo anteriore alla
passione di Cristo, in cui le norme legali non erano né
morte, come se non avessero la forza di obbligare o il
loro potere di espiare, ma nemmeno mortifere,
perché non peccavano coloro che le osservavano. Però
subito dopo la passione di Cristo, esse cominciarono ad
essere non solo morte, cioè prive di forza e
obbligatorietà, ma anche mortifere: peccava mortalmente
chiunque le osservava. Di conseguenza egli affermava che
gli apostoli non osservarono mai realmente le cerimonie
legali dopo la passione, ma solo per una certa via
simulazione, e per non scandalizzare i giudei e impedire
la loro conversione. questa simulazione non è da
intendersi nel senso che essi non compivano realmente
codesti atti, bensì nel senso che non li compivano quali
di cerimonie legali; come se uno, ad esempio, si facesse
togliere il prepuzio non per adempiere l'obbligo legale
della circoncisione, ma solo per igiene.
Sembrando però poco conveniente che gli apostoli
nascondessero, per paura di creare scandalo, le cose
riguardanti la verità della vita e della dottrina e che
simulassero su cose riguardanti la salvezza dei fedeli,
perciò in maniera più appropriata a Agostino distinse tre
tempi. Il primo, precedente alla passione di Cristo, in
cui le cerimonie legali non erano né mortifere e né morte.
Un altro, posteriore alla divulgazione del Vangelo, in cui
le cerimonie legali sono sia mortifere sia morte. Il terzo
poi è un tempo intermedio, che va dalla passione di Cristo
alla divulgazione del Vangelo, nel quale le cerimonie
legali erano morte, poiché non avevano più alcuna forza e
nessuno era tenuto ad osservarle, ma tuttavia non erano
mortifere, poiché quelli che si erano convertiti alla fede
in Cristo dal giudaismo potevano osservarle in maniera
lecita, purché non riponessero in esse la loro speranza,
credendo che esse fossero necessarie alla salvezza, quasi
come se senza tali precetti, la fede in Cristo non potesse
giustificare. Per quelli poi che si convertivano dal
paganesimo non c’era nessun motivo di osservarle. Ecco
perché Paolo circoncise Timoteo, che era nato da madre
ebrea; mentre non volle circoncidere Tito, che era nato da
genitori pagani.
Lo Spirito Santo non volle, in tal modo, che fosse
proibito subito l'osservanza delle cerimonie legali a
coloro che si convertivano dal giudaismo, come invece era
proibito a coloro che si convertivano dal paganesimo,
continuare a svolgere i loro riti, in modo da mostrare la
differenza esistente tra i riti del giudaismo e quelli del
paganesimo. Infatti i riti pagani venivano ripudiati come
assolutamente illeciti e sempre proibiti da Dio; invece i
riti della legge antica, istituiti da Dio per prefigurare
il Cristo, cessavano perché adempiuti nella passione di
Cristo.
Risposta al secondo argomento: secondo Girolamo,
Pietro si sarebbe sottratto ai gentili per una
simulazione, al fine di evitare lo scandalo di giudei, di
cui era l'apostolo. Di conseguenza in questo non avrebbe
peccato in nessun modo; ma Paolo lo avrebbe ripreso allo
stesso modo per una simulazione, per evitare lo scandalo
dei gentili, di cui egli era l'apostolo. – Ma Agostino non
accetta quest’interpretazione, poiché Paolo, in una
Scrittura canonica, cioè nella Lettera ai Galati
(2, 11), nella quale sarebbe peccato credere vi sia
qualcosa di falso, dice che Pietro «era reprensibile».
Perciò è vero che Pietro peccò e Paolo lo ha rimproverato
veramente e non simulando. Pietro però non peccò per il
fatto che osservava in quel tempo le cerimonie legali, dal
momento che questo era per lui, che è si era convertito
dal giudaismo, concesso. Egli peccò invece nell'osservare
queste cerimonie con troppa diligenza, per non
scandalizzare i giudei, cosicché provocò anche lo scandalo
dei pagani.
Risposta al terzo argomento: alcuni hanno detto che
quella proibizione degli apostoli non è da comprendere
alla lettera, ma secondo una comprensione spirituale, in
modo che nella proibizione del sangue, si dovrebbe
intendere quella dell'omicidio; nella proibizione degli
animali soffocati, la proibizione della violenza e della
rapina; nella proibizione delle carni immolate, la
proibizione dell'idolatria; infine, la fornicazione
sarebbe proibita come male in se stessa. Costoro ricavano
questa opinione da alcune glosse, che espongono in senso
mistico questi precetti. – Ma poiché l'omicidio e la
rapina erano ritenuti peccaminosi anche presso i pagani,
non sarebbe stato necessario rivolgere un precetto
particolare su queste cose a coloro che si erano
convertiti a Cristo dal paganesimo.
Di conseguenza altri dicono che codesti cibi furono
proibiti in senso letterale, non per favorire l'osservanza
dei precetti legali, ma per mortificare la gola. Infatti,
commentando quel passo di Ezechiele in cui si dice
«Qualsiasi animale morto ...» (44, 31), dice Girolamo:
«condanna quei sacerdoti che, per i desideri della gola,
non rispettano queste norme riguardanti i tordi e altri
uccelli simili». – Ma poi che ci sono ben altri cibi più
delicati e più provocanti per la gola, non sembra che ci
sia una ragione sufficiente per proibire codesti cibi
piuttosto che altri.
E perciò si deve dire, secondo la terzo opinione, che
codeste cose furono proibite in senso letterale, non
perché fossero serbate le cerimonie della legge, ma al
fine di favorire l'unione dei gentili e dei giudei che
dovevano vivere insieme. Per i giudei infatti il sangue e
gli animali soffocati erano ripugnanti, a causa della loro
antica consuetudine; mentre l'uso delle carni immolate
poteva in essi destare il sospetto che i gentili stessero
tornando all'idolatria. Perciò queste cose furono proibite
durante il tempo in cui doveva nuovamente iniziare la
convivenza dei gentili con i giudei. Tuttavia con il
passare del tempo, cessata la causa, cessò l'effetto, cioè
una volta manifestata la verità della dottrina del
Vangelo, nella quale il Signore insegna che «niente di
quanto entra nella bocca, contamina l'uomo» (Mt.
15, 11) e che «nessuna cosa è da rigettare, se accolta con
azioni di grazie» (1 Tim. 4, 4). – La fornicazione
è poi era proibita in modo speciale, perché i gentili non
ritenevano che essa costituisse peccato. |