La natura dei precetti giudiziali sta nel fatto che
essi sono ordinati al prossimo?
Circa il primo punto procediamo così. Sembra che la
natura dei precetti giudiziali non consista nell’essere
ordinati al prossimo. Infatti i precetti giudiziali
prendono questo nome dal termine “giudizio”. Ma molte
altre sono le cose che, ordinando l’uomo al prossimo, non
riguardano l’ambito dei giudizi. Dunque non si chiamano
precetti giudiziali, qui precetti che sono ordinati al
prossimo.
2. Inoltre, i precetti giudiziali si distinguono da
quelli morali, come è stato detto sopra [q. 99, a. 4]. Ma
molti precetti morali sono quelli con i quali l’uomo è
ordinato al prossimo, come emerge dai sette precetti della
seconda tavola. Dunque non si chiamano precetti
giudiziali, quei precetti che sono ordinati al prossimo.
3. Inoltre, così come ci sono i precetti
cerimoniali in rapporto a Dio, allo stesso modo vi sono
quelli giudiziali in rapporto al prossimo, come è stato
detto sopra [q. 101, a. 1]. Ma tra i precetti cerimoniali
ce ne sono alcuni che riguardano l’individuo stesso, come
le osservanze relativi ai cibi e alle vesti, di cui si è
detto sopra [q. 102, a. 6]. Dunque non si chiamano
precetti giudiziali, i precetti che ordinano l’uomo al
prossimo.
Ma di contro vi è quello che dice Ezechiele
(18, 8), enumerando le altre opere buone dell’uomo giusto:
«Se pronunzia retto giudizio tra un uomo e un altro». Ma i
precetti giudiziali sono così denominati in riferimento al
giudizio. Dunque sembra che si dicano precetti giudiziali
quelli relativi allo stare insieme degli uomini e i loro
reciproci rapporti.
Rispondo dicendo che, come emerge dalle cose dette
prima [q. 95 a. 2; q. 99 a. 4], in ogni legislazione ci
sono delle leggi che hanno la forza di obbligare,
derivando questa forza dallo stesso dettame della ragione,
poiché la ragione naturale detta che ciò è da fare oppure
da evitare. Tali i precetti si dicono morali,
poiché i costumi [mores] umani derivano dalla
ragione. – Vi sono poi altri precetti che non hanno la
forza di obbligare in virtù dello stesso dettame della
ragione, poiché è considerati in se stessi non hanno
natura di cosa che si deve fare o non si deve fare, ma
ricevono la forza di obbligare da qualche disposizione
divina o umana. E tali sono certe determinazioni dei
precetti morali. Se perciò i precetti morali vengono
determinati da una disposizione divina in cose riguardanti
i doveri verso Dio, tali precetti prendono il nome di
cerimoniali. Se invece vengono così determinati i
doveri relativi allo stare insieme degli uomini e i loro
reciproci rapporti, tali precetti prendono il nome di
giudiziali. dunque la natura dei precetti giudiziali
consiste in due cose che si tratti di doveri degli uomini
tra loro e che la forza di obbligare non viene dalla sola
ragione, ma da una disposizione.
Risposta al primo argomento: i giudizi vengono
esercitati con l'autorità di certi governanti, che hanno
il potere di giudicare. Ora, a chi governa spetta non solo
di regolare coloro che si trovano in contrasto, ma anche i
contratti volontari che si fanno tra gli uomini, e quanto
riguarda il governo e il bene comune del popolo. Di
conseguenza i precetti giudiziari non sono solo quelli che
riguardano le controversie giudiziarie, ma anche tutti
quegli che riguardano le relazioni reciproche degli
uomini. che sottostanno alle disposizioni del principe
come supremo giudice.
Risposta al secondo argomento: tale argomento vale
per quei precetti che riguardano i doveri verso il
prossimo, la cui forza obbligante deriva dal solo dettame
della ragione.
Risposta al terzo argomento: anche in quei precetti
che sono ordinate a Dio, alcuni sono morali e vengono
dettati dalla sola ragione informata dalla fede: ad
esempio, il precetto secondo cui Dio deve essere amato e
adorato. Altri invece sono cerimoniali: essi non hanno
forza di obbligare se non da una disposizione divina. Non
solo i sacrifici a Dio offerti però lo riguardano, ma
anche quanto riguarda l'idoneità di coloro che fanno
offerte e adorano Dio. Gli uomini infatti sono ordinati a
Dio come al loro fine, perciò il fatto che l'uomo abbia
una certa in ogni età riguardo al culto divino, riguarda
codesto culto e, di conseguenza, i precetti cerimoniali.
ma l'uomo non è ordinato al prossimo come al suo fine,
così che è necessario disporre se stesso in ordine al
prossimo: questo è infatti il rapporto dei servi e i
padroni; dice infatti Aristotele che gli schiavi «quello
che sono, sono dei loro padroni» (Pol. 1, 2).
Perciò i precetti che reggono l'uomo in se stesso non sono
giudiziali, ma tutti tali da poter essere chiamati morali,
poiché la ragione, che è il principio di tutto ciò che è
morale, rispetto agli altri elementi esistenti nell'uomo e
in ordine ad esso, è come il principe e il giudice di uno
stato. – Tuttavia occorre sapere che, poiché l'ordine
dell’uomo verso il prossimo è più alla portata della
ragione che il suo esser ordinato verso Dio, si trovano
molti più precetti morali attraverso i quali l'uomo è
ordinato verso il prossimo, che non quelli attraverso i
quali è ordinato a Dio. E per questo, era necessario anche
che fossero più numerosi nella legge i precetti
cerimoniali che quelli giudiziali. |