Si può essere dispensati
dall’osservanza dei precetti del decalogo?
Circa l’ottavo punto procediamo così. Sembra che
dall’osservanza dei precetti del decalogo si possa esser
dispensati. Infatti, i precetti del decalogo rientrano nel
diritto naturale. Ma ciò che è giusto per natura in certi
casi può difettare ed è mutevole, come lo è la natura
umana – dice il Filosofo nel quinto libro dell’Etica
Nicomachea (c. 7). Ora, i difetti della legge in certi
casi particolari costruiscono motivo di dispensa, come
sopra è stato detto (q.96, a.6; q.97 a.4). Dunque,
rispetto ai precetti del decalogo può verificarsi una
dispensa.
2. Inoltre, l’uomo
sta rispetto alla legge umana, come Dio sta alla legge
divina. Ma l’uomo può disperare dall’osservanza dei
precetti di una legge che un uomo ha istituito. Dunque,
poiché i precetti del decalogo sono istituiti da Dio,
sembra che Dio possa da essi dispensare. Ma, i prelati
fanno in terra la veci di Dio; dice infatti l’Apostolo
nella Seconda Lettera agli Corinti (2, 10):
«Infatti io, se ho perdonato qualcosa, l’ho fatto per voi
in persona di Cristo». Dunque, anche i prelati possono
dispensare dall’osservanza dei precetti del decalogo.
3. Inoltre, tra i
precetti del decalogo è contenuta la proibizione
dell’omicidio, Ma sembra che gli uomini possano dispensare
dall’osservanza di questo precetto: ad esempio, quando,
secondo le leggi umane, gli uomini in maniera lecita
uccidono i malfattori e i nemici. Dunque, si può esser
dispensati dall’osservanza dei precetti del decalogo.
4. Inoltre, i precetti del decalogo è contenuto
quello circa la santificazione del sabato. Ma rispetto a
tale precetto è stata data la dispensa: si dice infatti
nel Primo Libro dei Maccabei (2, 41): «In quel
giorno fecero questo proposito: “Chiunque venga ad
assalirci nel girono di sabato, noi lo combatteremo».
Dunque, si può esser dispensati dall’osservanza dei
precetti del decalogo.
Ma di contro vi è ciò che si dice nel Libro di
Isaia (24, 5): alcuni vengono rimproverati perché
«hanno manomesso il diritto, infranto un patto eterno».
Dunque, i precetti del decalogo non possono essere mutati
con una dispensa.
Rispondo dicendo che, come sopra è stato detto
(q.96, a.6; q.97 a.4), riguardo ai precetti si
deve operare una dispensa, quando si presenta un qualche
particolare caso in cui, se si osserva la legge alla
lettera, si va contro l’intenzione del legislatore.
Ora, l’intenzione del legislatore è ordinata innanzitutto
e principalmente al bene comune, secondariamente all’ordine
della giustizia e della virtù, attraverso il quale il
bene comune si conserva e attraverso il quale al bene
comune si perviene. Se dunque si danno dei precetti
che implicano la conservazione del bene comune o dell’ordine
della giustizia e della virtù, tale precetti contengono
l’intenzione del legislatore; e perciò dall’osservanza
di essi non si può essere dispensati. Ad esempio,
se in una società si stabilisse una legge secondo la
quale nessuno ha facoltà di distruggere lo stato, di
consegnare la città ai nemici, di compiere del male
e delle ingiustizie, dall’osservanza di queste leggi
nessuno potrebbe essere dispensato. Ma se al fine dell’osservanza
di codeste norme si stabilissero altri precetti, che
determinassero delle speciali modalità, rispetto a tali
precetti potrebbe esservi dispensa, nella misura in
cui attraverso l’omissione di tali precetti in alcuni
casi, non venissero compromesse le norme primarie che
contengono l’intenzione del legislatore. Ad esempio,
se, per la conservazione dello stato, in una società
si stabilisse che a turno in ogni quartiere gli uomini
stessero di sentinella per vigilare sulla città assediata,
potrebbe esservi una dispensa con qualche altra cosa
di maggiore vantaggio. Ora, i precetti del decalogo contengono
l’intenzione stessa del legislatore, cioè di Dio. Infatti,
i precetti della prima tavola, che ordinano a Dio, contengono
l’ordine stesso al bene comune e finale, che è Dio.
Invece, i precetti della seconda tavola contengono l’ordine
della giustizia da osservarsi tra gli uomini, così da
non far torto a nessuno e da rendere a ciascuno ciò
che gli è dovuto. In tal senso sono da intendersi
i precetti del decalogo. E perciò dall’osservanza di
essi non si può in nessun modo essere dispensati.
Risposta al primo argomento: il Filosofo non parla
del giusto naturale che contiene l’ordine della giustizia;
infatti non potrà mai venir meno il precetto secondo cui
«la giustizia va osservata». Egli parla invece di modi
determinati di osservare la giustizia, che in alcuni casi
si rivelano fallaci.
Risposta al secondo argomento: come l’Apostolo
dice, nella Seconda Lettera ai Timoteo (2, 13),
«Dio rimane fedele e non può rinnegare se stesso». Dio
rinnegherebbe se stesso se togliesse l’ordine della sua
giustizia, poiché egli stesso è giustizia, Perciò Dio non
può dispensare l’uomo dall’essere a lui ordinato o dalla
sottomissione all’ordine della sua giustizia, anche
rispetto ai doveri reciproci degli uomini.
Risposta al terzo argomento: l’uccisione dell’uomo
è proibita dal decalogo in quando ha la natura di cosa
contraria alla giustizia: in tal senso codesto precetto
contiene l’ordine alla giustizia, E la legge umana non
può mai concedere che sia lecito uccidere senza un motivo.
Ma non è senza motivo che i malfattori o i nemici dello
stato sono uccisi. Di conseguenza, questo non va contro
il precetto del decalogo; né tale uccisione è omicidio,
che il precetto del decalogo proibisce, come dice Agostino
nel primo libro del De Libero Arbitrio (c. 4).
– E in maniera simile quando a qualcuno si toglie ciò
che gli apparteneva, se che egli perda questo è cosa
dovuta, non si tratta di furto o rapina, cose che il
precetto del decalogo proibisce.
E perciò quando i figli di Israele per comando di Dio
tolsero le spoglie degli Egiziani (Es. 12, 35
e ss.) non si trattò di furto: perché questo era, in
base al giudizio di Dio, loro dovuto. – In maniera simile
anche Abramo, quando acconsentì ad uccidere il figlio
(Gn. 22), non acconsentì ad un omicidio: si trattava
di una cosa dovuta, in base al comando di Dio, che è
signore della vita e della morte. È Dio infatti che
infligge la pena di morte a tutti gli uomini, giusti
o ingiusti, a causa del peccato originale. E se l’uomo,
autorizzato da Dio, si fa esecutore della sentenza di
Lui, non sarà omicida, come non lo è Dio. – In maniera
simile anche Osea, si accostò ad una sposa o ad una
donna adultera (Os. 1, 2 e ss.) e non si trattò
di adulterio o fornicazione: egli si accostò a quella
che era sua per comando di Dio, che è autore dell’istituzione
del matrimonio. Così, dunque, i precetti stessi del decalogo,
nella misura in cui contengono un criterio di giustizia,
sono immutabili. Ma, rispetto alla determinata applicazione
agli atti particolari - cioè ad esempio se questo sia
o non sia omicidio, furto o adulterio - , questo è soggetto
a mutamento: in alcuni casi, in quelli cioè che sono
da Dio istituiti, come il matrimonio e altri simili,
si richiede la sola autorità di Dio; in altri casi,
cioè in quelle cose che sono affidate alla giurisdizione
degli uomini, basta l’autorità umana. In questi casi
infatti, gli uomini fanno le veci di Dio; ma ciò non
accade in tutti i casi.
Risposta al quarto argomento: quell’elaborazione fu
più un’interpretazione del precetto che una dispensa. Non
si deve, infatti, pensare che violi il sabato qui compie
opere che sono necessarie alla salvezza umana, secondo la
prova che il Signore stesso ne dà, nel Vangelo secondo
Matteo (12, 3 e ss.). |