Il
problema dell’aborto. Tra libertà di scelta e diritto
alla vita
di Chiara Lalli*
L’ostacolo principale alla moralità e alla legalità
dell’aborto è rappresentato dalla personalità giuridica e
morale dell’embrione e/o del feto.
Prima di entrare nel cuore della discussione è bene
chiarire, almeno brevemente, i termini della questione:
moralità; legalità; embrione; diritto alla vita; concetto
di persona.
La morale ha a che fare con le questioni di valore: quando
domando se X è morale o immorale quali strumenti ho per
rispondere? Non gli strumenti scientifici o “tecnici”
(come potrei fare se domandassi se X si trova sopra a quel
tavolo: in questo caso posso andare a vedere e la
proposizione sarà vero o falsa – lasciando da parte in
questa sede i problemi riguardo all’esistenza della verità
e alla definizione della scienza). Posso avvalermi degli
strumenti argomentativi: una posizione morale sarà solida
e ben argomentata (o fallace e malamente argomentata), ma
non potrà mai essere vera in senso stretto. La morale ha
una qualche legame con la legalità: morale e legale però
non possono essere coincidenti (se X è immorale, X deve
anche essere automaticamente illegale?). Il rifiuto di
tale coincidenza implica il rifiuto del cosiddetto
moralismo legale (X è vietato perché è immorale). Sono
molti gli esempi che si potrebbero fare a sostegno della
opportunità di non dichiarare fuori legge ciò che
giudichiamo immorale – almeno in uno Stato che voglia
definirsi liberale e laico, ovvero garante di valori
diversi.
Non fare beneficenza o non essere educati possono essere
considerate azioni immorali: ma saremmo disposti a imporre
per legge di fare la beneficenza e di essere educati? O
ancora: esistono alcuni che ritengono immorale (contro la
propria morale) sposare persone appartenenti a razze
diverse. Sebbene discutibile, finché è una posizione
morale dovremmo essere disposti a lasciare che ognuno la
pensi come preferisce. Osceno invece trasformare una tale
credenza in una legge (come tristemente è accaduto).
Quali sono allora le condizioni necessarie per
giustificare la coercizione legale? Il criterio del danno
a terzi: uccidere, aggredire, torturare. Il danno a terzi
costituisce la violazione di un diritto (alla vita,
all’integrità) e la frustrazione di un interesse
(di non essere uccisi, aggrediti, torturati).
Il criterio del danno a terzi rifiuta anche il
paternalismo legale: X è vietato per il tuo bene. Ognuno
dovrebbe essere libero di decidere sul proprio corpo e
sulla propria esistenza, ammesso che non vi sia anche un
danno a terzi. Un esempio classico di paternalismo legale
è rappresentato dal proibizionismo (si pensi al divieto di
consumare alcol in nome della salute dei potenziali
consumatori).
In base a questa premessa per vietare l’aborto (in Italia
permesso dalla legge 194/1978) non basta dimostrarne
l’immoralità. Dobbiamo dimostrare la presenza di un danno
per l’embrione e/o il feto.
La domanda diventa: abortire costituisce la violazione del
diritto alla vita dell’embrione e/o del feto?
1. L’embrione possiede il diritto alla vita?
Il termine ‘embrione’ può essere impiegato con il
significato generico di organismo pluricellulare in
sviluppo (sia di specie umana che di altre). Pertanto sul
piano lessicale, ma non scientifico, anche lo zigote
(ovvero la fase iniziale in cui si uniscono i due gameti
sessuali) è un embrione. Lo sviluppo embrionale
attraversa le fasi di zigote, morula (dopo una settimana
circa), blastocisti (impianto nell’utero). A partire dal
quattordicesimo giorno dal concepimento si parla di
embrione (prima si parla di pre-embrione: termine proposto
dalla Commissione Warnock nel 1984 e riguardante gli
embrioni prodotti in laboratorio).
Fino alla fine della ottava settimana si parla di
embrione. Con l’inizio della nona settimana si parla di
feto (in corrispondenza della undicesima di gravidanza).
Il diritto alla vita viene attribuito elettivamente alle
persone. In virtù delle proprietà che rendono un organismo
una persona (il dibattito su alcuni animali, a ben
guardare, riguarda proprio la possibilità di riscontrare i
requisiti necessari e sufficienti per rilevare la presenza
di una persona.
The Great Ape Project muove proprio da queste premesse:
“The idea is founded upon undeniable scientific proof that
non-human great apes share more than genetically similar
DNA with their human counterparts. They enjoy a rich
emotional and cultural existence in which they experience
emotions such as fear, anxiety and happiness. They share
the intellectual capacity to create and use tools, learn
and teach other languages. They remember their past and
plan for their future. It is in recognition of these and
other morally significant qualities that the Great Ape
Project was founded”).
La premessa fondamentale per cui è permesso prelevare gli
organi da chi è in morte cerebrale (ovvero quando il
sistema nervoso centrale è irrimediabilmente distrutto)
sta nella possibilità di distinguere l’essere umano (come
appartenente alla specie homo sapiens) dalla persona. Chi
è morto cerebralmente è senza dubbio ancora un essere
umano ma non è più una persona. Ad interessarci è la
possibilità di affermare che un embrione non sia ancora
una persona.
Accennare alla morte cerebrale offre l’occasione per far
emergere la connessione tra l’attività mentale e la
personalità. E, appunto, la distinzione tra persona ed
essere umano (homo sapiens).
Il concetto di persona è un concetto morale. Ha a che fare
con il mondo dei valori e non con il mondo della scienza.
Nessuno strumento, per quanto potente, potrà rivelarci
quando un organismo sia anche una persona o quando non lo
sia più. Il significato di “persona” è sempre una scelta
di ordine morale (stabilita la premessa che per rilevare
la presenza di una persona è necessario rilevare X, lo
strumento può aiutarci a capire se quella premessa è
presente oppure no). Un ulteriore problema consiste nel
fatto che i processi biologici sono continui e non
presentano salti significativi dal punto di vista morale.
(Al fine di illustrare la durezza, la convenzionalità e le
inevitabili sbavature nel segnare un momento preciso di
passaggio basti pensare a quanto stabilisce il Codice
Civile, all’articolo 1, circa la capacità giuridica: la
capacità giuridica si acquista dal momento della nascita,
e i diritti che la legge riconosce a favore del concepito
sono subordinati all’evento della nascita. L’evento
“nascita” non rappresenta un evento miracoloso dal punto
di vista del feto: un giorno prima della nascita il feto è
molto simile a come sarà alla nascita o un giorno dopo la
nascita: ma il diritto ha bisogno di definizioni certe. Si
veda oltre il cosiddetto problema della soglia).
La tradizione filosofica rileva come condizione necessaria
una seppur minima capacità mentale (coscienza e
autocoscienza) e la capacità mentale richiede la presenza
del sistema nervoso, anche se con suo minimo grado di
sviluppo: se accettiamo questa premessa durante le prime
fasi dello sviluppo embrionale non possiamo attribuire
personalità all’embrione. Sul fatto che lo zigote e
l’embrione non posseggono uno sviluppo del sistema nervoso
(fino al 14° giorno non vi sono nemmeno cellule neuronali)
tale da consentire attività mentale c’è abbastanza
accordo. Non è in virtù del possedere oggi un’attività
mentale, infatti, che si basa la condanna
dell’interruzione di gravidanza. Prima di affrontare due
tra gli argomenti più usati per giudicare immorale
l’aborto, vediamo cosa dice la legge italiana.
La legge 194/1978 consente l’interruzione volontaria di
gravidanza entro i primi 90 giorni (articolo 4).
Successivamente è permessa in caso di grave pericolo per
la vita della donna oppure di grave pericolo per la salute
psichica o fisica della donna (nel caso si riscontrino
gravi patologie del nascituro).
E veniamo ai due argomenti (potenzialità e soglia), non
prima di un breve chiarimento strumentale. Userò
l’analogia al fine di mettere in evidenza un aspetto
paragonabile in due situazioni differenti. Un po’ come fa
la similitudine: “I tuoi occhi sono luminosi come stelle”.
Non si vuole intendere, ovviamente, che i tuoi occhi siano
stelle. Ma ci si sofferma sul carattere luminosità e si
indagano le somiglianze e le differenze tra le stelle e i
tuoi occhi – in questo caso proprio la somiglianza dei
tuoi occhi alle stelle (se in questo esempio sembra
superfluo esplicitarlo, in molte occasioni mi è capitato
di ascoltare obiezioni che avevano la forma: “ma i miei
occhi non sono stelle!”).
I due argomenti contro la moralità dell’aborto mirano a
dimostrare che l’embrione sia una persona e quindi
detentore di un diritto alla vita che sarebbe ingiusto
recidere ricorrendo alla interruzione di gravidanza.
Perché l’essere in vita, unico e irripetibile non
basterebbe a condannare l’aborto. Così come non basterebbe
l’appartenenza alla specie umana. Non sono requisiti
sufficienti per essere una persona: anche un gamete è
vivo, unico e appartiene alla specie umana, ma nessuno
vorrebbe attribuirgli dei diritti, né il carattere di
persona. Nelle fasi iniziali non si può nemmeno invocare
la presenza di un individuo: fino al quattordicesimo
giorno circa è possibile la divisione gemellare. Come si
spiegherebbe la trasformazione da un individuo a due (o
più) individui?
2. L’argomento della potenzialità
Secondo questo argomento l’embrione è potenzialmente una
persona, quindi l’embrione è una persona. Una persona
possiede il diritto alla vita, quindi anche l’embrione
(che sarebbe persona in potenza) possiede il diritto alla
vita.
L’argomento della potenzialità inferisce l’esistenza di
diritti attuali da future proprietà.
La possibilità o la certezza che in futuro un organismo
acquisisca determinate caratteristiche che non possiede
allo stato attuale non ci giustifica però a trattarlo come
se le avesse già acquisite.
Come ci invita a riflettere John Harris, ognuno di noi è
potenzialmente morto: possiamo forse attribuirci oggi lo
statuto di morti (condizione sicuramente vera domani)?
Il fatto che far derivare diritti attuali da future
proprietà sia una mossa accettata esclusivamente nel
dibattito che riguarda lo statuto embrionale sembra
suggerire una certa disonestà di questa argomentazione.
Basta l’esempio suddetto, infatti, a indicare qualche
crepa argomentativa. Ma se ne potrebbero fare molti
altri.
Un bambino di 8 anni possiede potenzialmente il diritto di
voto che acquisirà a 18 anni. Accetteremmo di farlo votare
oggi in base al fatto che tra 10 anni acquisirà quel
diritto (diritto che acquisirà in seguito all’acquisizione
di alcuni requisiti che sono presenti a 18 anni e non a 10
anni)?
3. L’argomento della soglia
Secondo l’argomento della soglia l’embrione è una persona
perché non è possibile indicare un punto preciso in cui
l’embrione (inteso come pre-persona) diventa persona.
La continuità dello sviluppo embrionale disattiverebbe la
possibilità di individuare delle differenze tra il prima e
il dopo.
Anche in questo caso la validità argomentativa sembra
applicarsi soltanto per l’embrione. Proviamo ad applicare
il medesimo ragionamento alla distinzione tra giovinezza
ed età adulta. È impossibile additare il momento esatto in
cui un ragazzo diventa adulto (si pensi alla
convenzionalità e alla arbitrarietà del compimento del
diciottesimo anno di età. E si pensi anche alla sua
imprecisione: un ragazzo che abbia 18 anni meno 1 giorno
non è diverso da quello che diventerà qualche ora più
tardi).
Tuttavia non siamo disposti a rinunciare alla differenza
concettuale tra la giovinezza e l’età adulta. Potrebbe
essere saggio indicare una zona piuttosto che un punto
esatto, ovvero a confessare una fase di incertezza. Ma è
indubbio che esista una differenza tra la giovinezza e
l’età adulta.
Un altro possibile esempio è costituito dall’alternarsi
del giorno e della notte. Allo stesso modo è impossibile
indicare il momento esatto in cui dalla notte si passa al
giorno (e viceversa). Ma allo stesso modo non rinunciamo
alla differenza tra il giorno e la notte perché non esiste
un interruttore come nel caso della luce elettrica, ma un
lento e graduale passaggio da una condizione ad un’altra.
4. Il violinista
Esiste poi un argomento concessivo molto celebre (proposto
nel 1971 da Judith Jarvis Thomson, A Defense of Abortion,
“Philosophy & Public Affaire”, Vol. 1, no. 1). Pur
ammettendo la personalità dell’embrione Thomson intende
affermare la legittimità dell’interruzione di gravidanza.
È l’argomento del violinista: come si risolve il conflitto
tra i diritti di due persone (madre ed embrione)? E quali
sono i diritti che si scontrano?
Il conflitto può avvenire tra il diritto alla vita
dell’embrione e il diritto di scelta della madre:
sembrerebbe ammissibile che il primo sia più forte del
secondo. Se infatti il diritto di scegliere del proprio
corpo e della propria esistenza è un diritto importante,
il diritto alla vita appare verosimilmente più forte. Ma
tale presunzione si rivela fallace. E l’esempio del
violinista intende dimostrarlo.
Thomson ci invita ad immaginare il seguente scenario: una
mattina ci svegliamo in un ospedale e ci ritroviamo
collegati al sistema circolatorio di un famoso violinista
malato perché i nostri reni servono a depurare il suo
sangue. Scollegarsi significa ucciderlo. La sua
insufficienza renale sarà guarita in nove mesi. Il
violinista è una persona e gode del diritto alla vita. Noi
abbiamo il diritto di scegliere di andarcene, ma la nostra
scelta ucciderebbe il violinista. “Aspettate solo nove
mesi e poi potrete scollegarvi”, ci sentiamo ripetere. Il
diritto alla vita del violinista è davvero più forte del
nostro diritto di scelta?
Se allo scenario suddetto si aggiunge un pericolo per la
nostra salute o per la nostra stessa vita come effetto del
collegamento ai reni del violinista (e quindi il conflitto
diventa tra il diritto della madre alla vita e il diritto
dell’embrione alla vita), è ancora più difficile
giustificare il dovere morale di rimanere collegati al
violinista.
Questo conflitto mette in luce la fallacia della pretesa
di inferire la condanna dell’aborto dalla personalità
dell’embrione e la complessità del diritto alla vita.
A volte il diritto alla vita di X implica l’uso di
qualcosa su cui però X non può rivendicare un diritto
(nell’esempio sono i nostri reni per il violinista: ha il
diritto di farne uso?). Potrebbe essere una nostra scelta,
ma mai un nostro dovere.
L’esempio di Thomson su Henry Fonda illustra il carattere
di pretesa nel rivendicare qualcosa a qualcuno in nome del
nostro diritto alla vita: “Se giaccio mortalmente malata –
sostiene Thomson – e la sola cosa che può salvarmi è il
tocco della fredda mano di Henry Fonda sulla mia fronte
febbricitante, nondimeno non ho il diritto di ricevere il
tocco della fredda mano di Henry Fonda sulla mia fronte
febbricitante. Sarebbe estremamente gentile da parte sua
volare dalla West Coast per questo”.
Per concludere questa breve trattazione vorrei accennare
ad alcune conseguenze dell’attribuzione di diritti
all’embrione. Innanzitutto con il rischio di
criminalizzare la gravidanza. Ogni azione potrebbe essere
potenzialmente dannosa per l’embrione: continuare a
lavorare, guidare, avere una discussione animata, avere
rapporti sessuali. Dallo stile di vita all’alimentazione
(compresa la possibilità e la qualità delle cure
prenatali) ogni scelta compiuta durante la gravidanza
potrebbe essere “a rischio” (di reato). Regolare questo
rischio tramite una legge potrebbe diventare una forma
intollerabile di abuso (oltre ad essere difficile stilare
un elenco di comportamenti vietati con le relative pene).
Lo scenario sembra troppo ipotetico, ma in realtà esistono
già leggi ispirate alla criminalizzazione della gravidanza
e gli effetti sono drammatici. Nel 2001 negli Stati Uniti
una legge federale equipara l’embrione alle persone. La
Unborn Victims of Violence Act
parla, dal concepimento in poi, di unborn child (ove
l’accento è sul sostantivo e l’aggettivo unborn non
intacca nulla dello statuto di bambino a partire
dall’unione dei due gameti, quindi di persona).
Lo scopo nobile (proteggere il nascituro nel caso di
aggressioni contro una donna incinta) implica conseguenze
gravi. Solo per fare un esempio: nel 2001 in South
Carolina Regina McNight è condannata a 12 anni di carcere
per omicidio.
Aveva partorito un bambino morto. McNight aveva fumato
crack durante la gravidanza, ma nessun medico era stato in
grado di dimostrare che fosse la causa della morte del
neonato (spesso è molto difficile stabilire la causa dei
decessi fetali). Il South Carolina è uno degli Stati che
stanzia meno fondi per i programmi di disintossicazione e
la prevenzione delle tossicodipendenze, ma spenderà circa
300.000 dollari per la lunga detenzione di Regina McKnight.
Il South Carolina, e così anche molti altri Stati e molti
difensori nostrani della sacralità della vita, è poco
interessato alle cure pre e postatali, così come agli
aiuti all’infanzia e ai genitori in difficoltà. Sembra che
l’embrione sia sacro soltanto dal concepimento al parto.
Un’altra inevitabile conseguenza è rappresentata dagli
aborti clandestini (giusto una precisazione: l’esistenza,
o l’incremento, degli aborti clandestini non può
rappresentare un argomento a favore della liceità e della
legalità dell’aborto. Proprio come l’esistenza dei furti
non potrebbe essere un argomento a favore della
depenalizzazione dei furti: “dal momento che i furti
esistono, e il ladro potrebbe subire qualche sgradevole
conseguenze, allora aboliamo il reato di furto”. Il
discorso sugli aborti clandestini è parallelo, o
successivo, agli argomenti a favore della legalità
dell’interruzione di gravidanza). Ebbene, secondo le stime
della Fondazione International Planned Parenthood (2006)
19 milioni di donne e ragazze nel mondo avrebbero
rischiato in quell’anno un aborto non sicuro; più di
70.000 sono le donne che moriranno di tali aborti. Ogni
anno. Tutti gli anni.
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