La legge nuova deve prescrivere o proibire certi atti
esterni?
Circa il primo punto procediamo così. Sembra che la
legge nuova non debba prescrivere o proibire alcun atto
esterno. La legge nuova infatti è la legge del Vangelo del
regno, secondo quello che si legge nel Vangelo di
Matteo (24, 14): «Questo Vangelo del regno sarà
predicato in tutto il mondo». Mai il regno di Dio non
consiste in atti esterni, ma solo in atti interiori,
secondo quello che si legge nel Vangelo di Luca
(17, 21): «Il regno di Dio è dentro di voi»; e anche nella
Lettera ai Romani (14, 17): «Il regno di Dio non è
cibo né bevanda, ma giustizia e pace e gioia nello Spirito
Santo». Dunque la legge nuova non deve prescrivere o
proibire alcun atto esterno.
2. Inoltre, la legge nuova è «legge dello Spirito»,
come si dice nella Lettera ai Romani (8, 2). Ma
«dove è lo Spirito del Signore, lì vi è libertà», come si
dice nella Seconda Lettera ai Corinzi (3, 17). Ora,
non c'è libertà quando l'uomo è obbligato a fare o ad
evitare certe opere esterne. Dunque la legge nuova non
contiene alcun precetto o proibizione di atti esterni.
3. Inoltre, tutti gli atti esterni si ritiene
riguardino la mano, come gli atti interni l'animo. Ma tra
la nuova e l'antica legge si riscontra questa differenza,
che «la legge antica trattiene la mano, mentre la legge
nuova trattiene l'animo». Dunque nella legge nuova non
devono essere poste proibizioni e precetti di atti
esterni, ma solo di atti interni.
Ma di contro vi è il fatto che la legge nuova rende
gli uomini figli della luce»; dice infatti il Vangelo
di Giovanni (12, 36): «Credete nella luce, per essere
figli della luce». Ma ai figli della luce si addice
soprattutto compiere le opere della luce e fuggire le
opere delle tenebre, secondo quello che si legge nella
Lettera agli Efesini (5, 18): «Una volta eravate nelle
tenebre, ma ora siete luce in Dio. Camminate come figli
della luce». Dunque la legge nuova doveva proibire certe
opere e comandarne certe altre.
Rispondo dicendo che, come è stato detto sopra [q.
106, aa. 1 e 2], l'elemento principale della legge nuova è
la grazia dello Spirito Santo, che si manifesta mediante
la fede operante attraverso la carità. Ora, gli uomini
ottengono questa grazia dal Figlio di Dio fatto uomo, la
cui umanità questa grazia dovette per prima cosa riempire,
per poi riversarsi su di noi. Di conseguenza si dice nel
Vangelo di Giovanni (1,14): «il Verbo si è fatto
carne»; e subito dopo si aggiunge: «pieno di grazia e di
verità»; e più sotto (16): «dalla sua pienezza abbiamo
ricevuto e grazia su grazia»; infine conclude (17): «La
grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo». Ecco
perché è giusto che la grazia dal Verbo Incarnato giunga a
noi attraverso certe cose esterne sensibili e che, da
questa grazia interiore, attraverso la quale la carne è
sottomessa allo spirito, vengano prodotte certe opere
esteriori sensibili.
Così dunque le opere esteriori possono riguardare la
grazia in un duplice modo. In un modo, come atti che
concorrono a indurre la grazia. Tali sono le azioni
sacramentali che sono istituite nella legge nuova: il
battesimo, l'eucaristia, ecc...
In altro modo invece le opere esteriori appartengono alla
grazia, in quanto prodotti sotto la mozione della grazia.
E in questi atti si deve notare una distinzione. Alcuni
hanno una necessaria affinità o contrarietà con la grazia
interiore, che consiste nella fede operante attraverso la
carità. Tali atti esteriori sono comandati o proibiti
nella legge nuova: così viene comandato di professare la
fede e proibito di negarla; si dice infatti nel Vangelo
di Matteo (10, 32 e ss.): «Chiunque mi
riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò
davanti al Padre mio. Chi invece mi rinnegherà davanti
agli uomini, anch'io lo rinnegherò davanti al Padre mio».
– Altri atti invece non hanno una necessaria contrarietà o
convenienza con la fede operante attraverso la carità.
Tali opere non sono comandate o proibite nella legge nuova
in forza della sua prima istituzione, ma dal suo
legislatore, cioè da Cristo, sono lasciati a ciascuno,
secondo le proprie occupazioni. Così ciascuno è libero in
codesti atti di determinare quello che gli sembra di dover
fare, o evitare; e a ciascun superiore è dato in proposito
di ordinare ai propri sudditi quelle cose che devono fare
o evitare. Perciò anche per questo la legge del Vangelo è
chiamata «legge di libertà»: infatti la legge antica
determinava molte cose e poche ne lasciava alla libertà
dell'uomo.
Risposta al primo argomento: il regno di Dio
consiste principalmente degli atti interiori, ma per
conseguenza vi appartengono anche tutte quelle cose che
senza gli atti interiori non possono prodursi. Così se il
regno di Dio è giustizia interiore e pace e gioia
spirituale, è necessario che tutti gli atti esterni che
sono contrari alla giustizia o alla pace o alla gioia
spirituale, siano contrari al regno di Dio. Perciò devono
essere proibiti nel Vangelo del regno. Invece tutte quelle
cose che sono indifferenti rispetto questi atti interiori,
ad esempio mangiare questi o quegli altri cibi, non
appartengono al regno di Dio; di conseguenza, l’Apostolo
afferma: «Il regno di Dio non è cibo né bevanda».
Risposta al secondo argomento: secondo Aristotele,
«libero è colui che è causa di sé» (Metaph. 1, 2).
Pertanto, agisce liberamente chi agisce da se stesso.
Quando un uomo agisce per un abito appropriato alla sua
natura umana, agisce da se stesso, poiché l'abito inclina
secondo natura. Se invece l'abito fosse contrario alla
natura, l'uomo non agirebbe secondo quello che egli è, ma
secondo una corruzione a lui accidentale. Poiché inoltre
la grazia dello Spirito Santo è come un abito interiore
infuso in noi che ci inclina a operare rettamente, essa ci
fa agire liberamente, compiendo quelle cose che sono ad
essa appropriate alla grazia e facendoci evitare quelle
cose che ad essa si oppongono.
Così dunque la legge nuova è chiamata legge di libertà in
maniera duplice. Primo, perché non ci obbliga a fare o ad
evitare azioni, se non quelle per se stesse necessarie
oppure contrarie alla salvezza, le quali sono comandate o
proibite dalla legge. Secondo, perché ci fa osservare
liberamente tali precetti e proibizioni, nella misura in
cui le realizziamo per una spinta interiore della grazia.
Per queste due cose, la legge nuova è chiamata «legge
della libertà perfetta» (Gc. 1, 25).
Risposta al terzo argomento: era necessario che la
legge nuova, trattenendo l'anima dai moti disordinati,
anche trattenesse la mano dagli atti disordinati, che sono
l'effetto di quei moti interiori. |