Editoriale
Perché la Bioetica è importante
La nostra
rivista telematica sta per trasferirsi anche sulla carta
stampata. La decisione di assumerci questo nuovo onere è
scaturita soprattutto dal desiderio –unito alla speranza-
di poter raggiungere un maggior numero di lettori (in un
mondo informatizzato ci sono ancora molti che hanno poca
dimestichezza con lo strumento telematico) e per offrire a
chi già conosce “Questioni di Bioetica” un ulteriore aiuto
per renderne più facile e comoda la lettura.
La scelta operata comporta evidentemente anche un maggior
impegno economico e pertanto contiamo sulla collaborazione
di tutti per promuovere nuove adesioni alla nostra
iniziativa.
“Questioni di Bioetica” non costituisce ovviamente né la
prima né l’ultima delle produzioni editoriali nel campo
della Bioetica. E proprio il proliferare in tutto il mondo
di riviste e libri in questo settore del sapere è un
chiaro indice dell’interesse e dell’importanza che vengono
attribuiti a questa scienza. Proviamo allora a chiedercene
il perché.
La Bioetica, come suggerisce la stessa etimologia, si
occupa di tutte quelle questioni che attengono alla vita
(umana, animale, vegetale) studiandole dal punto di vista
dell’eticità del comportamento dell’uomo. E’ sufficiente
scorrere l’indice di un qualsiasi testo di Bioetica per
rendersi subito conto del rilievo che la gran parte dei
problemi affrontati rivestono per la società civile e per
il futuro dell’umanità. Basti citare –in modo certamente
non esaustivo e senza un ordine di importanza- tutte le
tematiche che si riferiscono alla sessualità umana e alla
procreazione, quelle relative alla tutela della vita umana
e al rispetto per gli animali e quelle che affrontano i
temi dell’ecologia e della salvaguardia dell’ambiente.
Si potrebbe erroneamente pensare che lo studio della
Bioetica e la riflessione su queste problematiche siano
compito di una ristretta cerchia di specialisti. Così non
è, per alcune ragioni che inducono a considerarla di
concreto interesse anche per l’uomo della strada.
L’agire umano si caratterizza per un aspetto essenziale e
unico costituito dalla possibilità di scegliere
liberamente tra più comportamenti possibili. L’uomo, cioè,
è dotato di una volontà libera e proprio per questo è
moralmente responsabile delle proprie azioni.
Esiste un
principio universalmente riconosciuto che è quello che
bisogna cercare sempre di fare il bene ed
evitare il male. Ciò che non viene altrettanto
facilmente e universalmente riconosciuta, però, è la
moralità delle diverse tipologie di azioni. In altre
parole, non sempre si è tutti d’accordo nel giudicare
moralmente buona o cattiva una stessa azione.
Un secondo principio universalmente accettato è quello per
cui ogni persona deve agire sempre secondo
coscienza, vale a dire deve cercare di compiere
quell’azione che in coscienza ritiene essere la più
giusta da un punto di vista morale. Da questo secondo
principio deriva l’importanza pratica di rendere questo
giudizio della coscienza quanto più conforme al valore
morale oggettivo di ogni singola azione. Tale
obiettivo può essere raggiunto attraverso una
riflessione etica alla quale concorrono soprattutto
l’educazione ricevuta (in famiglia, a scuola, nella
comunità religiosa) e lo studio personale.
Da queste semplici premesse si può dedurre l’interesse sia
teorico che pratico che rivestono gli argomenti oggetto
della Bioetica. Si tratta, infatti, di un insieme di
situazioni e di comportamenti pratici che –in un modo o
nell’altro- coinvolgono di fatto la totalità degli uomini
e che comportano difficili valutazioni etiche per la
complessità e la variabilità delle circostanze nelle quali
si realizzano. Non si può, quindi, né affidarsi
passivamente al giudizio e al criterio altrui (medici,
mezzi di comunicazione, ecc.), né formarsi un criterio
etico personale con un approccio superficiale e
istintivo. Tanto più che oggi viviamo in un contesto
multiculturale e fortemente pluralistico dove è importante
saper dialogare anche con chi non “la pensa come noi” e,
di conseguenza, è importante riuscire a motivare in modo
sereno e convincente le proprie scelte etiche.
La nostra rivista, in definitiva, vuole essere anche
questo: un piccolo, ma concreto aiuto per maturare nel
campo della Bioetica convincimenti etici solidi e
motivati, cercando soprattutto di rimuovere uno dei
principali ostacoli all’agire retto e virtuoso dell’uomo:
l’ignoranza.
Di questo nuovo numero di “Questioni di Bioetica”
segnaliamo quattro articoli.
I primi
due, uno di Massimo Reichlin, l’altro di Pietro Cognato,
riprendono, in parte, la discussione svoltasi durante il
Seminario “Quale fondazione della norma ‘non uccidere’?”
svoltosi a Palermo per il Ciclo di Incontri di Bioetica
organizzato dalla nostra rivista. Il terzo articolo, di
Giusy Venuti e dal titolo “Il problema dell’empatia nella
relazione di cura”, affronta il tema della relazione tra
medico e paziente, illustrando caratteristiche e limiti di
un rapporto basato sull’empatia definita come
“l’atto del comprendere, dell’essere consapevole dei
sentimenti, delle esperienze, dei pensieri dell’altro”. Un
quarto articolo, a firma di
Alessandro Pizzo e Giovanna Badia affronta un “caso
bioetico”, quello cioè relativo all’attribuzione degli
status personae e la deduzione dei corrispondenti
munera nella filiazione a seguito di surrogazione
di maternità.
Non ci resta che augurare a tutti i nostri Lettori una
proficua lettura.
Angelo
Cafaro |