La legge antica diede in maniera appropriata precetti
riguardo alle persone della famiglia?
Circa il quarto punto procediamo così. Sembra che
la legge antica abbia dato in maniera non appropriata dei
precetti circa le persone della famiglia. Infatti come
dice il Filosofo nella Politica (1, 2), «schiavo è
ciò che è del padrone». Ma ciò che è di qualcun’altro,
deve essere suo in eterno. Dunque in modo non appropriato
si comandò nell’Esodo (21, 2) che gli schiavi venissero
rimessi in libertà nel settimo anno.
2. Inoltre, uno schiavo è possesso del padrone,
come qualsiasi animale, come un asino o un bue. Ma, nel
Deuteronomio si comanda di riportare al padrone
animali che si trovano erranti (22, 1-3). In maniera
inappropriata dunque nello stesso libro della Scrittura si
comanda che «Non consegnerai lo schiavo, che si è
rifugiato da te, al suo padrone» (23, 15).
3. Inoltre, la legge divina, più della legge umana,
deve suscitare misericordia. Ma in base alle leggi umani e
sono puniti gravemente coloro che castigano con troppa
durezza gli schiavi o le ancelle. Ora il castigo più duro
sembra essere quello che causa la morte. In maniera
inappropriata dunque si stabilisce nell'Esodo (21,
20) che «quando un uomo colpisce con il bastone il suo
schiavo o la sua schiava, se sopravvive un giorno o due,
non subirà alcuna pena, perché è denaro suo».
4. Inoltre, il dominio del padrone sullo schiavo è
diverso da quello del padre sul figlio, come dice
Aristotele (Pol. 1, 5 e 3, 4). Ora, il dominio che
il padrone ha sugli schiavi implica che possa vendere un
servo o un'ancella. In maniera inappropriata dunque la
legge permise che qualcuno potesse vendere sua figlia come
schiava o come ancella [Es. 21, 7].
5. Inoltre, il padre ha il figlio in suo potere.
Ora, punire gli abusi spetta a chi ha il potere su chi
sbaglia. In maniera non appropriata dunque si comanda che
il padre porti il figlio dinanzi agli anziani della città,
per farlo punire [Deut. 21, 18 e ss].
6. Inoltre, il Signore proibì che si facessero
matrimoni con gli stranieri [Deut. 7, 3] e anche
che si rompessero quelli già contratti [Esd. 1,
10]. In maniera non appropriata dunque si concesse
agli ebrei di prendere in moglie donne straniere [Deut.
21, 10].
7. Inoltre, il signore stabilì che nei matrimoni si
dovessero evitare certi gradi di consanguineità e di
familiarità [Lev. 18]. In maniera non appropriata
dunque si comandò che se uno fosse morto senza figli, il
fratello avrebbe preso in sposa sua moglie [Deut.
25, 5].
8. Inoltre, tra marito e moglie, come vi è la
massima familiarità, così deve esserci una fedeltà
fermissima. Ma ciò è impossibile, se è il matrimonio può
sciogliersi. In maniera non appropriata dunque il Signore
permise che qualcuno potesse ripudiare la moglie, dopo
avere redatto il libello del ripudio, e diede l'ordine di
non poterla più riavere [Deut. 24, 1-4].
9. Inoltre, così come la moglie può mancare di
fedeltà al marito, allo stesso modo può fare lo schiavo
rispetto al padrone, e il figlio rispetto al padre. Ma,
per scoprire il tradimento dello schiavo verso il padrone,
o del figlio verso il padre, non fu istituito nella legge
alcun sacrificio. Sembra pertanto che sia stato istituito
in maniera superflua il sacrificio di gelosia, istituito
per scoprire l'adulterio delle mogli [Num. 5, 12 e
ss.]. Così dunque sembra che, nella legge, in maniera non
appropriata, sono stati dati precetti giudiziali sulla
vita delle persone della famiglia.
Ma di contro vi è quello che si dice nel Salmo
18 (10): «I giudizi del Signore sono veri,
giustificati in se stessi».
Rispondo dicendo che la convivenza delle persone
della famiglia tra di loro è basata sulle azioni
quotidiane, le quali sono ordinate ad assicurare le
necessità della vita, come dice il Filosofo nella
Politica (1, 1). O ora, la vita dell'uomo si conserva
in due modi. Primo, rispetto all'individuo, cioè in quanto
vive l'uomo singolo: per conservare tale vita l'uomo fa
uso di beni esterni, dai quali ricava il vitto, le vesti,
e a altre cose del genere necessari alla vita; inoltre,
per amministrare codesti beni l'uomo può avere bisogno di
servi. In un altro modo alla vita dell'uomo si conserva
nella specie mediante la generazione: per questo l'uomo ha
bisogno di una moglie, dalla quale generare dei figli.
Così dunque, nella comunità domestica possono esservi tre
tipi di rapporti: quello tra padrone e schiavo, quello tra
marito e moglie, quello tra padre e figlio. Rispetto a
ciascuno di questi rapporti, la legge antica diede
precetti adeguati.
Infatti, quanto ai servi, la legge stabilì che venissero
trattati con bontà e, quando i loro lavori, che non
fossero oppressi con lavori eccessivi; infatti il Signore
comandò che, nel giorno di sabato, «Riposino come te il
tuo schiavo e la tua ancella». Lo stesso si dica per i
castighi: il Signore impose come punizione, a chi avesse
mutilato i propri schiavi, di lasciarli liberi. La stessa
cosa comandava per la schiava che uno avesse preso in
moglie [Es. 21, 26 e ss.]. – Stabilì anche che,
specialmente per gli schiavi che provenivano dal popolo,
fosse rispettato il settimo anno e che dunque tornassero
liberi, con tutte le cose che avevano portato con sé e con
le loro vesti. [Es. 21, 2]. Comandò inoltre di dare
loro il necessario per il viaggio [Deut. 15, 13 e
ss.].
Quanto alle mogli, venivano stabilite nella legge delle
norme relative alla loro scelta: che essi prendessero
mogli della propria tribù (perché i lotti assegnati alle
varie tribù non si mescolassero) [Num. 36]; che si
sposasse la moglie del proprio fratello morto senza prole
(e questo perché chi non aveva avuto dei posteri per
generazione carnale, gli avesse almeno per una specie di
adozione e quindi non venisse completamente cancellata la
memoria del defunto) [Deut. 25, 5 e ss.]. La legge
proibì inoltre di sposare determinate persone: gente
straniera, per il pericolo di lasciarsi sedurre; parenti
stretti, per il rispetto naturale che ad essi si deve. –
Stabilì anche come dovevano essere trattate le mogli dopo
le nozze. Stabilì cioè che non si infamassero con
leggerezza; di conseguenza viene comandato nella legge di
punire colui che avesse accusato falsamente di un delitto
la propria moglie [Deut. 22, 13]. E anche che a
causa dell'odio verso la moglie, il figlio non doveva
partire alcun danno [Deut. 21, 15]. Stabilì
inoltre di non affliggere la moglie a causa dell'odio che
si prova verso di lei, ma piuttosto, redatto il libello,
di ripudiarla [Deut. 24, 1]. E anche per suscitare
sin dall'inizio un amore più forte tra i coniugi, la legge
stabiliva che quando uno si era sposato da poco, non gli
venisse imposto alcun onere per le necessità pubbliche,
affinché potesse stare lieto con sua moglie.
Infine, quanto i figli, la legge stabilì che il padre
usasse disciplina nei loro confronti, istruendoli nella
fede; si dice infatti nell’Esodo (12, 26 e ss.):
«ma allora i vostri figli vi chiederanno: che significa
questo atto di culto? Voi direte loro: è il sacrificio per
il passaggio del Signore». La legge stabilì poi che il
padre li istruisse anche nei costumi; si dice infatti nel
Deuteronomio (21, 20) che i padri devono dire: «Non
vuole obbedire alla nostra voce, si dà ai bagordi, ai
piaceri e ai conviti».
Risposta al primo argomento: poiché i figli
d'Israele erano stati liberati dalla schiavitù dalla
Signore e, per questo, chiamati al servizio divino, allora
il Signore non volle che fossero servi in eterno; si dice
infatti nel Levitico (25, 39 e ss.): «Se tuo
fratello cade in miseria e si vende a te, non opprimerlo
con la servitù degli schiavi della tua casa, ma quasi come
un lavorante o un colono sia presso di te. Poiché essi
sono miei servi, che io ho fatto uscire dal paese
d'Egitto, non debbono essere venduti come si vendono gli
schiavi».Perciò essi, non essendo schiavi in senso
assoluto, ma relativo, finito il tempo, venivano lasciati
liberi.
Risposta al secondo argomento: quel precetto va
inteso in riferimento allo schiavo che il padrone cercava
per ucciderlo, o per compiere qualche misfatto.
Risposta al terzo argomento: riguardo alle ferite
inferte agli schiavi, la legge sembra volesse considerare
se la ferita fosse certa o incerta. Se infatti la ferita
fosse stata certa, la legge prevedeva una pena: a causa
della mutilazione, la remissione del servo, al quale si
comandava di donare le libertà; a causa di un'uccisione
invece, la pena prevista era l'omicidio, nel caso in cui
lo schiavo fosse morto tra le mani del padrone che lo
picchiava. – Se, invece, la lesione non fosse stata certa,
ma ve ne fosse stata una qualche apparenza, trattandosi
del proprio schiavo, la legge non infliggeva alcuna pena:
ad esempio, quando lo schiavo percosso non moriva subito,
ma dopo alcuni giorni. In questo caso infatti non era
certo che fosse morto per le percosse. D'altra parte, se
uno avesse percosso un uomo libero, il quale non fosse
morto subito, ma avesse potuto camminare ancora con il
bastone, anche se in seguito fosse morto, colui che lo
aveva picchiato non sarebbe stato considerato colpevole di
omicidio. Tuttavia era tenuto a restituire il denaro che
aveva speso per curarsi. Questo invece non avveniva
trattandosi del proprio schiavo, dal momento che quanto lo
schiavo possedeva, e la sua stessa persona, era possesso
del padrone. Ecco stabilito il motivo per il quale veniva
esonerato dalla pena pecuniaria, «perché è denaro suo».
Risposta al quarto argomento: come è stato detto
poc'anzi, nessun ebreo poteva possedere quale vero schiavo
un altro ebreo, ma costui era schiavo in senso lato, quasi
come un mercenario e per un tempo stabilito. Per questo,
la legge permetteva di vendere il figlio o la figlia,
qualora costretti da povertà. Le stesse parole della legge
lo mostrano: «Se qualcuno venderà sua figlia come schiava,
essa diventerà poi libera, ma non alla maniera delle altre
ancelle». In tal modo, poi, qualcuno poteva vendere non
solo i figli ma anche se stesso, cioè più come mercenario,
un lavoratore, che come servo; dice infatti il Levitico
(25, 39): «Se tuo fratello cade in miseria e si vende
a te, non opprimerlo con la servitù degli schiavi della
tua casa, ma quasi come un lavorante o un colono sia
presso di te».
Risposta al quinto argomento: il dominio paterno ha
solo il potere di ammonire, non ha invece la forza
coattiva, per reprimere i ribelli e gli incorreggibili,
come dice Aristotele (Eth. Nic. 10, 9). E perciò,
in questo caso, la legge comandava che il figlio
incorreggibile e ostinato fosse punito dai maggiorenti
della città.
Risposta al sesto argomento: il Signore proibì di
sposare donne straniere, per il pericolo di farsi sedurre
ed essere indotti all'idolatria. Questa proibizione
riguardava specialmente le donne delle genti italiane che
abitavano vicino, i cui riti gli ebrei avrebbero potuto
abbracciare facilmente. Se invece quella donna voleva
abbandonare l'idolatria e passare al culto della legge,
allora poteva essere presa in matrimonio, come è evidente
dalla caso di Ruth che Booz prese in moglie. Ella stessa
infatti aveva detto alla suocera: «Il tuo popolo sarà il
mio popolo, il tuo Dio sarà il mio Dio» (Ruth 1, 16).
Pertanto la donna catturata non poteva essere prese in
moglie se non dopo essersi rasa i capelli, tagliate le
unghie, dopo aver abbandonato le vesti con cui era stata
presa e dopo aver pianto il padre e la madre: gesti questi
attraverso i quali è indicato il rifiuto perpetuo
dell'idolatria.
Risposta al settimo argomento: come spiega il
Crisostomo (Super Matth.), «poiché la morte era
considerata un male irrimediabile presso gli Ebrei, che
facevano ogni cosa solo per la vita presente, fu stabilito
che a chi moriva fosse dato un figlio dal fratello: questo
costituiva in qualche modo un rimedio alla morte. Ed era
ordinato che nessun altro sposasse la moglie del defunto,
se non il fratello o un parente, sia perchè così» il
figlio che sarebbe nato da tale unione «non sarebbe stato
considerato figlio di colui che era morto, sia perchè un
estraneo non avrebbe avvertito la necessità di curarne la
casa, per il quale era giusto fare questo anche per un
dovere di parentela». Da questo emerge che un uomo,
sposando la moglie di suo fratello defunto, assumeva le
funzioni di quest’ultimo.
Risposta all’ottavo argomento: la legge permise il
ripudio della moglie, non perchè fosse giusto in maniera
assoluta, bensì a causa della durezza degli ebrei, come
disse il Signore (Mt. 19, 8). Ma di questo bisogna
parlare più ampiamente trattando del matrimonio.
Risposta al nono argomento: le mogli infrangono la
fedeltà al matrimonio con l’adulterio e lo fanno
facilmente, a causa del piacere; lo fanno inoltre di
nascosto, perchè «l’occhio dell’adultero guarda la
caligine», come dice la Scrittura (Gb. 24, 15).
Diversa è invece la natura dell’infedeltà del figlio verso
il padre, o del servo verso lo schiavo, poiché tale
infedeltà non viene dal desiderio del piacere, ma
piuttosto dalla malizia; né può rimanere nascosta come
l’infedeltà della donna adultera. |