Esiste in noi una legge
naturale?
Circa il secondo punto procediamo così. Sembra che
non vi sia in noi alcuna legge naturale. In maniera
sufficiente infatti l’uomo viene governato attraverso la
legge eterna: dice infatti Agostino nel primo libro del
De Libero Arbitrio (c.6): «La legge eterna è quella
che con giustizia fa in modo che tutte le cose siano
ordinate in massimo grado». Ma la natura non abbonda nel
superfluo così come non manca del necessario. Dunque non
vi è nell’uomo alcuna legge naturale.
2. Inoltre,
attraverso la legge l’uomo nei suoi atti è ordinato al
fine, come sopra è stato stabilito (q.90, a.2). Ma
l’ordinare gli atti umani al fine non avviene per natura,
così come accade nelle creature prive di ragione, che
agiscono in vista del fine solo sulla base dell’appetito
naturale, ma l’uomo agisce in vista del fine mediante la
ragione e la volontà. Dunque, non vi è nell’uomo alcuna
legge naturale.
3. Inoltre, quanto
più qualcuno è libero, tanto meno è soggetto alla legge.
Ma l’uomo è più libero di tutti gli animali, a causa del
libero arbitrio, che egli possiede diversamente dagli
altri animali. Non essendo perciò gli altri animali
soggetti alla legge naturale, nemmeno l’uomo è soggetto ad
alcuna legge naturale.
Ma di contro vi è
ciò che, a proposito di quel passo della Lettera ai
Romani in cui leggiamo «Quando i gentili, che non
hanno legge, naturalmente fanno quelle cose che sono della
legge…», dice la Glossa: «Sebbene non abbiano la
legge scritta hanno tuttavia la legge naturale, mediante
la quale chiunque comprende che cosa è bene e che cosa è
male e ne è consapevole».
Rispondo dicendo
che, come sopra è stato detto (q. 90, a. 1), la
legge, essendo regola e misura, in due modi può essere in
qualcuno: in un modo come in ciò che regola e misura; in
un altro modo come in ciò che è regolato e misurato,
poiché nella misura in cui qualcosa partecipa della regola
o della misura, così è regolata o misurata. Quindi, poiché
tutte le cose che sono soggette alla divina provvidenza
sono regolate e misurate dalla legge eterna, come emerge
dalle cose dette (art. 1), è manifesto che tutte le cose
partecipano più o meno della legge eterna, nella misura in
cui cioè dal suo influsso ricevono inclinazioni ai propri
atti e ai propri fini. Ora, tra tutti gli altri esseri, la
creatura ragionevole in maniera più eccellente è soggetta
alla divina provvidenza, nella misura in cui essa stessa è
partecipe della provvidenza, provvedendo a se stessa e
agli altri. Quindi, in essa stessa ha parte la ragione
eterna, attraverso la quale essa ha una naturale
inclinazione a ciò che si deve fare e al fine. E tale
partecipazione della legge eterna nella creatura razionale
è detta legge naturale. Quindi, quando il salmista (Salmo
4, 6) aveva detto: «Offrite sacrificio di
giustizia», quasi riferendosi a coloro che domandano quali
siano le opere delle giustizia, aggiunge: «Molti dicono:
chi ci mostra il bene?» e, rispondendo a questo quesito,
dice: «È impressa su di noi la luce del tuo volto,
Signore», come se la luce della ragione naturale, grazie
alla quale discerniamo che cosa sia bene e cosa male e che
appartiene alla legge naturale, non fosse nient’altro che
un’impronta della luce divina in noi. Quindi emerge che la
legge naturale non è nient’altro che la partecipazione
della legge eterna nella creatura razionale.
Risposta al primo argomento:
quel ragionamento sarebbe giusto se la legge naturale
fosse qualcosa di diverso dalla legge eterna. Essa invece,
come è stato detto, non è che una sua partecipazione.
Risposta al secondo
argomento:
ogni opera della ragione e della volontà deriva in noi da
ciò che è secondo natura, come sopra è stato stabilito (q.
10, a. 1).: infatti ogni ragionamento deriva da principi
noti per natura e ogni desiderio delle cose che sono in
vista del fine deriva dal naturale desiderio del fine
ultimo. E così è anche necessario che il primo
orientamento al fine dei nostri atti avvenga mediante la
legge naturale.
Risposta al terzo argomento:
anche gli animali privi di ragione partecipano, a loro
modo, della ragione eterna, così come la creatura
razionale. Ma, poiché la creatura razionale partecipa di
essa mediante l’intelletto e la ragione, perciò la
partecipazione della legge eterna nella creatura razionale
è detta legge in senso proprio: infatti la legge è
qualcosa che appartiene alla ragione, come è stato detto
sopra (q. 90, a. 1). Ora, la creatura priva di ragione non
partecipa mediante la ragione, quindi la partecipazione
che la riguarda non può essere detta legge se non per
similitudine. |