I precetti del decalogo
sono distinti in modo opportuno?
Circa il quarto punto
procediamo così. Sembra che i precetti del decalogo
siano distinti in modo opportuno (Es. 20; 8;
Deut. 5, 6 e ss.). La virtù di latria è altra dalla
fede. Ma i precetti riguardano gli atti delle virtù.
D’altra parte ciò che viene detto all’inizio del decalogo,
«Non avrai altro Dio all’infuori di me», appartiene alla
fede. Ciò che invece viene aggiunto dopo, «Non ti farai
scultura», appartiene alla latria. Dunque due sono i
precetti e non uno come dice Agostino (Qq. In Exod.,
q.71).
2. Inoltre, nella
legge si distinguono precetti affermativi e precetti
negativi, come «Onora il padre e la madre» e «Non
uccidere». Ma l’espressione «Io sono il Signore Dio tuo» è
affermativa; quello che invece si aggiunge dopo, «Non
avrai altro Dio all’infuori di me», è negativa. Dunque due
sono i precetti e non rientrano sotto uno solo come dice
Agostino (loco cit.).
3. Inoltre,
l’Apostolo nella Lettera ai Romani (7, 7) dice:
«Non avrei conosciuto la concupiscenza se la legge non
avesse detto “non desiderare”». E così sembra che questo
precetto, «Non desiderare», sia unico. Dunque non deve
essere distinto in due.
Ma di contro vi è l’autorità di Agostino che, nella
Glossa (in Exod. c. 20), pone tre precetti
in rapporto a Dio e sette in rapporto al prossimo.
Rispondo dicendo che i precetti del decalogo
sono diversamente distinti da autori diversi. Infatti
Esichio, in riferimento al passo del Levitico (26,
26), «Dieci donne potranno cuocere il pane
in un solo forno», afferma che il precetto della santificazione
del sabato non rientra nel decalogo perché non era da
osservare alla lettera in tutti i tempi. Tuttavia egli
distingue quattro precetti che riguardano Dio. Il primo
è: «Io sono il Signore Dio tuo»; il secondo «Non avrai
dei stranieri al mio cospetto» (e così anche Girolamo
distingue due cose, commentando l’espressione di Osea
«per le tue duplicate iniquità»); il terzo precetto
invece dice: «Non ti farai scultura alcuna»; il quarto:
«Non nominerai il nome di Dio invano». Esichio dice
che, invece, i precetti riguardanti il prossimo sono
sei. Il primo è: «Onora tuo padre e tua madre»; il secondo
«Non uccidere»; il terzo: «Non commettere adulterio»;
il quarto: «Non rubare»; il quinto «Non dire falsa testimonianza»;
il sesto: «Non desiderare».
Ma, per prima cosa, notiamo che, in modo non opportuno,
se il precetto dell’osservazione del sabato in nessun
modo appartenesse al decalogo, in nessun modo si inserirebbe
in esso. In secondo luogo, essendo scritto nel Vangelo
di Matteo (6, 24) «Nessuno può servire a due padroni»,
sembrano rientrare nella stessa idea [eiusdem rationis
esse videtur] e ricadere sotto lo stesso precetto
«Io sono il Signore Dio tuo» e «Non avrai dei stranieri».
E perciò Origene (Homil. 8 in Exod.),
pur distinguendo quattro precetti che ordinano a Dio,
pone questi due come un solo precetto; come secondo
pone: «Non ti farai scultura alcuna»; come terzo: «Non
nominerai il nome di Dio invano»; come quarto: «Ricordati
di santificare il giorno del sabato». Per gli altri
sei concorda con Esichio. Ma poiché fare delle sculture
e delle immagini è proibito solo perché non si adorassero
come divinità (infatti Dio stesso ordinò che anche nel
tabernacolo si costruissero dei serafini, come si afferma
nell’Esodo, 25, 18 e ss.); in modo più opportuno
Agostino pone sotto un unico precetto «Non avrai dei
stranieri» e «Non farai scultura alcuna». In maniera
simile anche il desiderio della moglie di un altro riguarda
la concupiscenza della carne, invece il desiderio delle
cose di un altro, che è desiderio di possesso, appartiene
alla concupiscenza degli occhi; e perciò anche Agostino
pone due precetti: uno proposito del non desiderare
le cose altrui, uno a proposito della moglie di un altro.
E così pone tre precetti che riguardano Dio e sette
che riguardano il prossimo. E questa articolazione è
migliore.
Risposta al primo argomento: la latria non è che
una certa professione di fede; di conseguenza, non si
devono dare dei precetti a proposito della latria e altri
a proposito della fede. Tuttavia era più necessario dare
quelli sulla latria che sulla fede, perché il precetto
relativo alla fede è presupposto al decalogo, come il
precetto dell’amore. Così come, infatti, i primi precetti
universali della legge naturale sono per sé noti a chi
possiede la ragione naturale e non hanno bisogno di
promulgazione; allo stesso modo anche credere in Dio è
qualcosa di primo e per sé noto per chi possiede la fede.
Infatti, come si dice nella Lettera agli Ebrei (11,
6): «chi si avvicina a Dio, deve credere che egli è». E
perciò non c’è bisogno di altra promulgazione che
l’infusione della fede.
Risposta al secondo argomento: i precetti
affermativi si distinguono dai negativi, quando l’uno non
è incluso nell’altro; nel precetto per esempio che
prescrive di onorare i genitori, non è incluso quello che
proibisce di uccidere un uomo e viceversa, e viceversa. Ma
quando l’affermativo è compreso nel negativo o viceversa,
non si danno, su questo, precetti diversi; così come,
oltre al «Non desiderare», non si dà un altro precetto che
dice di conservare la roba d’altri o un altro che dice di
restituirla. Per lo stesso motivo non sono distinti i
precetti circa il credere in Dio e il non credere in altri
dei.
Risposta al terzo argomento: tutte le concupiscenze
convengono in un aspetto comune, e perciò l’Apostolo parla
la singolare del relativo precetto. Poiché, tuttavia, i
moventi specifici del desiderio sono diversi, Agostino
distingue diversi precetti sul non desiderare: infatti i
desideri si distinguono specificamente tra loro secondo la
diversità degli atti e degli oggetti della concupiscenza,
come il Filosofo dice nel decimo libro dell’Etica
Nicomachea (c. 5). |