I precetti morali della
legge antica riguardano gli atti di tutte le virtù?
Circa il secondo punto procediamo così. Sembra che
i precetti morali della legge non riguardino tutte le
virtù. Infatti, l’osservanza dei precetti della legge
antica viene chiamata giustificazione, secondo
l’espressione del Salmo 188 (8): «Custodirò le tue
giustificazioni». Ma la giustificazione è esecuzione della
giustizia. Dunque i precetti morali riguardano solo gli
atti di giustizia.
2. Inoltre, ciò che
cade sotto il precetto ha la natura di cosa dovuta. Ma la
nozione di cosa dovuta non riguarda altre virtù che la
giustizia il cui atto proprio è rendere a ciascuno quanto
a lui è dovuto. Dunque i precetti della legge morale non
riguardano gli atti delle altre virtù, ma solo gli atti
della giustizia.
3. Inoltre, ogni
legge è stabilita per il bene comune, come dice Isidoro (2
Etymol. c. 10; 5, c. 21). Ma tra le virtù la sola
giustizia riguarda il bene comune, come dice il Filosofo
nel quinto libro dell’Etica Nicomachea (c. 1).
Dunque i precetti morali riguardano solo gli atti di
giustizia.
Ma di contro vi è ciò che dice Ambrogio (De
Paradiso, c. 8): «Il peccato è trasgressione della
legge divina e disobbedienza ai comandamenti celesti». Ma
i peccati si oppongono a tutti gli atti di virtù. Dunque
la legge divina ha il compito di ordinare gli atti di
tutte le virtù.
Rispondo dicendo che, essendo i precetti della
legge ordinati al bene comune, come sopra è stato detto
(q. 90, a.2), è necessario che i precetti della legge
siano diversificati in base a diversi tipi di comunità;
quindi, il Filosofo, nella sua Politica (4, c.
1), insegna che è necessario stabilire in una comunità
politica governata da un re certe leggi e certe altre
nella comunità che è governata dal popolo, o da alcuni
potenti. Ora, la struttura della comunità cui è ordinata
la legge umana è diversa da quella cui è ordinata la
legge divina. Infatti la legge umana è ordinata alla
società civile, che è la comunità degli uomini tra loro.
Gli uomini, poi, sono ordinati tra loro attraverso atti
esterni con i quali comunicano insieme. E tale comunicazione
ha la natura di giustizia che ha propriamente il compito
di dirigere la comunità umana. E perciò la legge umana
non presenta atti se non di giustizia; se ordina atti
di altre virtù, ciò non si verifica se non in quanto
questi atti assumono la natura di giustizia, come emerge
dal quinto libro dell’Etica Nicomachea (c. 1). Ma
la comunità cui ordina la legge divina, è la società
degli uomini con Dio, o nella vita presente o in quella
futura. E perciò la legge divina presenta precetti su
tutte quelle cose attraverso le quali gli uomini sono
ben ordinati alla comunicazione con Dio. Ora, l’uomo
si congiunge a Dio con la ragione, ossia con la mente,
nella quale è l’immagine di Dio. E perciò la legge divina
presenta precetti su tutte quelle cose attraverso le
quali la ragione dell’uomo è ben ordinata. E questo
avviene attraverso gli atti di tutte le virtù: le virtù
intellettuali ordinano bene gli atti della ragione in
se stessi; le virtù morali, invece, ordinano bene gli
atti della ragione in rapporto alle passioni interne
ed alle azioni esterne. E perciò è chiaro che la legge
divina in modo opportuno presenta precetti sugli atti
di tutte le virtù. Alcuni atti, tuttavia, senza i quali
non sarebbe possibile osservare l’ordine della virtù
che è l’ordine della ragione, cadono sotto l’obbligo
del precetto; altri, invece, che contribuiscono alla
virtù perfetta, cadono sotto l’ammonimento del consiglio.
Risposta al primo argomento: l’osservanza dei
comandamenti della legge che vertono sugli atti delle
altre virtù ha la natura di giustificazione, in quanto è
giusto che l’uomo obbedisca a Dio; oppure anche in quanto
è giusto che tutte le cose umane siano sottoposte alla
ragione.
Risposta al secondo argomento: la giustizia
propriamente detta considera il debito di un uomo in
rapporto a un altro uomo. Ma in tutte le altre virtù si
considera il debito delle facoltà inferiori degli uomini
rispetto alla ragione. E a proposito della natura di
questo debito il Filosofo fa riferimento, nel quinto libro
dell’Etica Nicomachea (c. 11), ad una certa
giustizia metaforica.
Riguardo al terzo argomento la risposta emerge da
quelle cose che sono state dette a proposito dei diversi
tipi di comunità. |