È opportuno
distinguere altri precetti della legge morale
oltre quelli del decalogo?
Circa l’undicesimo punto procediamo così. Sembra
che in modo non opportuno si distinguano altri precetti
della legge morale oltre quelli del decalogo. Infatti, il
Signore dice nel Vangelo secondo Matteo (22, 40):
«Nei due precetti della carità è racchiusa tutta la legge
e i profeti». Ma questi due precetti sono esplicitati nei
dieci precetti del decalogo. Dunque non è necessario che
siano altri precetti morali.
2. Inoltre, i
precetti morali si distinguono da quelli giudiziali e
cerimoniali, come è stato detto (q. 99, aa. 3 e ss.). Ma
le determinazioni universali dei precetti morali
appartengono ai precetti giudiziali e cerimoniali; d’altra
parte i precetti universali sono contenuti nel decalogo, o
anche presupposti da esso, come è stato detto (a. 3).
Dunque in modo non opportuno sono stati dati altri
precetti morali oltre il decalogo.
3. Inoltre, i
precetti morali riguardano gli atti di tutte le virtù,
come è stato detto sopra (a. 2). Così come, dunque, nella
legge sono posti, oltre al decalogo, precetti morali che
riguardano la latria, la liberalità, la misericordia e la
castità, allo stesso modo avrebbero dovuto essere posti
dei precetti che riguardavano le altre virtù, ad esempio
la fortezza, la sobrietà, e altri del genere. Invece
questi mancano. Dunque non in modo opportuno si
distinguono nella legge altri precetti morali, oltre a
quelli del decalogo.
Ma di contro vi è quello che si dice nel Salmo
18 (8): «La legge del Signore è senza macchia,
converte le anime». Ma anche mediante altri precetti
morali che si aggiungono al decalogo, l’uomo si conserva
senza macchia di peccato e si converte a Dio. Dunque, alla
legge spettava anche dare altri precetti morali.
Rispondo dicendo che, come emerge dalle cose
dette (q. 99, aa. 3 e ss.), i precetti giudiziali e
cerimoniali hanno forza solo in base alla loro istituzione,
poiché prima di essere istituiti, non sembrava facesse
differenza una cosa o un'altra. Ma i precetti morali
hanno efficacia in base al dettame stesso della ragione
naturale, anche se non vengono mai sanciti dalla legge.
Ed essi sono di tre gradi. Alcuni sono certissimi e
tanto manifesti da non aver bisogno di essere enunciati:
ad esempio, i comandamenti sull’amore verso Dio e verso
il prossimo, e altri simili, costituiscono quasi il
fine dei precetti, come è stato detto (a. 3; a. 4) e,
quindi, nei loro riguardi nessuno può sbagliarsi nel
giudicare. Altri precetti, invece, sono maggiormente
determinati, ma hanno una ragione che qualsiasi persona,
anche del popolo, subito può facilmente riconoscere.
Essi tuttavia hanno bisogno di essere enunciati, perché
in pochi casi può capitare uno stravolgimento dell’umano
giudizio. Questi sono i precetti del decalogo. Infine
altri precetti hanno, invece, una ragione che non è
manifesta a chiunque, ma solo ai sapienti: questi sono
i precetti morali aggiunti al decalogo, trasmessi da
Dio al popolo attraverso Mosè e Aronne. Ma poiché le
cose che sono evidenti, sono principi della conoscenza
delle cose che non sono manifeste; gli altri precetti
morali aggiunti al decalogo si riconducono a quelli
del decalogo, essendo come delle aggiunte rispetto ad
essi. Infatti nel primo precetto del decalogo si proibisce
il culto di altri dei e a questo si aggiungono poi altri
precetti che proibiscono le cose ordinate al culto degli
idoli, come si afferma nel Deuteronomio (18,
10): «Non si trovi in te chi pretenda di purificare
il figlio suo, o la figlia, facendoli passare per il
fuoco; non ci sia chi faccia sortilegi o incantesimi;
né chi consulti i maghi o gli indovini, o cerchi di
sapere dai morti la verità». – Il secondo precetto proibisce
lo spergiuro. E a questo si aggiunge poi la proibizione
della blasfemia (Lev. 24, 15 e ss.) e la falsa
dottrina (Deut. 13). – Al terzo precetto
si aggiungono, invece, tutti precetti cerimoniali. –
Al quarto precetto, quello sull’onore dovuto ai genitori,
si aggiunge invece il precetto che prescrive di onorare
gli anziani secondo quello che si legge nel Levitico
(19, 32): «Davanti a un capo canuto alzati in piedi
e onora la persona del vecchio» e, in genere, tutti
i precetti che raccomandano sia il rispetto verso i
superiori sia la beneficenza verso gli uguali o gli
inferiori. – Al quinto precetto, quello sulla proibizione
dell’omicidio, si aggiunge la proibizione dell’odio
e di qualsiasi violenza nei confronti del prossimo,
secondo quello che si legge nel Levitico (19,
16): «Non ti mettere contro il sangue del tuo prossimo»;
e, si aggiunge anche la proibizione dell’odio fraterno,
secondo quello che si legge nel Levitico (19,
17): «Non odiare in cuor tuo il tuo fratello». – Al
sesto precetto, che riguarda la proibizione dell’adulterio,
si aggiunge il precetto sulla proibizione della prostituzione,
secondo quello che si legge nel Deuteronomio (23,
17): «Non vi sarà prostituta tra le figlie di Israele,
né fornicatori tra i suoi figli»; e dopo si aggiunge
la proibizione dei vizi contro natura, secondo quello
che si legge nel Levitico (18, 22): «Non usare
di un uomo come se fosse una donna, non ti unire ad
una bestia». – Al settimo precetto, che riguarda la
proibizione del furto, si aggiunge la proibizione dell’usura,
secondo quello che si legge nel Deuteronomio (23,
19): «Non presterai ad interesse a un tuo fratello»;
e la proibizione della frode, secondo quello che si
legge nel Deuteronomio (25, 13): «Non terrai
nel tuo sacchetto pesi diversi»; e, in genere, tutti
i precetti che proibiscono la calunnia e la rapina.
– All’ottavo precetto, che riguarda la proibizione della
falsa testimonianza, si aggiunge la proibizione del
falso giudizio, secondo quello che si legge nell’Esodo
(23, 2): «Nel giudizio non ti lascerai trascinare
dal parere dei più, a danno della verità»; la proibizione
della menzogna, che è aggiunta subito dopo (7): «Fuggirai
la menzogna»; e la proibizione della maldicenza, secondo
quello che si legge nel Levitico (20, 16): «Non
essere mormoratore e denigratore in mezzo al popolo».
– Agli altri due precetti invece non si aggiunge nulla,
perché attraverso essi sono proibiti in generale tutti
i cattivi desideri.
Risposta al primo argomento: i precetti del
decalogo sono ordinati all’amore verso Dio e verso il
prossimo, secondo una ragione evidente di cosa dovuta [manifestam
rationem debiti]; gli altri, invece, secondo una
ragione più nascosta.
Risposta al secondo argomento: i precetti
cerimoniali e giudiziali sono determinazioni dei precetti
del decalogo in forza della loro istituzione, non in forza
dell’istinto di natura, come i precetti morali aggiunti.
Risposta al terzo argomento: i precetti della legge
sono ordinati al bene come, come è stato detto sopra (q.
90, a. 2). E poiché le virtù ordinate ad altro, riguardano
direttamente il bene comune e, in maniera simile, la
castità, in quanto l’atto della generazione è ordinato al
bene comune della specie, allora queste virtù sono
direttamente oggetto sia dei precetti del decalogo, sia di
quelli aggiunti ad essi. Però, sugli atti di fortezza è
dato un precetto, che doveva essere proposto per i
comandanti dai sacerdoti, per esortare alla guerra
affrontata per il bene comune: «Non abbiate paura, non
indietreggiate» (Deut. 20, 3). In maniera simile,
anche la proibizione degli atti di gola è affidata
all’ammonizione paterna, perché in contrasto con il bene
domestico; di conseguenza, mettendo queste parole in bocca
ai genitori, nel Deuteronomio si dice (21, 20):
«Disprezza di dar retta ai nostri moniti, e si dà ai
bagordi, ai piaceri e ai banchetti». |