I precetti cerimoniali sono figurativi?
Circa il secondo punto procediamo così. Sembra che
i precetti cerimoniali non siano figurativi.
è infatti
compito di qualsiasi insegnante esprimersi in modo da
poter essere compreso facilmente, come dice Agostino [De
Doctr. Christ. 4, cc. 8 e 10]. E questo sembra esser
soprattutto necessario nel dare una legge: poiché i
precetti della legge sono diretti al popolo. Quindi la
legge deve essere chiara, come dice Isidoro [2 Etymol.,
c. 10, 5; c. 21]. Se dunque i precetti cerimoniali sono
dati per figurare qualche cosa, sembra che Mosé li abbia
esposti in maniera poco appropriata, non esponendo che
cosa figuravano.
2. Inoltre, le cose che sono compiute per il culto
di Dio devono avere il massimo decoro. Ma fare delle cose
e per rappresentarne altre sembra essere qualcosa che
appartiene al teatro o alla poesia: nei teatri infatti
venivano un tempo rappresentate le cose compiute dagli
personaggi con ciò che si faceva sulla scena. Quindi
sembra che queste cose non sono da farsi per il culto di
Dio. Ma le norme cerimoniali sono ordinate al culto di
Dio, come è stato detto. Quindi i precetti cerimoniali non
devono essere figurativi.
3. Inoltre, Agostino dice [Enchirid. cc. 3 e
4] che «Dio si onora soprattutto con la fede, speranza e
la carità». Ma i precetti che sono dati circa la fede,
speranza e la carità, non sono figurativi. Dunque i
precetti cerimoniali non devono essere figurativi.
4. Inoltre, il Signore ha detto [Gv. 4, 24]: «Dio è
spirito e quelli che lo adorano, devono adorarlo in
spirito e verità». Ma la figura non le la verità stessa:
anzi le due cose si contrappongono. Dunque i precetti
cerimoniali, che riguardano il culto di Dio, non devono
essere figurativi.
Ma di contro vi è quello che dice l’Apostolo (Col.
2, 16): «Nessuno vi giudichi in quanto al cibo o alla
bevanda, o alla partecipazione alle feste ai noviluni o ai
sabati, le quali cose sono l'ombra delle realtà future».
Rispondo dicendo che, come è stato già detto [a.
prec., q. 99, aa. 3 e 4], si dicono cerimoniali quei i
precetti morali ordinati al culto di Dio. Il culto di Dio
è infatti il duplice: interiore ed esteriore. Infatti,
essendo l'uomo composto di anima e di corpo, entrambe
queste parti devono essere dedite al culto di Dio, l'anima
per onorarlo con un culto interiore, e il corpo con un
culto esteriore: di conseguenza si dice nel Salmo 83
(3): «il mio cuore e la mia carne esultano verso il Dio
vivente». E, come il corpo é ordinato a Dio mediante
l'anima, così il culto esteriore é ordinato al culto
interiore. Ora, il culto interiore consiste nel fatto che
l'anima si unisce a Dio attraverso l'intelletto e
l'affetto. E perciò, in base ai diversi modi in cui
l'intelletto e l'affetto degli adoratori di Dio si
congiungono a Dio rettamente, gli atti degli uomini
finalizzati al culto di Dio hanno applicazioni diverse.
Infatti nello stato della beatitudine futura, l'intelletto
umano vedrà la stessa verità divina nella sua essenza.
Perciò il culto esterno non consisterà in alcuna figura,
ma solo nella lode di Dio, che sgorga dall'interiore
cognizione e affezione, secondo quello che dice il profeta
Isaia (51, 3): «Il gaudio e la letizia in essa si
troveranno, l'inno di grazie e la voce di lode».
Invece, nello stato della vita presente, non possiamo
vedere la stessa verità divina nella sua essenza, ma è
necessario che ci giunga un raggio d della divina verità
sotto forma di qualche figura sensibile, come dice Dionigi
(Cael. Hier. cap. 1): in maniera diversa,
secondo i diversi gradi della conoscenza umana. Infatti
nella legge antica la verità divina ne si era manifestata
in se stessa, né era stata ancora aperta la via per
giungere a destra, come dice l’Apostolo nella Lettera
agli ebrei (9, 8). E perciò era necessario che il
culto della legge antica non solo raffigurasse la verità
che in futuro doveva essere manifestata nella patria, ma
raffigurasse anche il Cristo, il quale è la via che
conduce a quella verità della patria. Ma, nello stato
della legge nuova, questa via è già stata rivelata. Di
conseguenza non è necessario prefigurarla come futura, ma
è necessario ricordarla come cosa passata o presente: ma
soltanto è necessario prefigurare la verità futura della
gloria, che ancora non rivelata. Ed è questa la ragione
per cui l'apostolo dice (Eb. 10, 1): «La legge ha
un'ombra dei beni futuri, non dell'immagine stessa delle
cose». L'ombra infatti è meno dell'immagine, come per dire
che l'immagine si riferisce alla legge nuova, l'ombra a
quella antica.
Risposta al primo argomento: le cose divine non si
devono rivelare agli uomini se non in base alla loro
capacità: altrimenti si da loro soltanto un motivo
d'inciampo, poiché disprezzerebbero ciò che non potrebbero
capire. E perciò fu utile che i divini misteri venissero
insegnati al popolo sotto il velo delle figure, in modo da
poterli riconoscere in maniera implicita, dando onore a
Dio attraverso quelle figure.
Risposta al secondo argomento: come le espressioni
poetiche non sono comprese dalla ragione umana per il
difetto di verità che è in esse, così anche la ragione
umana non può capire perfettamente le cose divine a causa
dell'eccedenza della loro vita. E perciò in entrambi i
casi è necessario fare uso della rappresentazione
attraverso figure sensibili.
Risposta al terzo argomento: in quel testo Agostino
parla del culto interiore; ad esso tuttavia si deve
ordinare il culto esteriore, come abbiamo detto.
E similmente si deve rispondere al quarto argomento:
poiché attraverso il Cristo gli uomini furono pienamente
introdotti al culto spirituale di Dio. |