La legge nuova è altra dalla legge antica?
Circa il primo punto procediamo così. Sembra che la
legge nuova non sia altra rispetto alla legge antica.
Entrambe le leggi infatti sono state date a coloro che
hanno fede in Dio, perché «senza fede è impossibile esser
graditi a Dio», come si legge nella Lettera agli Ebrei
(11, 6). Ma la Glossa (Mt., 21, 9) afferma
che questa è la fede degli antichi e dei nuovi tempi.
Dunque anche la legge è la stessa.
2. Inoltre, Agostino dice che «tra Legge e Vangelo
è breve la differenza: è quella che c’è tra timore e
amore» (Contra Adamantum Manich. Discipl. 17). Ma
in riferimento a queste due cose, la legge nuova e la
legge antica non possono essere distinte, dal momento che
anche nella legge antica troviamo i precetti della carità:
«Ama il prossimo tuo» (Lev. 19, 18); «Ama il
Signore Dio tuo». E, in maniera simile, la legge antica e
la legge non possono essere diversificate, in base
all’altra differenza che Agostino stabilisce, secondo cui
«l’antico Testamento contiene promesse temporali, il nuovo
contiene promesse spirituali ed eterne» (Contra Faustum
4, 2). Anche il nuovo Testamento promette qualcosa di
temporale, secondo quello che dice il Vangelo di Marco
(10, 30): «Riceverà cento volte tanto in questo tempo, in
case e fratelli, ecc...». D'altra parte nell'antico
Testamento si aveva la speranza di cose spirituali ed
eterne, secondo quello che si legge nella Lettera agli
Ebrei (11, 16): «Ora aspirano anche ad una patria
migliore, cioè celeste»; e ciò viene detto degli antichi
Patriarchi. Dunque sembra che la legge nuova non sia
diversa dalla legge antica.
3. Inoltre, l’Apostolo sembra distinguere le due
leggi chiamando l'antica «legge delle opere», la nuova
«legge della fede» [Rom. 3, 27]. Ma la legge antica
era anche legge della fede, secondo quello che si legge
nella Lettera agli Ebrei (11, 39): «Tutti costoro
ricevettero testimonianza per la loro fede», cosa che
viene detta dei Patriarchi dell'antico Testamento. In
maniera simile anche la legge nuova è legge delle opere;
dice infatti il Vangelo di Matteo (5, 44): «Fate
del bene a quelli che vi odiano», e nel Vangelo di Luca
(22, 19): «Fate questo in memoria di me». Dunque la legge
nuova non è diversa dalla legge antica.
Ma di contro vi è ciò che l’Apostolo dice nella
Lettera agli Ebrei (7, 12): «Cambiato il sacerdozio, è
necessario che avvenga anche un cambiamento nella legge».
Ma il sacerdozio è diverso nel nuovo e nell'antico
Testamento come in questo passo l’Apostolo stesso indica.
Dunque anche la legge è diversa.
Rispondo dicendo che, come è stato detto sopra [q.
90, a. 2; q. 91, a. 4], ogni legge ordina lo stare insieme
degli uomini in vista di un qualche fine. Ora, le cose che
sono ordinate ad un fine, possono essere distinte in due
modi in rapporto al loro fine. In un modo, in quanto sono
ordinate a fini diversi: in tal caso, si ha una differenza
specifica, soprattutto qualora si tratti di un fine
immediato. In un altro modo, in base alla vicinanza o
lontananza dal fine. Così è chiaro che i movimenti
differiscono specificamente tra loro in quanto sono
ordinati verso termini differenti; invece, in base al
fatto che una fase del moto è più vicina al termine di
un'altra, si determina una differenza nel movimento
stesso, come ciò che è imperfetto differisce da ciò che è
perfetto.
Così dunque le due leggi possono essere distinte in due
modi. In un modo, come del tutto diverse, perché ordinate
ai fini diversi: come, ad esempio, la legge di uno stato
che ha come fine il governo del popolo, differisce per
specie da quella di uno stato che ha come fine il governo
degli aristocratici. – In un altro modo, le due leggi
possono essere distinte in base al fatto che una è
ordinata al fine in modo da esservi più vicina, l'altra è
invece più lontana; ad esempio, in un medesimo stato, la
legge imposta alle persone mature, che sono già capaci di
eseguire quanto è richiesto dal bene comune, è diversa
dalla legge per l'educazione dei fanciulli, che devono
essere istruiti sul modo in cui eseguire azioni da uomini
maturi.
Si deve dunque affermare che, nella prima prospettiva, la
legge nuova non è diversa dalla legge antica, dal momento
che di entrambe uno solo è il fine, cioè che gli uomini si
sottomettano a Dio; d'altra parte uno solo è il Dio del
nuovo e dell'antico Testamento, secondo quello che si
legge nella Lettera ai Romani (3, 30): «Un
solo Dio giustifica per la fede i circoncisi e per mezzo
della fede anche i non circoncisi». – Nell'altra
prospettiva, la legge nuova e diversa da quella antica,
dal momento che la legge antica è quasi come un pedagogo
per i fanciulli, come l’Apostolo dice nella Lettera ai
Galati (3, 24). La legge nuova è una legge di
perfezione perché legge della carità, della quale
l’Apostolo dice che è «vincolo di perfezione» (Col.
3, 14).
Risposta al primo argomento: l'unità della fede dei
due Testamenti risulta provata dall'unità del fine: è
stato infatti detto sopra [q. 62 a. 2] che oggetto delle
virtù teologali, tra le quali c'è la fede, è il fine
ultimo. Tuttavia la fede ebbe stati diversi nell'antica e
nella nuova legge: quanto allora si credeva come cosa
futura, oggi noi crediamo come cosa avvenuta.
Risposta al secondo argomento: tutte le differenze
che vengono individuate tra la legge nuova e quella
antica, sono concepite in base ai rapporti tra ciò che è
perfetto e ciò che è imperfetto. I precetti di qualsiasi
legge sono dati infatti circa gli atti di virtù. Ora, a
compiere le opere delle virtù in maniera diversa sono
spinti gli uomini imperfetti, i quali non hanno ancora
l'abito della virtù, e quelli che sono perfetti perché
possiedono tale abito. Quelli infatti che non hanno ancora
l'abito della virtù, vengono spinti ad agire in modo
virtuoso da qualche altra causa estrinseca: ad esempio,
dalla minaccia del castigo, dalla promessa di un premio,
dagli onori o dalle ricchezze o da altre cose del genere.
Ecco perché la legge antica, che veniva data a uomini
imperfetti, cioè che non hanno ancora ottenuto la grazia
spirituale, veniva detta «legge del timore», nella misura
in cui induceva all'osservanza dei precetti attraverso la
minaccia di determinate pene. E si dice che essa
contenesse promesse di beni temporali. – Gli uomini che
invece hanno la virtù, sono spinti a realizzare le opere
della virtù per amore di quest'ultima, non a causa di una
qualche pena o ricompensa estrinseca. Ecco perché la legge
nuova, la cui essenza consiste nella stessa grazia
spirituale infusa nei cuori, è detta «legge dell'amore». E
si dice che essa contenga promesse di beni spirituali ed
eterni, che sono l'oggetto della virtù, e specialmente
della carità. Perciò, le persone virtuose sono in se
stesse inclini alle virtù, non come verso cose estranee,
ma verso il proprio oggetto. – E per questo stesso motivo
si dice che la legge antica «tratteneva la mano e
l'animo», dal momento che coloro i quali, per timore della
pena, si astengono da qualche peccato, non hanno una
volontà che si allontana dal peccato assolutamente, al
pari della volontà di colui che si allontana da esso per
amore dell'onestà. Per questo si dice che la legge nuova,
che è legge dell'amore, «trattiene l'animo».
Tuttavia, nello stato dell'antico Testamento, vi furono
alcuni che ebbero la carità e la grazia dello Spirito
Santo, le quali principalmente riguardavano promesse
spirituali ed eterne. E in tale prospettiva appartenevano
alla legge nuova. – Analogamente anche nel nuovo
Testamento vi sono alcuni uomini ancora legati alla carne,
che non hanno raggiunto la perfezione della legge nuova e
che, quindi, devono essere indotti alle azioni della virtù
attraverso il timore delle pene o attraverso promesse di
beni temporali.
La legge antica, però, anche se dava i precetti della
carità, non era in grado di offrire la grazia dello
Spirito Santo, attraverso la quale, come si legge nella
Lettera ai Romani (5, 5), «la carità è stata riversata
nei nostri cuori».
Risposta al terzo argomento: come è stato detto
sopra [q. 106, a. 2], la legge nuova è detta «legge di
fede», poiché la sua essenza consiste nella stessa grazia
che viene data interiormente ai credenti e che, di
conseguenza, viene chiamata «grazia della fede». Possiede
invece come elemento secondario le azioni sia morali sia
sacramentali: esse non costituiscono l'aspetto principale
della legge nuova, come invece lo erano della legge
antica. Quelli però che nell'antico Testamento furono
graditi a Dio attraverso la fede, sotto quest’aspetto
appartengono al nuovo Testamento; infatti essi venivano
giustificati attraverso la fede in Cristo, che è l'autore
del nuovo Testamento. Di conseguenza anche a proposito di
Mosé, l’apostolo dice che «stimava l'obbrobrio di Cristo
ricchezza maggiore dei tesori d'Egitto» (Eb.11,
26). |