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SAN TOMMASO D'AQUINO

 

SULLA LEGGE

 

SOMMA TEOLOGICA

PRIMA SECUNDAE (I-II)

(Trad. Giuseppina D'Addelfio)

QUAESTIO 107

Sul confronto tra la legge nuova e la legge antica

ARTICOLO 1

 

La legge nuova è altra dalla legge antica?

 

 

Circa il primo punto procediamo così. Sembra che la legge nuova non sia altra rispetto alla legge antica. Entrambe le leggi infatti sono state date a coloro che hanno fede in Dio, perché «senza fede è impossibile esser graditi a Dio», come si legge nella Lettera agli Ebrei (11, 6). Ma la Glossa (Mt., 21, 9) afferma che questa è la fede degli antichi e dei nuovi tempi. Dunque anche la legge è la stessa.

 

2. Inoltre, Agostino dice che «tra Legge e Vangelo è breve la differenza: è quella che c’è tra timore e amore» (Contra Adamantum Manich. Discipl. 17). Ma in riferimento a queste due cose, la legge nuova e la legge antica non possono essere distinte, dal momento che anche nella legge antica troviamo i precetti della carità: «Ama il prossimo tuo» (Lev. 19, 18); «Ama il Signore Dio tuo». E, in maniera simile, la legge antica e la legge non possono essere diversificate, in base all’altra differenza che Agostino stabilisce, secondo cui «l’antico Testamento contiene promesse temporali, il nuovo contiene promesse spirituali ed eterne» (Contra Faustum 4, 2). Anche il nuovo Testamento promette qualcosa di temporale, secondo quello che dice il Vangelo di Marco (10, 30): «Riceverà cento volte tanto in questo tempo, in case e fratelli, ecc...». D'altra parte nell'antico Testamento si aveva la speranza di cose spirituali ed eterne, secondo quello che si legge nella Lettera agli Ebrei (11, 16): «Ora aspirano anche ad una patria migliore, cioè celeste»; e ciò viene detto degli antichi Patriarchi. Dunque sembra che la legge nuova non sia diversa dalla legge antica.

 

3. Inoltre, l’Apostolo sembra distinguere le due leggi chiamando l'antica «legge delle opere», la nuova «legge della fede» [Rom. 3, 27]. Ma la legge antica era anche legge della fede, secondo quello che si legge nella Lettera agli Ebrei (11, 39): «Tutti costoro ricevettero testimonianza per la loro fede», cosa che viene detta dei Patriarchi dell'antico Testamento. In maniera simile anche la legge nuova è legge delle opere; dice infatti il Vangelo di Matteo (5, 44): «Fate del bene a quelli che vi odiano», e nel Vangelo di Luca (22, 19): «Fate questo in memoria di me». Dunque la legge nuova non è diversa dalla legge antica.

 

Ma di contro vi è ciò che l’Apostolo dice nella Lettera agli Ebrei (7, 12): «Cambiato il sacerdozio, è necessario che avvenga anche un cambiamento nella legge». Ma il sacerdozio è diverso nel nuovo e nell'antico Testamento come in questo passo l’Apostolo stesso indica. Dunque anche la legge è diversa.

 

Rispondo dicendo che, come è stato detto sopra [q. 90, a. 2; q. 91, a. 4], ogni legge ordina lo stare insieme degli uomini in vista di un qualche fine. Ora, le cose che sono ordinate ad un fine, possono essere distinte in due modi in rapporto al loro fine. In un modo, in quanto sono ordinate a fini diversi: in tal caso, si ha una differenza specifica, soprattutto qualora si tratti di un fine immediato. In un altro modo, in base alla vicinanza o lontananza dal fine. Così è chiaro che i movimenti differiscono specificamente tra loro in quanto sono ordinati verso termini differenti; invece, in base al fatto che una fase del moto è più vicina al termine di un'altra, si determina una differenza nel movimento stesso, come ciò che è imperfetto differisce da ciò che è perfetto.

Così dunque le due leggi possono essere distinte in due modi. In un modo, come del tutto diverse, perché ordinate ai fini diversi: come, ad esempio, la legge di uno stato che ha come fine il governo del popolo, differisce per specie da quella di uno stato che ha come fine il governo degli aristocratici. – In un altro modo, le due leggi possono essere distinte in base al fatto che una è ordinata al fine in modo da esservi più vicina, l'altra è invece più lontana; ad esempio, in un medesimo stato, la legge imposta alle persone mature, che sono già capaci di eseguire quanto è richiesto dal bene comune, è diversa dalla legge per l'educazione dei fanciulli, che devono essere istruiti sul modo in cui eseguire azioni da uomini maturi.

Si deve dunque affermare che, nella prima prospettiva, la legge nuova non è diversa dalla legge antica, dal momento che di entrambe uno solo è il fine, cioè che gli uomini si sottomettano a Dio; d'altra parte uno solo è il Dio del nuovo e dell'antico Testamento, secondo quello che si legge nella Lettera ai Romani (3, 30): «Un solo Dio giustifica per la fede i circoncisi e per mezzo della fede anche i non circoncisi». – Nell'altra prospettiva, la legge nuova e diversa da quella antica, dal momento che la legge antica è quasi come un pedagogo per i fanciulli, come l’Apostolo dice nella Lettera ai Galati (3, 24). La legge nuova è una legge di perfezione perché legge della carità, della quale l’Apostolo dice che è «vincolo di perfezione» (Col. 3, 14).

 

Risposta al primo argomento: l'unità della fede dei due Testamenti risulta provata dall'unità del fine: è stato infatti detto sopra [q. 62 a. 2] che oggetto delle virtù teologali, tra le quali c'è la fede, è il fine ultimo. Tuttavia la fede ebbe stati diversi nell'antica e nella nuova legge: quanto allora si credeva come cosa futura, oggi noi crediamo come cosa avvenuta.

 

Risposta al secondo argomento: tutte le differenze che vengono individuate tra la legge nuova e quella antica, sono concepite in base ai rapporti tra ciò che è perfetto e ciò che è imperfetto. I precetti di qualsiasi legge sono dati infatti circa gli atti di virtù. Ora, a compiere le opere delle virtù in maniera diversa sono spinti gli uomini imperfetti, i quali non hanno ancora l'abito della virtù, e quelli che sono perfetti perché possiedono tale abito. Quelli infatti che non hanno ancora l'abito della virtù, vengono spinti ad agire in modo virtuoso da qualche altra causa estrinseca: ad esempio, dalla minaccia del castigo, dalla promessa di un premio, dagli onori o dalle ricchezze o da altre cose del genere. Ecco perché la legge antica, che veniva data a uomini imperfetti, cioè che non hanno ancora ottenuto la grazia spirituale, veniva detta «legge del timore», nella misura in cui induceva all'osservanza dei precetti attraverso la minaccia di determinate pene. E si dice che essa contenesse promesse di beni temporali. – Gli uomini che invece hanno la virtù, sono spinti a realizzare le opere della virtù per amore di quest'ultima, non a causa di una qualche pena o ricompensa estrinseca. Ecco perché la legge nuova, la cui essenza consiste nella stessa grazia spirituale infusa nei cuori, è detta «legge dell'amore». E si dice che essa contenga promesse di beni spirituali ed eterni, che sono l'oggetto della virtù, e specialmente della carità. Perciò, le persone virtuose sono in se stesse inclini alle virtù, non come verso cose estranee, ma verso il proprio oggetto. – E per questo stesso motivo si dice che la legge antica «tratteneva la mano e l'animo», dal momento che coloro i quali, per timore della pena, si astengono da qualche peccato, non hanno una volontà che si allontana dal peccato assolutamente, al pari della volontà di colui che si allontana da esso per amore dell'onestà. Per questo si dice che la legge nuova, che è legge dell'amore, «trattiene l'animo».

Tuttavia, nello stato dell'antico Testamento, vi furono alcuni che ebbero la carità e la grazia dello Spirito Santo, le quali principalmente riguardavano promesse spirituali ed eterne. E in tale prospettiva appartenevano alla legge nuova.  – Analogamente anche nel nuovo Testamento vi sono alcuni uomini ancora legati alla carne, che non hanno raggiunto la perfezione della legge nuova e che, quindi, devono essere indotti alle azioni della virtù attraverso il timore delle pene o attraverso promesse di beni temporali.

La legge antica, però, anche se dava i precetti della carità, non era in grado di offrire la grazia dello Spirito Santo, attraverso la quale, come si legge nella Lettera ai Romani (5, 5), «la carità è stata riversata nei nostri cuori».

 

Risposta al terzo argomento: come è stato detto sopra [q. 106, a. 2], la legge nuova è detta «legge di fede», poiché la sua essenza consiste nella stessa grazia che viene data interiormente ai credenti e che, di conseguenza, viene chiamata «grazia della fede». Possiede invece come elemento secondario le azioni sia morali sia sacramentali: esse non costituiscono l'aspetto principale della legge nuova, come invece lo erano della legge antica. Quelli però che nell'antico Testamento furono graditi a Dio attraverso la fede, sotto quest’aspetto appartengono al nuovo Testamento; infatti essi venivano giustificati attraverso la fede in Cristo, che è l'autore del nuovo Testamento. Di conseguenza anche a proposito di Mosé, l’apostolo dice che «stimava l'obbrobrio di Cristo ricchezza maggiore dei tesori d'Egitto» (Eb.11, 26).

 

 
     

SULLA LEGGE

SULLA LEGGE IN GENERALE

I-II, q. 90, Sull’essenza della legge

I-II, q. 91, Le diverse leggi

I-II, q. 92, Sugli effetti della legge

SULLE PARTI DELLA LEGGE

Legge eterna

I-II, q. 93, Sulla legge eterna

Legge naturale

I-II, q. 94, Sulla legge naturale

Legge umana

I-II, q. 95, Sulla legge umana in se stessa

I-II, q. 96, Sul potere della legge umana

I-II, q. 97, Sul cambiamento delle leggi

Legge antica

I-II, q. 98, Sulla legge antica

I-II, q. 99, Sulla distinzione dei precetti della legge antica

I-II, q. 100, Sui precetti morali

I-II, q. 101, Sui precetti cerimoniali in se stessi

I-II, q. 102, Sulle cause dei precetti cerimoniali

I-II, q. 103, Sulla durata dei precetti cerimoniali

I-II, q. 104, Sui precetti giudiziali

I-II, q. 105, Sulla natura dei precetti giudiziali

Legge nuova

I-II, q. 106, Sulla legge nuova (che è la legge del Vangelo) in se stessa

I-II, q. 107, Sul confronto tra la legge nuova e la legge antica

I-II, q. 108, Sulle cose che sono contenute nella legge nuova